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Giovedì 27 APRILE 2017
Smog. Le nanoparticelle “navigano” nel corpo e colpiscono soprattutto i cardiopatici

Uno studio britannico traccia per la prima volta il percorso che compiono le nanoparticelle di smog all’interno del corpo e scopre che si accumulano nei siti interessati da patologie cardiovascolari.

(Reuters Health) – Le nanoparticelle inalate – come quelle emesse dai gas di scarico dei veicoli – possono farsi strada attraverso i polmoni e il sangue, aumentando il rischio di attacco cardiaco e ictus. Non solo: sembrano “prediligere” coloro che gia soffrono di disturbi cardiovascolari. Questa evidenza emerge da uno studio britannico che, per la prima volta, è risucito a tracciare il percorso – dai polmoni al sabngue – che compiono queste nanoparticelle quando vengono inalate.”Non c’è dubbio che l’inquinamento atmosferico sia un killer e il nostro studio accende nuovi luci sulle sue conseguenze per la nostra salute cardiovascolare”, dice Jeremy Pearson, professore e dirigente medico associato presso la charity British Heart Foundation, team leader dello studio.

La premessa
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento dell’aria, sia nelle città che nelle aree rurali, solo nel 2012 ha causato 3 milioni di morti premature nel mondo, Fino a oggi i ricercatori non sapevano come le particelle inalate nei polmoni progredissero all’interno dell’organismo, fino ad arrivare a danneggiare il cuore. I risultati del nuovo studio, pubblicati il 26 aprile sulla rivista ACS Nano, si aggiungono alle evidenze precedenti e mostrano che le particelle nell’aria che respiriamo arrivano nel sangue e vengono così trasportate nei vasi sanguigni e nel cuore.

I risultati dello studio
Il team di Miller si è servito di tecniche specialistiche per seguire nanoparticelle d’oro innocue inspirate dai volontari. Ne è emerso che le nanoparticelle possono migrare dai polmoni nel sangue entro 24 ore e tre mesi dopo sono ancora rilevabili. I ricercatori hanno anche analizzato placche rimosse chirurgicamente a persone ad alto rischio di ictus, riscontrando che le nanoparticelle tendevano ad accumularsi in siti interessati dalla patologia vascolare.
 
Fonte: ACS Nano 2017

Kate Kelland

Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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