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Venerdì 22 LUGLIO 2011
Pioglitazone. L’Ema conferma: “c’è il rischio di cancro alla vescica, ma soltanto per un ristretto numero di pazienti”

I farmaci a base di pioglitazone restano una efficace opzione terapeutica, ma occorre un’attenta selezione dei pazienti. Non vanno impiegati in pazienti con cancro alla vescica o con una storia di cancro alla vescica o in pazienti con ematuria macroscopica non indagata.

Il rischio di un aumento del rischio di insorgenza di cancro alla vescica associato all’assunzione di farmaci contenenti pioglitazone (Actos, Glustin, Competact, Glubrava e Tandemact ) è reale. Ma il farmaco rimane una valida opzione terapeutica per le persone affette da diabete di tipo 2, purché vi sia un’appropriata selezione ed esclusione dei pazienti da trattare. È questo, in estrema sintesi il parere del Comitato per i Medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia Europea dei Medicinali, che ridefinisce le categorie di pazienti per cui il principio attivo mantiene un profilo beneficio/rischio positivo.
Il Chmp consiglia di non utilizzare questi medicinali in pazienti con cancro alla vescica o con una storia di cancro alla vescica o in pazienti con ematuria macroscopica non indagata. Per questa ragione, spiega in una nota l’Ema, “prima di iniziare la terapia con pioglitazone, devono essere valutati i fattori di rischio per cancro della vescica. Alla luce dei rischi legati all'età, negli anziani deve essere valutato attentamente il bilancio dei benefici e dei rischi sia prima di iniziare la terapia che durante la terapia”. Inoltre, aggiunge, “i medici prescrittori devono rivalutare il trattamento dei pazienti in terapia con pioglitazone dopo 3-6 mesi (e successivamente con regolarità) per garantire che solo i pazienti che ne traggono sufficiente beneficio continuino ad assumerlo”.
Il giudizio del Chmp si è basato sull’esame di tutti i dati disponibili sull’insorgenza di cancro della vescica e sul parere del gruppo consultivo scientifico su Diabete/Endocrinologia.
Diversi studi scientifici recentemente avevano evidenziato l’aumento di rischio di cancro alla vescica associato all’assunzione di farmaci a base di pioglitazone. Un rischio, molto lieve in termini assoluti ma piuttosto consistente in termini relativi: una metanalisi di studi clinici controllati randomizzati aveva per esempio mostrato un rischio dello 0,15% nel gruppo in trattamento con pioglitazone contro lo 0,07% nel gruppo di controllo.
Ora arriva la conferma del Chmp: l’aumento di rischio sussiste, tuttavia, le condizioni per evitare l’impiego del farmaco sono presenti soltanto in una ristretta categoria di pazienti. Inoltre, non vi è la necessità di ulteriori analisi sul tipo, evoluzione e gravità dei casi di cancro della vescica insorti nei pazienti trattati con pioglitazone rispetto ai pazienti diabetici non trattati con pioglitazone.
Rimane ancora poco chiaro se l’effetto del farmaco sia precoce o conseguenza di un uso prolungato. Pertanto, il Chmp ha richiesto al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di condurre uno studio epidemiologico paneuropeo incentrato su una più robusta caratterizzazione del rischio, in particolare il periodo di rischio e il rischio con l’aumentare dell’età, al fine di prevedere misure di minimizzazione del rischio basate sull’evidenza. 

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