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Venerdì 28 OTTOBRE 2016
Psoriasi. Sono 750mila i pazienti senza cure appropriate. Il 29 ottobre l’Open day Adipso

Sono 3 milioni gli italiani con psoriasi; di questi solo 12.000 sono trattati con farmaci biologici, ma dovrebbero essere molti di più. A lanciare l’allarme è l’Adipsoche nel giorno della Giornata Mondiale della Psoriasi ha organizzato un Open day in 150 dipartimenti di Dermatologia in tutta Italia.

In occasione della Giornata Mondiale della Psoriasi, il 29 ottobre, l’Associazione per la Difesa degli Psoriasici (Adipso), lancia l’allarme: dei 3 milioni di pazienti italiani solo 12.000 sono in terapia con farmaci biologici, ma ne avrebbero bisogno 750.000. Questo soprattutto per colpa della crisi e per problemi regionali; le Regioni, infatti, si vedono costrette a tagliare il budget per le terapie. Il 29 ottobre i Dipartimenti di dermatologia di 150 ospedali in Italia saranno aperti per visite e per un’indagine che porti allo scoperto chi non si cura e perché. In alcune piazze italiane saranno inoltre allestiti gazebo informativi per ricevere indicazioni sulla malattia, sui Centri di riferimento e sulle possibilità di cura.

Quella del paziente psoriasico è una vita da discriminato; negli ambulatori tradizionali spesso non riceve le giuste risposte e, ancor peggio, viene lasciato senza diagnosi, per non parlare poi della totale assenza delle istituzioni. Alla luce di ciò è necessario creare un network di centri di riferimento e riconoscere i bisogni di questi pazienti che si sentono di serie D, ma che potrebbero essere curati efficacemente con le molte armi a disposizione oggi ed essere utili alla società piuttosto che essere un peso.
 
“La malattia è sempre più diffusa, colpisce anche i bambini. Ma i pazienti vengono tuttora discriminati, isolati, derisi e così cresce il loro disagio sociale: i malati di psoriasi si sentono chiusi in una gabbia, ma la chiave per aprirla esiste ed è una terapia corretta e tempestiva – dice Mara Maccarone, presidente di Adipso – Purtroppo è proprio ciò che viene negato ai malati: tanti, affetti da forme lievi o misconosciute di psoriasi, restano disorientati negli ambulatori tradizionali e non ricevono neppure la diagnosi, primo passo fondamentale per evitare l’evoluzione della malattia verso forme più gravi o verso l’artrite psoriasica, invalidante e con un forte impatto sulla qualità di vita. Una volta ottenuta la diagnosi, peraltro, ricevere le cure è un’odissea: i centri ex-Psocare sono in difficoltà perché le Regioni non hanno soldi da destinare alle cure, così molti pazienti si sentono consigliare di interrompere la terapia o di aspettare l’anno successivo e il nuovo budget per iniziarla. Una roulette russa che gioca letteralmente sulla pelle dei malati, sempre più rassegnati e convinti che non ci sia nulla da fare contro la psoriasi”.
 
In realtà le possibilità di cura esistono e sono anche efficaci, se ben utilizzate, come spiega Alberto Cristaudo, presidente dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani (Adoi): “Si va dalle terapie per uso topico per le forme più lievi e localizzate in aree specifiche come ginocchia, gomiti o cuoi capelluto alle terapie sistemiche delle forme più gravi. Il primo passo è usare vecchi farmaci come retinoidi, ciclosporina, metotressato; quando non funzionano, abbiamo molte opportunità di cura con i farmaci biologici specifici e i loro analoghi biosimilari. Abbiamo ormai un’esperienza decennale con questi medicinali e sappiamo che sono validi e sicuri. Purtroppo però durante il percorso di cura, qualsiasi esso sia, ‘perdiamo’ molti malati: le terapie possono essere gestite al meglio solo dai Centri di riferimento, chi non vi accede spesso perde la motivazione alla cura, non segue i trattamenti nel modo giusto e questi quindi diventano inefficaci. Ecco perché servirebbe creare un network davvero efficiente di strutture”.
 
“Nei Centri di riferimento, inoltre, i pazienti possono essere presi in carico e valutati anche per le altre patologie che spesso si accompagnano alla psoriasi, per esempio ipertensione o ipercolesterolemia: è importante valutare i malati nel loro complesso e curarli a 360 gradi – interviene Giampiero Girolomoni, Past President della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) – Purtroppo invece oggi anche a causa della crisi abbiamo registrato una flessione dei malati che si presentano negli ospedali per curarsi e molti non acquistano i farmaci prescritti; se a questo si aggiunge il fatto che l’accesso alle terapie biologiche, rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale per i pazienti gravi, non è adeguatamente garantito ovunque e a tutti coloro che ne avrebbero bisogno si comprende come la cura della psoriasi sia tuttora un percorso a ostacoli”.
 
La psoriasi è stata riconosciuta come malattia non trasmissibile grave dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2014, che ha sottolineato come serva una maggiore sensibilizzazione pubblica sul tema: una presa di coscienza e la presa in carico del Paziente che ancora tarda a essere recepita nel nostro Paese e anche per questo, il 29 ottobre 150 Dipartimenti di Dermatologia saranno aperti per accogliere i pazienti. Inoltre, in alcune piazze italiane saranno allestiti gazebo informativi per avere indicazioni sulla patologia, per conoscere i Centri di riferimento e i trattamenti possibili.

“Attraverso questa iniziativa vogliamo dare la possibilità ai pazienti di far sentire la loro voce e anche capire chi non si cura e perché, per approfondire le problematiche che nascono nel percorso terapeutico – riprende Maccarone – Uno psoriasico grave non curato non va al lavoro, non può prendersi cura della famiglia, è spesso costretto al ricovero e finisce non di rado nel tunnel della depressione: i costi sono elevatissimi, certamente maggiori della prescrizione di farmaci adeguati. I biologici costano 8-12.000 euro l’anno a paziente, ma se facessimo il conto dei costi indiretti connessi alla psoriasi non curata in maniera efficace e continuativa risulterebbe sicuramente conveniente pagare le terapie a tutti coloro che ne hanno bisogno. Per questo proponiamo di riprendere in mano i Registri in modo che ci sia più controllo e, dunque, che si possa da una parte tenere sotto controllo la spesa e dall’altra dare le giuste cure ai pazienti più gravi”.

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