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Lunedì 03 APRILE 2017
Ogm. Per l’avvocato generale della Corte di Giustizia UE divieti italiani sono sbagliati: “Uno Stato può vietarli solo dimostrando l’esistenza di un rischio manifesto e grave per la salute e l’ambiente”

Questo il parere trasmesso alla Corte che ora dovrà decidere in merito ad una causa intentata contro alcuni coltivatori italiani che avevavno coltivato mais MON 810 in violazione del decreto interministeriale emanato nel 2013 dal Governo italiano. Il giudizio della Corte era stato sollecitato dal Tribunale di Udine coinvolto nel caso. IL PARERE.

Misure di emergenza per limitare l’utilizzo di alimenti e mangimi geneticamente modificati possono essere messe in campo dagli Stati membri dell’Ue solo se questi sono in grado di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di un rischio manifesto e grave per la salute e per l’ambiente.
 
Questo il parere dell’avvocato generale della Corte di Giustizia europea Michal Bobek in merito al caso di alcuni coltivatori italiani sotto accusa per aver violato il decreto interminusteriale del 2013 che vieta l'uso di mais MON 810.
 
Da sottolineare che le conclusioni dell'avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell'avvocato generale consiste infatti nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza della Corte sarà pronunciata in una data successiva.
 
Tutto inizia nel 1981 quando la Commissione europea ha autorizzato l’immissione in commercio di mais geneticamente modificato MON 810. Nella sua decisione, la Commissione aveva richiamato il parere del comitato scientifico, secondo cui non vi era motivo di ritenere che il suddetto prodotto avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per la salute umana o per l’ambiente.
 
Ma nel 2013 il Governo italiano ha chiesto alla Commissione di adottare misure di emergenza per vietare la coltivazione di mais MON 810 alla luce di alcuni nuovi studi scientifici realizzati da due istituti di ricerca italiani. Sulla base di un parere scientifico emesso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), la Commissione ha concluso che non vi fossero nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste capaci di invalidare le precedenti conclusioni dell’EFSA sulla sicurezza del mais MON 810. Nonostante ciò, nel 2013 il Governo italiano ha adottato un decreto interministeriale vietante la coltivazione del MON 810 nel territorio italiano.
 
Nel 2014 alcuni coltivatori italiani hanno coltivato mais MON 810 in violazione del suddetto decreto interministeriale, ragion per cui sono stati perseguiti penalmente. Nell’ambito del procedimento penale, il Tribunale di Udine (Italia) ha chiesto alla Corte di giustizia, in particolare, se sia possibile adottare misure di emergenza sulla base del principio di precauzione.
 
Il parere odierno dell'avvocato generale della Corte di Giustizia UE. Nelle odierne conclusioni, l’avvocato generale propone alla Corte di stabilire che gli Stati membri possano adottare misure di emergenza riguardanti alimenti e mangimi geneticamente modificati solo se siano in grado di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione di rischio manifesto e grave per la salute umana, per la salute degli animali e per l’ambiente, come previsto all’articolo 34 del regolamento dell’Unione relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati.
 
Secondo l’avvocato generale, detto articolo 34 costituisce un’espressione concreta del principio di precauzione nello specifico contesto degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati in una situazione di urgenza.
 
Il principio di precauzione sancito dalla legislazione alimentare autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che non sono stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico.
 
Tuttavia, l’avvocato generale Bobek ritiene che tale principio generale non modifichi le condizioni chiaramente fissate dal più specifico articolo 34, per diverse ragioni. In primo luogo, il principio di legalità – che assume rilievo ancora maggiore quando gli Stati membri infliggono sanzioni penali – esige che le autorità pubbliche agiscano esclusivamente entro i limiti di quanto disposto per legge.
 
In secondo luogo, un regolamento deve essere interpretato e applicato in maniera uniforme in tutti gli Stati membri. In terzo luogo, il principio di precauzione e l’articolo 34 operano in contesti diversi, dato che l’articolo 34, a differenza del principio di precauzione, si riferisce specificamente ai prodotti geneticamente modificati che sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.
 
L’avvocato generale aggiunge che non incide su tale conclusione il fatto che nel 2015 una direttiva abbia notevolmente cambiato il contesto normativo applicabile agli organismi geneticamente modificati nell’Unione e che nel 2016 la Commissione, sulla base di tale direttiva, abbia vietato il mais MON 810 in 19 Stati membri, compresa l’Italia. L’avvocato generale rileva che tale direttiva è entrata in vigore dopo il decreto italiano e riguarda ambiti diversi.

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