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Mercoledì 06 LUGLIO 2011
Welfare. Il 42% dei giovani non arriverà a mille euro di pensione

Servizi sanitari pagati sempre più di tasca propria, bisogni di assistenza affrontati con equilibrismi familiari, futuro incerto per le pensioni. La “generazione mille euro” avrà ancora meno a fine carriera, ma gli strumenti integrativi non decollano. Necessarie più consapevolezza e incentivi. È questo il quadro emerso dai risultati del primo anno di lavoro del progetto “Welfare Italia” di Censis e Unipol.

Il 42% dei lavoratori dipendenti 25-34enni di oggi andrà in pensione intorno al 2050 con meno di mille euro al mese. Ciò significa che in molti si troveranno ad avere dalla pensione pubblica un reddito addirittura più basso di quello che avevano a inizio carriera. E la previsione riguarda i più ‘fortunati’, cioè i 4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard: poi ci sono un milione di giovani autonomi o con contratti atipici e 2 milioni di giovani che non studiano né lavorano. È quanto emerge dai risultati del primo anno di lavoro del progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol.
Resta aperto anche il problema relativo ai servizi sanitari pagati sempre più di tasca propria. Il ricorso a prestazioni sanitarie totalmente private è oggi molto diffuso in Italia. Nell’ultimo anno solo il 19,4% delle famiglie ne ha potuto fare a meno. Invece, più del 70% ha acquistato medicinali a prezzo pieno in farmacia, più del 40% è ricorso a sedute odontoiatriche, quasi il 35% a visite mediche specialistiche, più del 18% a prestazioni diagnostiche. Tutto ciò è costato in media 958 euro a famiglia. La spesa privata complessiva è salta fino a 1.418 euro in media per le famiglie in cui un componente ha avuto bisogno del dentista.

Ci si trova di fronte ad equilibrismi familiari per affrontare i bisogni assistenziali. Secondo la stima del Censis, le persone con disabilità sono oggi il 6,7% della popolazione totale: circa 4,1 milioni di persone. Ma con il progressivo invecchiamento demografico arriveranno a 4,8 milioni nel 2020 (il 7,9% della popolazione) e saranno 6,7 milioni nel 2040 (il 10,7%). Già oggi nel 30,8% dei nuclei familiari si riscontra un bisogno assistenziale. Per la maggior parte si tratta della necessità di accudire i figli, ma per il 6,9% dipende dalla disabilità o non autosufficienza di un membro della famiglia. Le risposte a questi bisogni provengono soprattutto dall’interno della famiglia stessa. Quando ci sono i bambini, le madri riducono spesso il lavoro fuori casa: nel 40% dei casi quando il figlio è piccolo (con meno di 6 anni), nel 21,9% dei casi quando il figlio è più grande. Ma il 7,1% delle madri con bambini piccoli e il 5% di quelle con figli grandi sono costrette a lasciare del tutto il lavoro. I bisogni più complessi, legati alla disabilità e alla non autosufficienza, vengono anch’essi affrontati soprattutto da mogli e madri (36,9%), nel 6,8% dei casi i figli ritardano per questo motivo l’uscita da casa, ma è frequentissimo il ricorso all’aiuto a pagamento delle badanti (30,1%). Complessivamente, è il 14,9% delle famiglie ad esprimere il bisogno di servizi di assistenza pubblici (dall’asilo nido all’assistenza domiciliare), ma solo il 5,8% ha trovato risposte adeguate nel sistema pubblico.

In questo contesto subentra prepotentemente la questione relativa agli strumenti integrativi che, seppur indicati come “indispensabili” all’interno dello studio, in Italia stentano ancora a decollare. Il dato più alto si registra a proposito della polizza pensionistica integrativa (ce l’ha già il 9,1%): l’intenzione di attivarne una in futuro è espressa solo dal 6,3%, mentre la maggioranza manifesta disinteresse (74,7%) o la non conoscenza di questo strumento (9,9%). L’80% non intende aderire a un fondo pensione di categoria e il 13,7% non sa nemmeno cosa sia. Il 78,4% non vuole stipulare un’assicurazione sanitaria privata e il 14,4% non la conosce. Il 78,5% non intende accendere un’assicurazione per la non autosufficienza e il 19,7% ne ignora l’esistenza.

Quali strategie adottare quindi per il futuro? lo studio Censis-Unipol indica la necessità di una maggiore consapevolezza, più incentivi e maggiore razionalizzazione della spesa privata. “C’è innanzitutto un problema di scarsa consapevolezza sociale diffusa. Oggi la spesa privata per prestazioni sociali delle famiglie è ondivaga e disorganizzata – ha detto Giuseppe De Rita, presidente del Censis -. Occorre utilizzare al meglio le risorse private facendole convergere in un sistema organizzato che razionalizzi il sistema di offerta, induca una riduzione dei costi e dunque ponga le condizioni per un incremento delle prestazioni e un allargamento della platea dei possibili beneficiari”. Da parte del soggetto pubblico, invece, come indicato nell'indagine, sarà necessario lo sviluppo di ulteriori incentivi fiscali mirati, per offrire ai cittadini migliori opportunità di adesione e sollecitare le imprese a mettere a punto prodotti più efficaci. Senza un deciso shift culturale dei cittadini e un impegno più netto da parte delle istituzioni in termini di incentivazione e promozione sarà impossibile risolvere i problemi del welfare.

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