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Venerdì 14 APRILE 2017
Cancro della prostata metastatico. Chirurgia o radioterapia prolungano sopravvivenza

L’intervento chirurgico di asportazione della prostata o la radioterapia allungano la sopravvivenza negli uomini con cancro della prostata metastatico. È quanto dimostra uno studio coordinato da Sami-Ramzi Leyh-Bannurah dell’University of Montreal Health Center, in Canada, e del Prostate Cancer Center Hamburg-Eppendorf di Amburgo.

(Reuters Health) – La terapia standard per il cancro della prostata con metastasi prevede la soppressione degli ormoni androgeni, senza agire localmente, ma diversi studi hanno riportato un miglioramento della sopravvivenza con terapie localizzate.
 
Lo studio
Partendo da queste premesse, Leyh-Bannurah e colleghi hanno utilizzato dati del database Surveillance, Epidemiology and End Results (SEER) allo scopo di esaminare la mortalità dovuta al tumore, a seconda dei diversi trattamenti: a livello locale, incluse la prostatecotomia e la radioterapia, e rispetto a nessun intervento di questo tipo. I ricercatori hanno preso in considerazione 13mila uomini con cancro della prostata metastatico diagnosticato tra il 2004 e il 2013. Dall’analisi dei casi, è risultato che il tasso di mortalità cancro-specifico era del 65% più basso dopo asportazione della prostata e del 52% inferiore tra chi si sottoponeva a radioterapia, rispetto a chi non faceva nessun trattamento.
 
I fattori di rischio per valutare la mortalità evidenziati avevano un punteggio di Gleason maggiore o uguale a otto, uno stadio clinico 4 e un sotto-stato M1c o, se gli uomini erano divorziati o vedovi. L’intervento chirurgico o la radioterapia sono risultate efficaci, in particolare, nei pazienti con zero o un solo fattore di rischio, mentre si sono rivelate meno efficaci nei pazienti con due o più fattori.
 
“Questi dati rafforzano l’interesse al trattamento locale negli uomini che soffrono di tumore della prostata metastatico e resistente alla soppressione degli androgeni, soprattutto nei casi meno aggressivi”, commenta Anthony Turpin, del CHRU di Lille, in Francia. “Se sono possibili entrambe le opzioni, l’intervento chirurgico sembrerebbe essere più efficace, anche se lo studio non riporta dati sulla qualità della vita”, ha sottolineato l’esperto, spiegando che in ogni caso sono necessari dati da studi clinici, dal momento che quello riportato è uno studio retrospettivo.
 
Fonte: Reuters Health
 
Will Boggs
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)

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