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Venerdì 01 LUGLIO 2016
Lazio. Ecco il decreto per abbattere le liste d'attesa nella specialistica ambulatoriale. Ma la Fimmg attacca: “Basato su logica burocratese e prestazionale”

Per il sindacato dei medici di famiglia il provvedimento è un mero elenco di prestazioni da effettuare, previa biffatura della casella priorità, solo su indicazione, a penna, di condizioni cliniche da riportare sulla ricetta. Si contesta anche "“la mancanza un confronto con chi rappresenta legittimamente coloro chiamati ad applicarlo". IL DECRETO

Abbattere le liste d’attesa per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, poiché oggi “la domanda espressa supera oggi la potenzialità dell’offerta e viene quindi inevitabilmente a crearsi una coda di pazienti che attendono di essere serviti. E’ su queste basi che Zingaretti ha siglato un decreto commissariale ad hoc, fondato su un principio essenziale: la strada più efficiente per gestire le code (liste di attesa) è quella di “servire” i pazienti in base alla urgenza determinata dalla condizione clinica e dai sintomi che presentano: è la cosiddetta prioritarizzazione della domanda.

Il lavoro viene quindi organizzato seguendo alcuni step: individuare delle classi di priorità, immaginate come contenitori in cui sono raggruppate tutte quelle condizioni cliniche per le quali il tempo che il paziente può aspettare senza che ne sia ritardata la diagnosi o pregiudicata la cura (c.d. tempo massimo di attesa accettabile) sia, approssimativamente, lo stesso; utilizzare, da parte dei medici prescrittori, le classi così individuate per indicare il grado di urgenza della prestazione richiesta; strutturare adeguatamente le agende di prenotazione dei soggetti erogatori, riservando il necessario numero di “slot” alle prestazioni richieste con priorità più elevata.

Vengono quindi tracciate 4 classi di priorità individuate con il “Piano Regionale per il Governo delle Liste di Attesa 2013-2015”. Il decreto focalizza, per alcune prestazioni, i sintomi e/o le condizioni cliniche a cui associare le diverse classi di priorità. Ai raggruppamenti così definiti è quindi associato, per quanto detto sopra, lo stesso “tempo massimo di attesa accettabile”. Il documento pertanto, a partire dalla condizione del paziente, suggerisce al medico che deve prescrivere una prestazione specialistica di primo accesso la classe di priorità da indicare nella ricetta.

L’impianto del provvedimento è stato però criticato dalla Fimmg che in primis esprime perplessità “nell’elaborare un documento – sottolinea una nota- che invece di premiare percorsi di presa in carico e gestione Ospedale Territorio, ha elaborato, su una logica burocratica e prestazionale, un elenco di prestazioni da effettuare, previa biffatura della casella priorità, solo su indicazione, a penna, di condizioni cliniche da riportare sulla ricetta (parole chiave).Il sindacato contesta poi “la mancanza un confronto con chi rappresenta legittimamente coloro chiamati ad applicarlo, facendo furbescamente leva sulla buona fede di colleghi ignari di cio’ che stavano facendo e di colleghi, chiamati a dare un parere tecnico su tale innominabile lavoro frutto di una logica antica, quella logica che invece di modellare il sistema sui bisogni degli operatori e dei cittadini, modella i bisogni dei cittadini e degli operatori sul sistema”.

Addirittura, attaccano i medici di famiglia,”alcune cose rasentano la comicità, posso prescrivere entro 10 giorni un ecocolordoppler cardiaco a chi ha una aritmia cardiaca maggiore, ma la devo documentare con Ecg ed Holter, l’Holter me lo fanno, dice il decreto, entro 10 giorni, l’elettrocardiogramma si pensa entro 72 ore con la visita cardiologica, quindi tutto si riduce ad una visita cardiologica urgente, 72 ore, meglio, per sintetizzare, nella pratica quotidiana nella frase vada al pronto soccorso. Ci sarebbe da scrivere un tomo per spiegare la logica perversa dietro questa impostazione, cui, purtroppo hanno partecipato e non è un merito, anzi, addirittura task force regionali, tavoli tecnici di coordinamento, referenti aziendali liste di attesa, medici (alcuni) del SSR, associazioni di medici e società scientifiche. Noi non abbiamo partecipato, troppo scomodi e contrari ad una impostazione che – concludono - è la stessa che ci sta portato lentamente ed inesorabilmente verso una strisciante privatizzazione del sistema sanitario pubblico”.
 

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