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Lunedì 06 MARZO 2017
Istat. Nel 2016, 12mila nascite in meno. Solo 474mila nuovi nati. Nuovo record negativo. Cresce aspettativa vita: 6 mesi in più

Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila). Età media dei residenti in Italia si attesta sui 44,9 anni. Gli over 65 superano i 13,5 milioni e sono il 22% della popolazione. 17mila gli ultracentenari. Aspettativa di vita: 80,6 anni per gli uomini e 85,1 per le donne. IL RAPPORTO

Al 1° gennaio 2017 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno sull'anno precedente, con un'età media di 44,9 anni, due decimi in più rispetto alla stessa data del 2016. Gli individui di 65 anni e più superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale; quelli di 80 anni e più sono 4,1 milioni, il 6,8% del totale, mentre gli ultranovantenni sono 727 mila, l'1,2% del totale. Gli ultracentenari ammontano a 17 mila.
 
Nuovo minimo storico per le nascite
La natalità conferma la tendenza alla diminuzione: il livello minimo delle nascite del 2015, pari a 486 mila, è superato da quello del 2016 con 474 mila. La riduzione osservata, che a livello nazionale è pari al 2,4%, interessa tutto il territorio, con l’eccezione della Provincia di Bolzano che registra invece un incremento del 3,2%. Il numero medio di figli per donna, in calo per il sesto anno consecutivo, si assesta a 1,34. Inoltre si conferma la propensione delle donne ad avere figli in età matura con un'età media al parto è di 31,7 anni.
 
Rispetto all’anno precedente, i tassi di fecondità si riducono in tutte le classi di età della madre sotto i 30 anni mentre aumentano in quelle superiori. La riduzione più accentuata si riscontra nella classe di età 25-29 anni (-6 per mille), l’incremento più rilevante è, invece, nella classe 35-39 (+2 per mille). Nel complesso, a fronte di un’età media al parto che raggiunge i 31,7 anni, la fecondità cumulata da parte di donne di 32 anni compiuti e più è ormai prossima a raggiungere quella delle donne fino a 31 anni di età (0,67 figli contro 0,68 nel 2016).
 
Livello di fecondità più alto al Nord
Nel 2016, come ormai da diverso tempo, è nelle regioni del Nord che si riscontra la fecondità più elevata del Paese (1,4 figli per donna), davanti a quelle del Centro (1,31) e del Mezzogiorno (1,29). Su base regionale la fecondità varia in misura ancora più considerevole, ciò dipende da numerose ragioni sia di carattere strutturale (diversa composizione della popolazione residente per età e cittadinanza), sia socio-economiche.
 
Con 1,78 figli per donna nel 2016 la Provincia di Bolzano si conferma la regione più prolifica del Paese, seguita piuttosto a distanza dalla Lombardia (1,43). All’opposto, la fecondità è più contenuta nel Mezzogiorno e segnatamente in Molise (1,16), Basilicata (1,14) e Sardegna (1,07).
 
Di fatto, oggi si rileva che il campo di variazione tra le realtà più e meno prolifiche del territorio nazionale (pari a 0,71 figli) è tutt’altro che irrilevante, come potrebbe sembrare. Potendo estendere la fecondità osservata nella Provincia di Bolzano al resto del Paese, oggi l’Italia figurerebbe tra i top-fertility Countries dell’Unione europea, insieme a Francia, Regno Unito e Svezia.
 
Viceversa, con una fecondità pericolosamente prossima al figlio per donna, l’Italia sarebbe all’ultimo posto in Europa e, verosimilmente, nel Mondo.
 
Un nato su cinque ha una madre straniera
Nel 2016 il 19,4% dei bambini è nato da madre straniera, una quota identica a quella riscontrata nel 2015 mentre l’80,6% ha una madre italiana. In assoluto, i nati da cittadine straniere sono 92mila, il 2,2% in meno dell’anno prima. Di questi, 61mila sono quelli avuti con partner straniero, 31mila quelli con partner italiano. I nati da cittadine italiane sono 382mila, con una riduzione del 2,4% sul 2015.
 
In calo la mortalità
Dopo il picco del 2015 con 648 mila casi, i decessi sono 608 mila, un livello elevato, in linea con la tendenza all'aumento dovuta all'invecchiamento della popolazione. Nel 2016 si rilevano 40mila in meno del 2015 (-6%). In rapporto al numero di residenti, sono deceduti 10 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2015.
 
Il numero di decessi in un dato anno è funzione del livello e della struttura per età della popolazione. Dal momento che le persone tendono a vivere più a lungo, ingrossando nel tempo le fila della popolazione in età anziana, è lecito attendersi un andamento crescente dei decessi a meno di oscillazioni di natura congiunturale.
 
Nel 2013-2014, ad esempio, furono riscontrate importanti riduzioni di mortalità rispetto all’anno precedente. Il forte aumento di mortalità registrato nel 2015 è stato in parte giustificato dal “recupero” delle diminuzioni del biennio 2013-2014 (effetto “rimbalzo”). La nuova contrazione di mortalità del 2016 è a sua volta, almeno in parte, dovuta all’aumento avuto nel 2015 (“controrimbalzo”).
 
Come si può osservare dall’andamento dei residui (la distanza tra i dati osservati e la curva di tendenza), questi mettono in luce l’eccesso di mortalità registrato nel 2015 e i rimbalzi che ne spiegano il carattere ‘eccezionale’.
 
Nell’ambito dei vari processi demografici, quello della mortalità è probabilmente quello in grado di conservare migliore memoria del proprio passaggio storico. Ciò può dipendere anche dal fatto che alcuni fattori di natura congiunturale, come quelli collegati al contesto ambientale o climatico, oppure in presenza di variazioni del livello di esercizio della prevenzione, possono far deviare l’andamento della mortalità dalla sua naturale tendenza di fondo.
 
Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).
 
A parità di struttura per età, mortalità più alta nel Mezzogiorno
La riduzione di mortalità del 2016 interessa tutte le regioni, senza eccezioni. Le riduzioni maggiori si osservano in Liguria (-1,1 per mille) e Molise (-1 per mille), quelle minime in Veneto e nella Provincia di Trento (-0,3). Sulla base del tasso generico, le regioni a più forte mortalità sono quelle con una popolazione strutturalmente più vecchia, ossia Liguria (13,2 per mille), Friuli-Venezia Giulia (11,6), Piemonte (11,4) e tutte le regioni dell’Appennino Centrale compreso il Molise (11,4).
 
In realtà, per condurre analisi tra zone diverse del territorio occorre neutralizzare il fattore età, laddove questo risulta distribuito in modo eterogeneo, come nel confronto tra le regioni italiane. L’analisi dei tassi standardizzati di mortalità offre, a tal riguardo, una chiave di lettura diametralmente opposta. Dissolto l’effetto della struttura per età, la mortalità è infatti più alta nel Mezzogiorno (8,7 per mille il valore del tasso standardizzato) e più contenuta nel Centro-Nord (7,9 per mille). La Campania, una delle regioni col più basso rapporto generico decessi su abitanti (8,9 per mille), risulta essere la regione col più alto rischio di morte (9,5 per mille) nel momento in cui è analizzata a parità di condizioni strutturali col resto del Paese.
 
Recuperato mezzo anno di vita in più alla nascita
La vita media per gli uomini raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne 85,1 anni (+0,5 e +0,1).
Grazie al calo dei decessi nel 2016, la speranza di vita alla nascita ha completamente recuperato terreno dai livelli del 2015, marcando persino la distanza da quelli registrati nel 2014, ossia nell’anno precedente l’eccesso di mortalità e toccando il suo nuovo record storico. Per gli uomini l’aspettativa di vita si attesta a 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne a 85,1 anni (+0,5 sul 2015, +0,1 sul 2014).
 
In virtù del comune incremento di sopravvivenza riscontrato per uomini e donne sul 2015, il gap di genere rimane fisso a 4,5 anni. In realtà, nel 2014 esso risultava pari a 4,7 anni e va ricordato che il 2015 fu un anno di maggior penalizzazione per le donne. Il percorso di avvicinamento della sopravvivenza maschile a quella femminile può ritenersi tutt’altro che concluso. Il recupero dei guadagni di sopravvivenza interessa tutte le età. All’età di 65 anni, ad esempio, la speranza di vita arriva a 19,1 per gli uomini (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e a 22,4 anni per le donne (rispettivamente +0,5 e +0,1). Nelle condizioni date per il 2016, ciò significa che un uomo di 65 anni può oltrepassare la soglia degli 84 anni mentre una donna di pari età può arrivare a superare il traguardo delle 87 candeline.
 
Le differenze regionali sull’aspettativa di vita
L’Italia continua a essere un Paese caratterizzato da importanti differenze, anche se in leggero calo nell’ultimo anno, riguardo alla speranza di vita alla nascita. I valori massimi continuano ad aversi nel Nord-est del Paese, dove gli uomini possono contare su 81,1 anni di vita media e le donne su 85,6. Quelli minimi, invece, si ritrovano nel Mezzogiorno, con 79,9 anni gli uomini e 84,4 le donne.
 
Circa tre anni separano le residenti della Provincia di Trento, le più longeve nel 2016 con 86,4 anni di vita media, dalle residenti in Campania, in fondo alla graduatoria con 83,5 anni. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto: 2,4 anni è la differenza che intercorre tra la vita media dei residenti in Provincia di Bolzano (81,3) e i residenti in Campania (78,9).
 

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