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Mercoledì 14 SETTEMBRE 2016
Il sistema sanitario Inglese è in crisi nera. Ma da noi è peggio



Gentile Direttore,
pochi lo direbbero,ma anche l’NHS inglese, orgoglio nazionale, sta attraversando un periodo difficilissimo. Gli organi di informazione britannici, quali ad esempio il Guardian, stanno lanciando l’allarme, dando voce agli amministratori dei Trusts, ovvero le strutture deputate a erogare le prestazioni sanitarie.
 
Il Sistema Sanitario inglese, secondo il loro portavoce, Chris Hopson, è ormai vicino al punto di rottura per una crisi di liquidità dovuta al cronico sottofinanziamento degli anni passati e senza correttivi entro l’autunno sarà necessario procedere a tagli del personale, introdurre tariffe aggiutive o altre misure draconiane con riduzione degli standard assistenziali.
 
Il NHS impiega 1,4 milioni di lavoratori (il 5% della popolazione inglese) e rappresenta per dimensione la più grande azienda europea. Malgrado questo esistono croniche carenze di personale che hanno determinato addirittura la chiusura di servizi di emergenza e accettazione pediatrico nello Staffordshire.
 
Gli ultimi indicatori sulla qualità dei servizi erogati dal NHS  evidenziano un peggioramento che difficilmente potrà essere invertito.
 
La crisi sta già determinando conseguenze negative evidenti: vi è un estrema difficoltà a dimettere dagli ospedali pazienti con problemi sociali, il che intasa le strutture ed espone gli operatori a maggiori carichi di lavoro ed i pazienti a maggiori rischi di eventi avversi.
 
Cominciano a fioccare le cifre necessarie: per alcuni almeno 10 miliardi di sterline. Per altri molti di più. Pena una situazione non più gestibile. Ma la risposta di un portavoce del Governo non fa ben sperare: “We know the NHS is under pressure because of our ageing population, but we rightly expect the service to continue to ensure that patients get treated quickly”. Il che equivale ad un: “Arrangiatevi”.
 
A tutto ciò si aggiungono le tensioni dovute alle proteste dei “junior doctors” inglesi che hanno scioperato a più riprese rischiando di mettere in ginocchio l’assistenza ospedaliera. La materia del contendere è un nuovo contratto di lavoro che è stato bocciato il 58% di no. L’ultimo sciopero annunciato (5 giorni consecutivi dal 12 al 16 di settembre) è stato precipitosamente annullato dalla BMA (British Medical Association) per le pressanti richieste da parte dei politici e degli amministratori dei Trust oltre che dalle proteste feroci dei restanti medici  dato il brevissimo preavviso (12 giorni).
 
Nella questione è entrato l’equivalente dell’Ordine dei medici inglese (GMC, General Medical Council), che per bocca del suo Presidente, Terrence Stephenson, ha dichiarato al canale radio BBC4 che in caso di conseguenze negative per la salute dei pazienti, i singoli medici avrebbero potuto incorrere in azioni disciplinari severe.
 
In Italia uno sciopero dei giovani medici (specializzandi) avrebbe effetti piuttosto limitati, sia per la numerosità degli stessi che della tipologia di attività che essi prestano, ma in Inghilterra esso può avere effetti devastanti. Il contributo dei “junior doctors” al NHS è elevatissimo sia in termini di lavoratori che di volume di attività. Infatti lasciare i servizi di emergenza e accettazione (solo come esempio) per 5 giorni consecutivi senza un terzo della forza lavoro, potrebbe essere insopportabile in qualsiasi paese.
 
Durante i due giorni dello sciopero di Aprile sono stati cancellati 125.000 interventi chirurgici e prestazioni ambulatoriali in quanto l’adesione massiccia (78%) equivalente a circa 14.000 assenze dal lavoro.
 
Ma la situazione non è per nulla risolta. La BMA ha previsto altri scioperi: dal 5 to 7 e dal 10 all’11 ottobre. Poi altri 5 giorni consecutivi dal 14 al 18 novembre e un altro filotto dal 5 al 9 dicembre. Gli scioperi verrebbero effettuati dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio.
 
L’insofferenza dei sindacati medici inglesi verso l’Health Secretary (il Ministro della Sanità inglese) Jeremy Hunt è acutissima. Le vignette satiriche dedicate ai tormenti del NHS inglese lo dimostrano.
 
A calcare la mano, proprio nel numero di questa settimana dell’Economist, un editoriale dal titolo “Bitter pills. The NHS is in terrible shape” ed un lungo articolo che elenca le difficoltà e le possibili soluzioni.
 
Il sistema sanitario inglese soffre di 3 grandi problemi: sottofinanziamento, inefficienza organizzativa ed erogazione di prestazioni inappropriate.
 
Vi è una carenza cronica di personale e un calo continuo della spesa in rapporto al PIL che porterà il rapporto dal 7,3% attuale al 6.6% nel 2021. Con la crescita stimata della spesa dovuta all’invecchiamento della popolazione, alle nuove tecnologie e alle altre uscite, l’Economist stima un passivo di 20 miliardi di sterline (23,5 miliardi di euro) entro il 2021.
 
Vi sono troppi centri di acquisto, differenze nei costi di acquisizione delle protesi a seconda della area geografica, richieste inappropriate, scarsa propensione alla innovazione e un approccio troppo burocratico ai problemi.
 
Una situazione che, almeno per questi aspetti e per la parte riguardante il sottofinanziamento, non è dissimile da quella italiana. Con la differenza che da noi certe statistiche sulla efficienza del SSN ce le sognamo e che proprio grazie a questo il progressivo affondamento del nostro sistema sanitario viene regolarmente parcellizzato in episodici reports giornalistici senza offrire mai una reale visione d’insieme.
 
Intanto il rapporto al PIL la nostra spesa sanitaria precipiterà al 6.5% nel 2016-2019 (Documento Economico Finanziario) con l’aggravante che nessuno dei “think thank” o dei partiti in Parlamento e tantomeno di chi ci Governa si premurerà di aprire un dibattito serio sulla tenuta del SSN.
 
Gabriele Gallone
Esecutivo Nazionale Anaao Assomed

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