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Venerdì 05 AGOSTO 2016
Cuore. Sempre più gestibile la sindrome di Brugada

In virtù de progressi nella diagnosi e della sempre più rapida identificazione dei casi più lievi, oggi la sindrome di Brugada ha raggiunto una maggiore definizione clinica, come evidenziano alcuni ricercatori del Belgio e della Spagna in un articolo pubblicato da JACC: Journal of American College of Cardiology.

(Reuters Healh) - La sindrome di Brugada (BRS) è una aritmia cardiaca congenita ereditaria a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da 3 pattern elettrocardiografici atipici con sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni precordiali destre e blocco di branca destra (ECG tipo 1, 2 e 3) e con un elevato rischio di morte cardiaca improvvisa. In circa il 20% dei casi, è associata a mutazioni del gene SCN5A che codifica per i canali del sodio.
 
Lo studio
Per questa nuova analisi i ricercatori hanno utilizzato i dati del registro del sistema sanitario per confrontare i risultati di 447 primi casi appartenenti a famiglie con sindrome di Burgada, diagnosticati dal 1986 al 2014; di questi 165 erano stati diagnosticati precocemente tra il 1986 e il 2002 e facevano parte della coorte iniziale, che è stata poi inclusa nel documento di consenso sulla sindrome di Burgada del 2002 (primo gruppo), e 282 sono stati diagnosticati più tardi nel periodo 2003-2014 (secondo gruppo).

I ricercatori sono giunti ad alcune osservazioni chiave:
– La morte improvvisa abortita, come prima manifestazione della malattia, si è verificata in un numero significativamente maggiore di pazienti nel primo gruppo, rispetto a quanto è avvenuto nel secondo gruppo (12,1% vs 4,6%; p = 0.005).
– L’aritmia ventricolare indotta durante la stimolazione elettrica programmata (EPS) per la resuscitazione, è stata raggiunta nel 34,4% dei casi del primo gruppo contro solo il 19,2% del secondo gruppo (p <0.001).
– Un modello ECG di tipo 1 al momento della diagnosi è stato osservato in più pazienti del primo gruppo rispetto al secondo (50,3% vs 26,2%, p = 0,0002).
– I pazienti nel gruppo della diagnosi precoce avevano una maggiore probabilità di aritmie ricorrenti durante il follow-up (19% contro il 5% nel gruppo in seguito, p = 0,007).

Le conclusioni
In sostanza, come osservano Ruben Casado-Arroyo e colleghi del Erasmus Hospital di Bruxelles, i pazienti diagnosticati più di recente hanno meno aritmie ventricolari inducibili durante la stimolazione elettrica programmata (EPS) ed una minore probabilità di aritmie ricorrenti durante il follow-up clinico. Nei casi più recenti si nota anche una diminuzione dei casi di morte cardiaca improvvisa abortita (SCD) come prima manifestazione della malattia. Inoltre, i primi casi nel primo gruppo erano significativamente più sintomatici rispetto a quelli del secondo gruppo al momento della presentazione, con una maggiore prevalenza di SCD come primo sintomo di presentazione, o con un modello ECG inducibile di tipo 1 al basale, più spesso inducibile durante la EPS. Queste evidenze, secondo i ricercatori, rilevano che il sospetto clinico e l’uso di un inibitore dei canali del sodio per smascherare la BRS ha permesso di formulare diagnosi più precoci in molti pazienti.

Secondo quanto commentano altri ricercatori il messaggio chiave dello studio è che “la storia naturale dei pazienti arruolati nei primi 16 anni era significativamente più grave di quella osservata nei pazienti arruolati negli ultimi 11 anni. Questa osservazione è abbastanza comune nelle patologie descritte di recente, perché i medici hanno bisogno di tempo per acquisire un’esperienza sufficiente per essere in grado di diagnosticare i casi più lievi. Di conseguenza, dopo un periodo di tempo in cui vengono prevalentemente identificati i casi più gravi, la popolazione dei soggetti affetti comprende progressivamente pazienti con manifestazioni meno gravi, consentendo una stima più equilibrata della prognosi a lungo termine.

Fonte: J Am Coll Cardiol 2016

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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