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Martedì 05 LUGLIO 2016
Chiropratica. Federazione Mondiale e Università straniere scrivono al Parlamento e a Lorenzin: “Deve restare professione primaria”

A sottoscrivere l'appello anche i rettori di importanti università degli USA, Canada, Regno Unito, Australia, Francia, Danimarca e Sudafrica che parlano di evidente contrasto della legislazione italiana rispetto al contesto internazionale. Williams (Aic): “Vera disfatta per la legislazione italiana. Ddl Lorezin sia modificato. Ci declassa a professione tecnica”.

La Federazione mondiale di chiropratica e i rettori di alcune delle maggiori università estere (USA, Canada, Regno Unito, Australia, Francia, Danimarca e Sudafrica) stanno inviando in questi giorni lettere ai palamentari e al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin chiedendo di riconsiderare la decisione di declassare la chiropratica a professione tecnica che avverrebbe, secondo gli estensori dell'appello, se venisse approvato il ddl Lorenzin sulla riforma degli ordini in discussione alla Camera dopo il sì del Senato.
 
Per i firmatari, la legislazione italiana è in contrasto con il contesto internazionale, dove i chiropratici vengono considerati alla stregua dei medici, una professione primaria. A rendere nota l’iniziativa delle Università estere è l’Associazione Italiana Chiropratici (Aic). Che evidenzia: “In realtà, anche in Italia i chiropratici finora erano considerati una professione primaria, così come previsto dalla Legge 244/07. L’attuazione di questa Legge sarebbe dovuta avvenire entro sei mesi dalla sua emanazione, ma a distanza di otto anni non è mai arrivata”.

I chiropratici, per voce del presidente John Williams, chiedono ora una modifica in extremis del disegno di legge e parlano di “una vera disfatta della legislazione italiana a scapito della libera scelta di cura garantita ai cittadini dalla Costituzione”.

“La chiropratica non utilizza farmaci e conta centinaia di migliaia di pazienti in Italia - spiega Williams -. Tutti gli studi internazionali dimostrano la sua efficacia nella riduzione dei costi dei sistemi sanitari e i benefici sulla qualità della vita dei pazienti. In Italia, invece, a livello normativo è stata oggetto di un emendamento che ha di fatto annullato le intenzioni iniziali del Ministro Lorenzin. Chiediamo – continua Williams - da sempre un percorso universitario non inferiore a cinque anni, così come prescritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità oltre all’attuazione del registro dei chiropratici, unica arma contro l’abusivismo, anche in Italia”.

A rischio ci sono anche degli investimenti nel nostro Paese. “Lo scorso anno – spiega infatti l’Aic - una delle più rappresentative università americane, la Life University, aveva annunciato la nascita del primo corso di laurea a Roma nel 2018. Un investimento di svariati milioni di euro, che avrebbe permesso anche agli aspiranti chiropratici italiani di poter avere in patria un’università riconosciuta a livello internazionale. Ora, però, la stessa università sarebbe pronta a ritirare visto il cambiamento normativo in atto”.

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