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Lunedì 10 APRILE 2017
Rischio mutue. Io e Fassari siamo amici da 40 anni. Questo non vuol dire che siamo sempre d’accordo

Sul rischio mutue la pensiamo molto diversamente. Ma la nostra è una discussione come tante altre su questioni importanti sfruttando un rapporto di amicizia di affetto e di stima  grazie al quale (fatemelo dire) i nostri lettori hanno tuttavia il privilegio di godere di qualcosa che nessun altro giornale può permettersi

Alcune persone di fronte alla netta differenza di opinioni sulle mutue che è emersa su questo giornale tra me e Fassari mi hanno chiesto  cosa fosse accaduto.
 
A tutti costoro ho risposto che Cesare Fassari:
· è mio amico da quasi 40 anni,
· è il direttore del giornale che ospita e rispetta la piena autonomia dei miei editoriali,
· oltre ad essere un bravo giornalista sanitario (probabilmente per esperienza e competenza  il migliore) è un  editore che pubblica delle cose coeerenti con la sua linea editoriale quindi con i suoi legittimi interessi  ma senza essere per questo obbligato a condividerle,
· è un esperto di sanità che ha le sue idee le quali spesso non coincidono con le mie e che a volte sente il bisogno, come nel caso delle mutue (ma non solo), di esprimerle ma solo per partecipare a sua volta ad un dibattito.
 
Quindi  la nostra è una discussione come tante altre su questioni importanti sfruttando un rapporto di amicizia di affetto e di stima  grazie al quale (fatemelo dire) i nostri lettori hanno tuttavia il privilegio di godere di qualcosa che nessun altro giornale può permettersi.
 
Il disagio dell’incredulità
Vorrei, prima di ragionare sulla risposta di Fassari a Giancarlo Pizza (QS 6 aprile 2017) chiarire due concetti:
· incredulità (la resistenza ad accogliere qualcosa come vero),
· scetticismo (la difficoltà a decidere sulla verità o la falsità  di un discorso).
 
A proposito di “trappolone” ho notato una certa confusione tra incredulità e scetticismo nel senso che i dati obiettivi,s oprattutto normativi, da me richiamati sono stati per lo più ignorati o minimizzati o sottovalutati, mentre forte è prevalsa l’incredulità nei confronti della mia analisi, probabilmente basandosi su ciò che si crede  e si conosce.
 
Ma essere increduli non vuol dire che non esistono dei dati oggettivi (ad esempio delle norme) ma solo che per una serie di “a priori” si tende a negarli perché si ha difficoltà ad  ammetterli. Ed essere scettici  non vuol dire che non si può decidere perché non è chiaro cosa sia vero o cosa sia falso ( perché i dati esibiti sono indubbiamente veri) ma   ammettere solo ciò che rientra nelle proprie convinzioni o nei propri punti di vista e quindi negare l’evidenza.
 
Quando Fassari scrive:
· “non credo affatto a questa volontà di controriforma sanitaria” ci dice solo che lui è incredulo ma non che i dati da me asseriti siano falsi, o infondati o di fantasia,
· “non penso siano valide le analisi sul welfare aziendale quale sorta di cavallo di Troia per smontare il nostro sistema sociale…” ci dice che il suo scetticismo si basa su delle conoscenze che lui ha delle mutue integrative  in ragione delle quali per lui non è possibile che queste funzionino da cavallo di Troia. Anche se i dati che ho prodotto ci autorizzano a pensarla diversamente,
 
· “resto convinto che non esista una maggioranza politica, né tantomeno di opinione, a favore di una trasformazione mutualistica della sanità” esprime la sua opinione politica ma in nessun caso che quello che io affermo è falso o è improbabile e che il trappolone non sia plausibile.
 
Queste affermazioni si chiamano “atteggiamenti proposizionali” essi esprimono incredulità e scetticismo ma non sono una confutazione e meno che mai un ragionamento fondatamente contrario in grado di dimostrare che il trappolone sia implausibile e improbabile.
 
C’è una vecchia canzone romana che dice:
a tocchi a tocchi la campana sona
Li turchi so arrivati alla marina
 
Il paradosso degli increduli (non è vero che… è impossibile che…non esiste che…) è di non credere ai tocchi della campana perché in base alle loro convinzioni e alle loro conoscenze pur avendo i turchi davanti l’uscio di casa è impossibile che essi esistano.
 
Integrativo o sostitutivo tagliamo la testa al toro
Fassari insiste con le mutue integrative. Ho già detto, a più riprese, che la storia della integrazione è una bufala che definire le mutue come integrative è un eufemismo perché non si ha il coraggio di definirle per quello che sono, perché non si vuole ammettere che, in base ad una precisa politica economica del governo Renzi, il disegno vero, non confessato, è quello di ridimensionare la sanità pubblica per usarne le risorse in altro modo.
 
Accendete il computer, andate su google, scrivete “fondo sanitario integrativo metalmeccanici” cliccate sulla parola “prestazioni” quindi su “nomenclatore” e ancora su “nomenclatore sani-impresa”.
 
In questa guida sono elencate le prestazioni offerte dal fondo che sintetizzate sono:
· ricoveri in istituti di cura per grandi interventi chirurgici
· ricoveri in istituti di cura per interventi chirurgici diversi dal grande intervento chirurgico
· day hospital chirurgico
· parto cesareo
· pancolonscopia e esofagogastroduedonescopia
· ospedalizzazione domiciliare
· prestazioni di alta specializzazione
· visite specialistiche
· tickets
· trattamenti fisioterapici riabilitativi
· prestazioni odontoiatriche
· cure oncologiche
· prestazioni diagnostiche particolari
· prestazioni per non autosufficienti
· prestazioni cardiologiche
· genomica: test genetici
 
Definire questa una “mutua integrativa” è un falso ideologico. Commenti non ne voglio fare mi limito a far notare che:
· questo pacchetto di prestazioni è un pacchetto medio
· tutti i fondi integrativi hanno chi più e chi, meno lo stesso nomenclatore
· le prestazioni veramente integrative sono minoritarie (odontoiatria, non autosufficienza, ticket)
· lo scopo del fondo, come si evince dalle prestazioni,è sostituire l’ospedale, tutte le prestazioni chirurgiche, l’intera specialistica, la diagnostica  fino ad arrivare alla genomica.
 
Quanto alla proposta di Fassari dei fondi regionali ormai è storia vecchia le regioni, in testa l’Emilia Romagna la Liguria e tanti altri sono anni che zitti zitti insieme al sindacato ci stanno lavorando. Ho qui sotto gli occhi un protocollo di intesa per l’assistenza integrativa tra la provincia autonoma di Trento e le parti sociali del 2012.
 
Più recentemente è stato stipulato un accordo interconfederale regionale per il welfare integrativo lombardo dell’artigianato (2015). Per la scuola è già dal 2001 che se ne parla (dall’art.42 del CCNL 00/01). Mi risulta che anche la Toscana stia pensando a qualcosa del genere. Ma ancora oggi troppe sono le incognite troppe sono le ambiguità anche se le Regioni ma anche le aziende non vedono l’ora di integrare i loro bilanci con i soldi delle mutue anche a costo di sacrificare la natura pubblica del sistema.
 
La norma bisogna leggerla tutta
Che le mutue integrative non sono mai state integrative non è una novità, è sempre stato così, perché è la legge che lo ha sempre permesso. Essa fin dall’inizio, pur chiamandole “mutue integrative” non ha mai escluso le “mutue sostitutive”.  Parliamo del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.502 e più precisamente dell’articolo 9 che istituisce i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale
 
E’ vero che la norma parla:
· “di forme di assistenza  sanitaria integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente integrate”
· di “ fondi integrativi finalizzati a potenziare l'erogazione di trattamenti e prestazioni non comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza
 
ma nello stesso tempo, nel definire gli ambiti di applicazione  dei fondi integrativi, commi 4 e 5, stabilisce che tale ambito  è rappresentato da:
· “prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali e uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da professionisti e da strutture accreditati”;
· “prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dell'assistito”.
 
In base a questa norma fare delle mutue sostitutive, cioè in grado di erogare esattamente quanto assicurato nei livelli uniformi di assistenza, non è mai stato vietato ma al contrario è permesso a condizione che gli oneri siano a carico del beneficiario. Nella pratica, cioè dal 1992 ad oggi, l’onere detto anche “contributo” nei rinnovi contrattuali è stato diviso un pò a carico del lavoratore e un po’ a carico dell’impresa. 
 
Oggi la vera novità non è solo quella come dice Fassariche si è deciso di continuare la pratica delle mutue integrative mettendo “sul piatto dei negoziati salariali altre poste non strettamente monetarie, …” ma è quella che il contributo una volta a carico “dell’assistito” oggi con una serie di norme sulla defiscalizzazione è a carico dello Stato.
 
Questo basta a cambiare il gioco: le mutue previste dal comma 5 dell’art 9 diventano deliberatamente sostitutive a carico dello Stato quindi in aperta competizione con la sanità pubblica.
 
Una politica di defiscalizzazione (parziale) dei fondi sanitari integrativi ……ma siamo sicuri?
Abbiamo visto in dettaglio a proposito di welfare aziendale come funziona la defiscalizzazione (QS  3 aprile 2017). In alto sulla copertina della guida al fondo sanitario integrativo per i metal-meccanici si legge “obbligo contrattuale a completo carico dell’azienda” che, come abbiamo visto, interpretando tanto lo spirito del Jobs act che la “mozione Renzi”, significa “obbligo contrattuale a completo carico dello Stato”.
 
Quindi non si tratta come dice Fassari di una semplice “defiscalizzazione parziale”, ma di tutt’altro. Il terzo pagante in realtà si sdoppia diventando quello che finanzia tanto la sanità pubblica che la sanità mutualistica. Incredulità e scetticismo a parte bisognerebbe chiedersi perché? Cioè perché lo Stato spende tanti soldi per incentivare delle mutue sostitutive? Incentivare vuol dire sviluppare, perché lo Stato vuole sviluppare le mutue sostitutive? Queste sono le domande che contano.
 
Ma, welfare aziendale a parte, (legge di stabilità del 2016), le mutue restano quelle previste dall’art 9 della 502. Come stanno le cose?
 
L’articolo 9 nella sua struttura (comma 4/5) non è cambiato anzi con i decreti Turco e Sacconi (2008/2009) gli ambiti delle prestazioni sono stati ampliati, per esempio alla non autosufficienza, ma è cambiato, come dicevo, il regime fiscale.
 
Con il termine “fondi sanitari” si intendono due fattispecie di mutue:
· (1) mutue integrative del ssn (art 9/502)
· (2) enti, casse, e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali (lettera a) comma 2) articolo51 del Tuir)
 
Per queste due fattispecie esistono due forme di regimi fiscali:
· per (1) è  prevista la deducibilità fiscale dal reddito dei contributi versati ai fondi fino a un massimo di 3615,20 euro
· per (2) è prevista la non concorrenza alla formazione del reddito dei contributi  di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore  per un importo non superiore a 3615.20 euro.
 
Tralasciando molti dettagli tecnici, che qui non ha senso richiamare, voglio solo sottolineare che:
· sia nella forma della deducibilità che nella forma della non concorrenza, i costi delle mutue  non sono più a carico dell’assistito ma a carico dello Stato
· che gli importi deducibili o che non concorrono sono tutt’altro che inconsistenti.
 
Perché, pur avendo un servizio sanitario nazionale, lo Stato sta attuando una politica per incentivare in tutti i modi un sistema ad esso alternativo?
 
I turchi sono o no arrivati alla marina?
Agli increduli e agli scettici vorrei dire che, per quello che mi riguarda, non ho fatto altro che applicare alla lettera il principio del “follow money” che ci ha insegnato il grande Falcone (segui il denaro) ma che in ben altro modo ci aveva insegnato Marx e tanti altri economisti (da Ricardo a Federico Caffè) cioè se vuoi capire cosa accade alla sanità cerca di comprendere i suoi rapporti con economia.
 
Come avrete notato nei miei articoli non mi sono limitato a ricostruire gli atti e le scelte della politica (libro bianco Sacconi (2009), nota al def Letta (2013), Jobs act Renzi  (2014) mozione Renzi (2017)) ma  mi sono sforzato di  capire questi atti a partire proprio dall’economia.  
 
Per cui, caro Cesare, mi sbaglierò ma temo che il trappolone sia soprattutto nelle politiche economiche del governo Renzi, che per self-reinforcing, piano piano si mangeranno la sanità pubblica. Se poi colleghiamo tutto, il de-finanziamento della sanità, la riforma del terzo settore, il welfare aziendale, e se facciamo due più due, non è difficile ricostruire una strategia la cui messa in opera ridurrà, nel breve medio periodo, la sanità pubblica a welfare residuale.
 
Sono abituato ad   aggiornare “quello che so” con “quello che vedo”, e siccome vedo che il processo contro-riformatore, come dimostra anche la crescita del numero dei fondi integrativi, è partito, allora credo che i turchi siano arrivati alla marina. A questo punto il campanaro non può fare altro che attaccarsi alle corde delle campane e tirare con tutte le sue forze per avvertire del pericolo.
 
Resto più che mai convinto che per evitare di perdere la sanità pubblica la “quarta riforma” sia l’unica risposta efficace perché non dobbiamo contrastare le mutue di ritorno ma la politica economica che di esse si serve in nome di una fantomatica sostenibilità.
 
Il dubbio
Sono anni che si sta spingendo per far fuori la sanità pubblica. Il mercato non ha mai accettato di stare ai margini dell’universalismo. Nessuno di noi sa quanti soldi delle intermediazioni finanziarie sono andati a centri studi, a università, a associazioni, a singoli studiosi, per sponsorizzare un processo contro-riformatore di portata gigantesca.
 
In questi anni abbiamo visto organizzare “day welfare” “welfare world” abbiamo sentito parlare di “secondo welfare”, di “welfare company”, abbiamo letto uno dopo l’altro rapporti sulla spesa privata, sull’out of pocket, tutto questo in uno sforzo gigantesco teso solo a giustificare, anche in modo mendace, un cambio di sistema perché è indubbio che i cambi di sistema debbono pur essere giustificati.
 
In questo contesto trovo davvero significativo che la regione Veneto notte tempo organizzi (invitandomi) per il 21 aprile a Venezia un convegno nazionale ma questa volta, ecco la vera novità, riabilitando il dubbio cioè interrogandosi se assicurazioni e fondi sanitari siano “opportunità per il sistema o cambio di sistema”?
 
Evidentemente hanno pensato che se la campana suona allora è possibile per i turchi arrivare alla marina.
 
Ivan Cavicchi
 
Cari lettori,
di parole ne abbiamo spese molte. Penso che ormai vi siate fatti una vostra idea. Quindi mi permetto di aggiungere questa postilla solo per confermare l'amicizia, la stima e il gusto alla discussione che accompagna me e Cavicchi da quasi 4 decenni.  Anche quando non la vediamo allo stesso modo!
 
Cesare Fassari

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