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Venerdì 02 SETTEMBRE 2016
È finito il tempo di Don Abbondio, il contratto ‘s’ha da fare



Finito il tempo di Don Abbondio, il rinnovo del contratto sanità “s’ha da fare “! E poiché alle spalle ci sono 2 mancati rinnovi e nel frattempo sia la società che la richiesta delle prestazioni sanitarie sono cambiati sarebbe improponibile un rinnovo di facciata, magari fatto a ricalco dei precedenti avendo cura di cambiare solo la data. Di questo tutti ne sono consci, e del resto riproporre un contratto che non contenga elementi di effettivo rinnovamento sia nella sostanza che nelle risorse sarebbe un suicidio sia per la politica che per il sindacato.
 
Da tempo abbiamo formulato e richiesto e soluzioni che prevedano un processo di riorganizzazione del S.S.N. e che spostino l’assetto, finora mediocentrico, a una nuova organizzazione che, sulla base dei bisogni emergenti, preveda la compartecipazione e la condivisione di tutti gli operatori professionisti della salute.
 
E’ infatti ormai innegabile la grande evoluzione formativa ed ordinamentale da tempo in atto in ambito delle professioni sanitarie infermieristiche - ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
 
Il rilancio e la riorganizzazione del sistema sanitario deve scaturire da un rinnovo contrattuale che valorizzi il grande patrimonio di professionalità di questi operatori attraverso scelte strategiche che prevedano il superamento della obsoleta articolazione del personale nei quattro ruoli (sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo) non più al passo dell’evoluzione scientifica, tecnologica, normativa e formativa in cui viviamo.
 
Su tali premesse urge l’istituzione del  profilo “specialistico” e di “esperto” delle professioni sanitarie infermieristiche - ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, che costituirebbe sia elemento d’innovazione che di motivazione  per i professionisti sanitari  che faccia prevalere la missione dell’obiettivo-salute a quella dell’obiettivo-sanità.
 
A corollario di un rinnovo contrattuale che sia poi accettabile e condivisibile occorre un’adeguata quantificazione delle risorse economiche.
 
Se le voci circolanti, secondo le quali la proposta del governo sarebbe di mettere sul piatto 300 milioni fossero vere, diciamo subito che oltre che inaccettabile è ridicola in quanto l’aumento salariale si tramuterebbe a cifra inferiore a 10 euro pro-capite mensili.
 
Servono almeno 7 miliardi che si tramuterebbero in un aumento lordo di 220 euro pro capite al mese che al netto delle tasse fanno 132 euro, cifra che potrebbe risanare la perdita del potere di acquisto persa in questi anni di blocco contrattuale e che farebbe probabilmente riguadagnare la fiducia dei lavoratori verso le istituzioni.
 
Sarah Yacoubi
Componente di Segreteria Nazionale F.S.I.

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