quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 28 LUGLIO 2016
Donna, fumatrice, in menopausa. L’identikit del soggetto a rischio emorragia cerebrale

I fumatori, e in particolare le fumatrici, avrebbero un rischio maggiore di incorrere in un’emorragia subaracnoidea. È quanto emerge da uno studio finlandese pubblicato da Stroke.

(Reuters Health) - Il fumo come fattore di rischio sembra essere presente almeno in un terzo di tutti i casi di emorragia subaracnoidea, e le donne sono soggette a queste emorragie con una frequenza quasi due volte maggiore rispetto agli uomini. “La nostra scoperta più sorprendente è che il rischio elevato nelle donne si spiega con la loro vulnerabilità al fumo .– spiega Joni Valdemar Lindbohm, dell’Università di Helsinki in Finlandia – Il fumo, infatti, può abbassare i livelli di estrogeni e causare una menopausa precoce che a sua volta, in un circolo vizioso, riduce ancora di più questi ormoni; tale abbassamento può essere responsabile di una debolezza dei vasi e può portarli alla rottura. Infatti, l’emorragia subaracnoidea diventa molto più frequente nelle donne dopo i 55 anni”.
 
Nello studio si evidenzia come il fumo sia un fattore di rischio importante per l’emorragia cerebrale sia per gli uomini, sia per le donne e che diminuisce dopo aver smesso di fumare.

Lo studio
I ricercatori hanno valutato 65.000 persone che avevano aderito, ogni cinque anni, a questionari sullo stile di vita dal 1972 ed erano stati reclutati in campioni casuali provenienti da diverse aree geografiche finlandesi. I partecipanti sono stati monitorati fino alla fine del 2011. Durante questo periodo si sono verificati 492 casi di emorragia subaracnoidea, 266 dei quali tra le donne. L’effetto fumo cumulativo si associa linearmente con il rischio emorragia in entrambi i sessi. Le donne che fumavano più di 20 sigarette al giorno presentavano un rischio pari a 8,35, a fronte del 2,76 degli uomini che fumavano lo stesso numero di sigarette ogni giorno. Secondo gli autori della ricerca gli effetti del fumo hanno a che fare con l’interazione tra questa abitudine e gli ormoni femminili, anche se – commentano i ricercatori – “non siamo riusciti ancora a comprendere quanto abbiamo osservato”.

Fonte: Stroke 2016

Kathryn Doyle

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)  

© RIPRODUZIONE RISERVATA