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02 APRILE 2017
Salute mentale. Se la cura arriva sul web. Più di 3.000 app dedicate

Sono oltre tremila le app di servizi sanitari disponibili su internet che variano da informazioni sulla patologia, a servizi di autodiagnosi, gestione delle terapie e prenotazioni di visite on-line. Molti i vantaggi ma anche i limiti di questa attività, legati soprattutto alla privacy e alla perdita del rapporto empatico nella relazione medico-paziente, a discapito soprattutto dei pazienti più vulnerabili. Se ne è parlato al 25° congresso Epa a Firenze

Si chiama “E-mental health”: nell’era della tecnologia digitale evoluta, anche la cura dei disturbi psichici si fa sempre più ‘virtuale’, e i pazienti possono in alcuni casi essere gestiti ‘in remoto’. Le stime attestano che il 6% di app sono dedicate alla salute mentale.
 
È vastissima la gamma di servizi sanitari con oltre 3 mila offerte ‘scaricabili’ dagli store digitali per accedere ai servizi sanitari, fra i più diversificati: informazioni riguardo specifiche patologie, ricercate via internet e via cellulare nel 31% dei casi (con una percentuale più che raddoppiata rispetto al 2010), gestione dell’aderenza terapeutica, psicoterapia e programmazione di visite di controllo on-line.
 
Un trend in continua ascesa, stimato di un altro 50% entro il 2020. Dati meritevoli di ulteriori approfondimenti – dichiarano gli esperti in occasione del 25° Congresso della European Psychiatric Association (EPA) in corso a Firenze – per la messa a punto di strumenti validi utili al superamento di alcuni limiti della psichiatria tradizionale e a garantire la migliore assistenza sanitaria ed un accesso alle cure sempre più ampio a tutti i pazienti affetti da problemi di salute mentale.
 
“La crescente diffusione dei dispositivi portatili e dell’utilizzo di Internet, anche nel campo medico, oltre che della comunicazione – dichiara Silvana Galderisi, presidente della Società Europea di Psichiatria (EPA) – sta determinando un radicale cambiamento nel modo di fare diagnosi, monitorare e trattare le patologie, affiancate da altri mezzi multimediali quali ad esempio chat e teleconferenze, finalizzati alla gestione remota dei servizi per la salute mentale, inclusi la diagnosi, la valutazione periodica del quadro clinico, nonché il trattamento sia farmacologico che psicoterapico”.
 
“L’e-mental health – ricorda Andrea Fiorillo, Associato di Psichiatria all’Università della Campania e membro del Consiglio Direttivo della Società Europea di Psichiatria – può essere una risorsa molto utile non solo per lo psichiatra, ma anche per il paziente e i suoi familiari. Alcune app oggi molto diffuse, infatti, ricordano al paziente gli appuntamenti con il medico o gli orari in cui assumere la terapia, di fatto alleggerendo i familiari dallo spiacevole compito tradizionale di ‘dover controllare’ il paziente”.
 
L’approccio e l’utilizzo della ‘e-mental medicine’ ha dunque i suoi pro e i suoi contro. “Una gestione virtuale del paziente, cioè attraverso i dispositivi elettronici – aggiunge la prof. Galderisi – permette di raggiungere e trattare un maggior numero di persone, specie coloro che temendo l’etichetta di ‘malato mentale’ e l’emarginazione dal resto della società che purtroppo ancora oggi ne consegue, sono restii a varcare la soglia di un servizio di salute mentale, con il risultato di limitare anche le richieste di aiuto, o coloro che soffrono di fobia sociale per i quali l’idea di incontrare un terapeuta rappresenta un grave disagio. Al coinvolgimento del paziente, si aggiunge anche un ulteriore vantaggio: il migliore rapporto costi/benefici: numerosi studi riportano infatti una riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria, a patto che l’utilizzo delle tecnologie elettroniche e mobili non diventi pretesto e strumento per giustificare eccessivi tagli alla spesa per i servizi tradizionali, senza evidenza di una maggiore qualità dell’assistenza”.
 
Dall’altro lato sono però evidenziabili anche alcuni limiti, tra cui il possibile (mancato) rispetto della privacy, in funzione di dati sensibili condivisi online e la natura ‘distaccata’ del rapporto medico-paziente. “Nel primo caso – precisa Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria e direttore del dipartimento di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano – si avverte la necessità di una legislazione adeguata e specifica che garantisca la privacy del paziente, stante il fatto che la notevole diffusione di internet e degli smartphone non è, oggi, accompagnata da un’adeguata educazione riguardo i rischi correlati ad un uso scorretto di questi strumenti, e dall’altro la perdita di empatia nella relazione medico-paziente, dove l’informalità del rapporto digitale può più facilmente esporre persone vulnerabili alle conseguenze di condotte poco etiche da parte di medici poco professionali”.
 
Aspetti che meritano tuttavia una valutazione più approfondita, in funzione di benefici delle e-terapie per la salute mentale, accreditati da studi scientifici. “Ad oggi – conclude la prof. Galderisi – esistono diverse forme di psicoterapia che sfruttano le tecnologie digitali, tra queste la CBT (psicoterapia cognitivo-comportamentale) attuata attraverso l’uso di applicazioni elettroniche e mobili, per la quale numerose meta-analisi mostrano risultati paragonabili a quelli ottenibili con le CBT tradizionali. Mancano invece dati validi sull’utilizzo di altre tecniche psicoterapiche; tuttavia, la notevole diffusione dei dispositivi mobili e le promettenti applicazioni della ‘mobile health’ nel campo della salute mentale, spingono la discussione scientifica nella direzione di ulteriori approfondimenti per la messa a punto di strumenti validi che possano permettere di superare alcuni limiti della psichiatria tradizionale ed, al tempo stesso, garantire la migliore assistenza sanitaria ed un accesso alle cure sempre più ampio a tutti i pazienti”.
 
Stefano A. Inglese

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