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Martedì 04 APRILE 2017
Le donne medico e un contratto anche “per loro”



Gentile Direttore,
l’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Venezia consta attualmente di 4.185 iscritti di cui 2.746 (66%)  maschi   e 1.439 (34%) femmine.  Se consideriamo solo gli iscritti del 2016  le percentuali si invertono su 73 iscritti totali  32 (44%) sono maschi e 41 (66%) sono femmine.
 
Più in dettaglio fra gli over 60 anni i sanitari , medici e odontoiatri, sono  1.929,  all’ 80% maschi ed al 20 % femmine ma se consideriamo  la classe under 30 e dai 31 ai 35 anni , in totale 412 iscritti, il 40% sono maschi ed il 60% sono femmine. Il rapporto maschi/femmine è al 50 % nella classe di età dai 36 ai 58 anni su 1.179 iscritti, mentre dai 55 ai 59 anni su 665 sanitari il 68% sono maschi ed il 32% sono femmine.
 
Questa la premessa per una situazione che penso possa essere replicata a livello nazionale ma vederla con i numeri, pur se grezzi,  fa sempre  un certo effetto.
 
La professione del medico si è già colorata di rosa, nel dipartimento chirurgico dove lavoro all’Ospedale di Venezia nell’ultimo anno sono “apparse” 2 chirurghe generali, 2 urologhe, 1 otorinolaringoitra,  resto in attesa della prima ortopedica, arriverà. 
 
Anestesiste, radiologhe, ginecologhe e pediatre  non le conto più, così come in medicina ed in pronto soccorso il sesso “debole”  è ben rappresentato.  Mia moglie, per puro caso,  fa il  medico e lavora in medicina interna, stesso ospedale dove io faccio il chirurgo generale.  In realtà fra medici le coppie non sono un’eccezione, anzi, forse è il tipo di vita così strano, così inclusivo, che ci avvicina anche nella vita privata. 
 
Forse solo un medico capisce e sopporta  pienamente  turni  guardie e reperibilità di un altro medico, ma non è una regola fissa naturalmente ed attiene  di più alla realtà dell’ospedale.
Ci sono peraltro  coppie miste ospedale territorio, territorio-territorio  ed altre varianti, da considerare gli  studi odontoiatrici a  gestione mista. Si può proprio  dire uniti nella vita e  nel lavoro.
Ovviamente  ancora poche le donne con incarico apicale, ma  sono sempre più numerose.
 
E’ passato solo poco tempo dalla nascita della prima donna laureata al mondo: correva l’anno 1646 e  proprio a Venezia  veniva alla luce Elena Lucrezia Cornaro, filosofa, ricevette il titolo in data  25/6/1678. L’evento ebbe una vasta eco internazionale ed è ricordato da una targa commemorativa con relativa iscrizione a Palazzo Cà Loredan nei pressi del Ponte di  Rialto a Venezia.
Se penso che il diritto al voto per le donne in Italia è arrivato solo dopo la II Guerra Mondiale, nel 1946 per l’esattezza. 
 
Negli anni 80 a Padova  una amica specializzanda mi diceva “mio caro una donna deve essere tre volte più brava di un uomo per essere accettata come professionista  in questo vostro mondo di maschi”.  Ovvio che avesse ragione, lei è riuscita in quello che ha voluto come tantissime sue colleghe.  Se nella medicina del territorio e nella libera professione  sarà l’utenza a decretare il successo della professionalità indipendentemente dal sesso, in ospedale l’orario di servizio dovrà tenere conto degli standard previsti per mogli e madri che devono avere il diritto ad una famiglia, con i tempi previsti dai contratti di lavoro e non a  colpi di straordinari.
 
Guardie da 24 ore, reperibilità continue  fanno, o devono, fare parte del passato, anche i cosiddetti pacchetti  prestazionali aggiuntivi, sale operatorie, guardie a gettone,  serate  in radiologia, tutte  queste mostruosità inventate dalle amministrazioni per risparmiare sule assunzioni ed accettate da professionisti con stipendi bloccati da 7 anni?, 8 anni? ormai non lo ricordo più,  non possono essere più tollerate. 
 
Almeno io la penso così e combatterò sempre per cambiare  questo stato di cose, per una semplice  ragione: è ingiusto e penalizzante per un professionista della salute pressato da continue e pesanti responsabilità, che deve pagare assicurazioni non detraibili dal reddito  sperando  di non incappare in contenziosi che lo trasformerebbero in un indesiderabile  con relativo aumento dei premi assicurativi
 
La gente, gli utenti, devono saperlo.
 
E che non ci parlino sempre di risparmi  che, con quanto spende al Governo  per il SSN, siamo tornati indietro subito a 112 miliardi di euro e rotti dagli evocati  113 per il 2017  con la Francia che ne spende 130 e la Germania 145 nello stesso anno.  Per favore un po’ di dignità. Tutto questo pur nelle divisioni fra regioni, i nuovi farmaci, i nuovi LEA,  ma anche i salvataggi delle varie  banche e le tangenti per il Mose proprio a Venezia  in cui i miliardi di euro vanno via come fossero bruscolini e resta, sullo sfondo chi paga  per tutti,  cioè  quelli che pagano le tasse, in primis tutti i lavoratori dipendenti ed i pensionati. Quelli, come sempre,  sono soldi sicuri. 
 
Un ricordo ed un saluto a Federspecializzandi che ha combattuto tra le altre cose con  l’Associazione Specializzandi dell’Università di Modena (ASMO), per il diritto alla maternità delle colleghe in formazione specialistica  ed ha  consentito di ripristinare tramite l’ENPAM  la tutela economica in tutto il territorio nazionale durante la gravidanza. In alternativa, secondo una interpretazione della normativa di turno, le nostre colleghe  se volevano dei figli restavano senza stipendio durante tutto il periodo della gravidanza mesi pre e post compresi,  strano  ma vero. Bravissimi.
 
Un saluto da qui anche alla Corte Costituzionale che nel giugno 2015 ha dichiarato  illegittimo il blocco dei contratti della Pubblica Amministrazione decretato dal Governo sempre a fini di risparmio.   Segnalo solo che fra un po’ saranno passati 2 anni da questa sentenza, e, adesso mi ricordo che il  contratto della dipendenza medica e veterinaria valeva fino alla fine del 2009. Siamo nel 2017.
 
Concordo peraltro con i sindacati dei camici bianchi che sul  decreto approvato  Testo Unico pubblico impiego del 23/2/2017 erano perplessi a dire poco su passaggi come: “a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016”.
Un testo criptico, che comunque non promette niente di buono per i medici.
 
Dr. Giovanni Leoni
Presidente OMCeO Provincia di Venezia

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