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Lunedì 15 MAGGIO 2017
Le mutue e la “banalità del male”

Abbiamo visto quanto siano ridicole e insussistenti le ragioni della politica e delle mutue e, volendo, quante possibilità di riforma avremmo a disposizione per risolvere i problemi della sanità pubblica. Ma per fare questo, dice la Arendt, bisognerebbe “pensare” cioè interrogare la propria coscienza. Il male quindi non è la mutua che, come abbiamo visto in questo viaggio sul ritorno delle mutue che si conclude con questo articolo, è quello che è, ma è la vostra incoscienza cioè la vostra incapacità di pensare il bene contro il male. La vostra banalità

Premessa: fine del viaggio
Siamo arrivati al capolinea. Il viaggio sul neo-mutualismo di ritorno per me finisce qui salvo poi riprenderlo se e quando sarà necessario. E’ cominciato, come forse ricorderete, con un editoriale scritto dopo aver letto la “mozione Renzi” presentata per le primarie del Pd (QS 20 marzo 2017). Un viaggio, durante il quale, è cresciuta, da parte mia, una grande preoccupazione per il ruolo che avranno le politiche economiche e gli interessi speculativi sul destino della sanità pubblica. Non sarà abrogata ma ridimensionata, si.
 
Da quell’editoriale è nato sia un dibattito importante che un silenzio altrettanto importante, uno di quelli che non fa mai storia ma che pur è nella storia come i turaccioli di sughero in una tempesta.
 
Ma ancora una ultima questione, rimasta in sospeso, ed è quella di dare per scontato che la mutua sia la mutua cioè che essa sia automaticamente il “bene”. Ma così non è. Quando nel secondo guerra non c’era niente (a parte le condotte mediche e le pubbliche assistenze) le mutue erano un bene ma ora dopo mezzo secolo di universalismo e soprattutto dopo il loro fallimento, le mutue sono un ritorno indietro.
 
Allora, cosa vuol dire per un malato e per un operatore essere curato e lavorare in una mutua? Che medicina si pratica in una mutua? Quali modi professionali la attuano?
I suoi sostenitorisi preoccupano solo di rassicurarci sul numero di prestazioni (“passiamo questo e quello”) ma mai sulla loro qualità, sulla loro modalità, sulla loro rispondenza, sulla loro adeguatezza.
 
Già questo è un primo enorme problema: le mutue, per loro natura, sono solo un sistema di prestazioni quando tutti sappiamo che, per rispondere alla nuova domanda di salute e anche ai problemi della sostenibilità economica, dobbiamo andare oltre, ben oltre. La salute non è riducibile a prestazioni e nessuna prestazione può essere solo una prestazione tuttavia la mutua riduce tutto a prestazioni. Questo nel terzo millennio è male.
 
Problemi di incommensurabilità
Quando si hanno due teorie poco confrontabili, come il mutualismo e l’universalismo, per le quali non vi sono criteri di confronto, secondo certa epistemologia, si ha un problema di “incommensurabilità
 
Sono convinto che:
·         il mutualismo e l’universalismo siano effettivamente due  idee di tutela abbastanza incommensurabili
·         la mutua che  integra l’universalismo nella realtà  sia un argomento  ambiguo.
 
Per me un sistema sanitario o è universale o non lo è, nel senso che l’universalità non può essere considerata come una cosa fuzzy per la qualesono ammessi valori compresi tra zero (“non universale”) e uno (“universale”). L’universalità 0.5, semi-universale, non è universale. L’universalismo selettivo diventa una forma di mutualismo, nulla di più.
 
Per me il mutualismo e l’universalismo sono teorie incommensurabili, come la legge della giungla e la civiltà ellenica, perché la loro idea di tutela è diversa, i loro contesti culturali di riferimento, anche come sono diversi postulati e presupposti. Sono tanto diverse che l’idea di medicina, di cura, di clinica, che ne deriva, è diversa. Una è peggiore e una è migliore.
 
Ma in che senso la cura della mutua è peggiore da quella della sanità pubblica?
 
La spiegazione non è tecnica ma paradigmatica:
·         siccome il significato dei termini come salute, malattia, cura, medico, infermiere, ospedale, visita, farmaco, intervento chirurgico, ecc dipende dal contesto teorico in cui essi vengono adoperati,
·         considerato che i contesti teorici del mutualismo e dell’universalismo sono radicalmente diversi
·         allora nessun termine della teoria mutualista può essere considerato come avente lo stesso significato, rispetto ai termini corrispondenti della teoria universalista.
 
Cura” per la mutua significa una cosa e per il servizio pubblico un’altra cosa. “Cura” ha lo stesso suono ma un significato diverso. E’ quindi solo un termine omofono.
 
Facciamo un esempio facile: la parola “massa” per Newton ha un significato per Einstein ne ha un altro, perché? Perché il termine assume valenze diverse in programmi e visioni scientifiche tra loro alternativi.
 
Questa teoria che, si chiama della meaning variance, ci spiega il problema dell’incommensurabilità tra le mutue e la sanità pubblica.
 
Siccome da giovane, prima di entrare negli ospedali pubblici, ho lavorato nelle “casse mutue”, vi assicuro che è proprio così: l’assistenza mutualistica a parità di prestazioni non sarà mai uguale a quella pubblica, in tutte le accezioni che si vogliono. L’assistenza mutualistica è peggiore di quella pubblica, vale a dire, che l'insieme delle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche, cioè la “qualità” della tutela, è inferiore.
 
Questa affermazione va spiegata:
·         se si ammette che tanto le mutue che la sanità pubblica sono teorie della tutela condizionate dai loro scopi (theory laden)
·         appurato che ogni teoria della tutela non può essere data come neutrale cioè indipendente da tali  scopi.
·         ammettendo che gli scopi delle mutue, cioè gli interessi, e quelli della sanità pubblica, cioè i diritti ,sono enormemente diversi
·         allora posso dire, senza tema di smentita, che esser curati dalle mutue è peggio che essere curati nel pubblico e che  preferire alla sanità pubblica la mutua non conviene.
 
Operari sequitur esse,ergo unde esse inde operari
"L’agire è effetto dell’essere, ogni comportamento è dunque conseguenza di ciò che si è".
 
Questo celebre aforisma è di Schopenhauer ma viene dalla filosofia scolastica:
·         modus operandi sequitur modum essendi
·         qualis modus essendi talis modus operandi
Il nocciolo della questione è racchiuso in due punti:
·         una mutua agisce in conformità alla sua natura di mutua (utilitarismo)  per cui essa non può agire come la sanità pubblica perché la natura della sanità pubblica (egualitarismo) è un’altra
·         il modo con il quale una mutua concepisce la cura qualifica il suo essere cura in modo mutualistico
 
Se la natura della mutua è rappresentata dai suoi scopi (l’utilità quale ’interesse) e quella della sanità pubblica pure (l’equità quale giustizia), per forza la cura nella mutua ha una qualità diversa dalla cura nella sanità pubblica.
 
Quindi per forza:
·         il medico della mutua è diverso da quello del servizio pubblico convenzionato o dipendente
·         il malato della mutua è diverso da quello della sanità pubblica
·         ciò che passa la mutua è diverso da ciò che passa il servizio pubblico
·         per la mutua vale il prescrivibile per  il servizio pubblico ciò che serve.
Morale della favola: gli scopi, alla base di due diverse concezioni di tutela, finiranno per caratterizzare le prassi di cura rendendole incommensurabili.
 
Prestazione
Andiamo sul pratico. La grande differenza di qualità tra le mutue e la sanità pubblica, in concreto, passa per il concetto di “prestazione”.
 
In generale la prestazione è:
·         ciò che si fa per adempiere ad un contratto
·         una prassi predefinita da una obbligazione.
Per cui:
·         la prestazione dipende dalla natura dell’obbligazione
·         la mutua è meno della sanità pubblica perché l’obbligazione contrattuale prevede prestazioni standard al prezzo più basso è non prestazioni adatte al caso senza vincolo di prezzo .
 
Relativamente alla sanità pubblica si ha una obbligazione contrattuale sociale per cui le prestazioni sono definite in due modi:
·         in funzione dell’adempimento di un diritto individuale e interesse della collettività  con lo scopo di garantire una tutela larga nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana (art 1 L.833)
·         come funzioni di salute(prevenzione, cura, riabilitazione  e di medicina legale)da garantire  a tutta la popolazione assicurando ai cittadini  il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.(art 19 L 833)
 
Nel caso delle mutue esiste una obbligazione contrattuale privata per cui le prestazioni sono:
·         definite da un nomenclatore sulla base di un prezzo
·         sono tutte di tipo clinico-chirurgico
·         sono garantite solo ai sottoscrittori di un contratto
·         non sono vincolate a nessuna concezione particolare di “persona”  nel senso che nei nomenclatori sono  catalogati standard organi e malattie
·         sono a “scelta vincolata” nel senso che il beneficiario deve andare dove dice la mutua e farsi curare dal medico della mutua soprattutto come dice la mutua
In sintesi il concetto di prestazione:
·         nella sanità pubblica è esteso per intero a quello di salute e di complessità della persona fino a far coincidere  la prestazione con il diritto
·         nelle mutue è ridotto alla cura a sua volta ridotta alla clinica che a sua volta a un organo che a sua volta è ridotto a malattia che a sua volta è ridotta ad uno standard e ..infine… ad un prezzo.
Ma la vera differenza di qualità tra mutue e sanità pubblica è il carattere economico-sociale della prestazione:
·         nella sanità pubblica la prestazione è un valore d’uso riferito alla salute quale  bene pubblico per cui può essere misurata da un costo ma non da un prezzo
·         nelle mutue essa è un valore di scambio riferito ad un bene privato (la cura della malattia) e individuale che per forza deve essere organizzato in uno standard e misurato da un prezzo, al quale i costi devono sottostare
 
Curare a forfait
Se consultate il nomenclatore delle prestazioni di “meta-salute”, il fondo sanitario integrativo dei metalmeccanici, scoprirete che tutte le prestazioni chirurgiche ruotano intorno a tre prezzi:
·         45000 euro per tutti i tipi di trapianto (cuore, fegato, polmone ecc)
·         22500 euro per tutti gli interventi chirurgici che riguardano reni, anca, vescica, cranio, vasi sanguigni, mutazioni del viso ecc)
·         18000 euro per tutti rimanenti interventi chirurgici che riguardano qualsiasi parte del corpo
 
Questi prezzi sono “valori di scambio” che retribuiscono degli interventi chirurgici sulla base di una obbligazione contrattuale e definiscono quella che potremmo chiamare la cura a forfait cioè un modo di retribuire delle prestazioni con valutazioni complessive, quindi standard quindi entro certi limiti.
 
E’ il prezzo che decide la prestazione non il contrario. E’ il prezzo che fa la differenza:
·         la cura a forfait è possibile proprio perché la natura delle mutue è utilitaristica per cui lo scambio utilità/ interessenon può che coincidere  con quello prestazioni/prezzo
·         la cura personalizzata nel servizio pubblico è possibile perché la natura del servizio pubblico è quella del diritto per cui essa non può che basarsi sullo scambio equità/giustizia” e quindi su quello prestazione/costo.
 
Nel primo caso vale il principio a ciascuno secondo le prestazioni previste dal proprio premio assicurativo nel secondo caso a ciascuno secondo diritto.
 
Quindi la grande differenza di “qualità” tra i due sistemi è tra dedurre quello che bisogna fare o da un prezzo o da un bisogno: nel primo caso la protesi dell’anca sarà decisa dal nomenclatore nel secondo caso dal dovere morale del chirurgo di essere clinicamente adeguato al caso.
Nelle mutue si tratta di “fare cassa” nel servizio pubblico di “fare diritto
 
Fare cassa
Ma come si farà cassa? Semplice, in due modi:
·         sul rischio e sulla probabilità  che le malattie si verifichino quindi con il razionale attuariale classico delle assicurazioni
·         quando le malattie si verificano speculando sulla differenza tra il monte premi incassato e i costi realmente sostenuti per la fornitura di prestazioni.
 
Si farà cassa se:
·         vi saranno meno malattie rispetto al numero di premi incassati
·         a fronte delle malattie che si verificheranno i premi incassati saranno maggiore dei costi.
 
Un luogo comune: tutti enfatizzano, come pregio, il fatto che le mutue possono contrattare i prezzi delle prestazioni, e quindi abbassarli, offrendo in cambio ai fornitori,  quote importanti di mercato, ma tutti trascurano che l’esperienza storica delle mutue ,ci dimostra che quando si abbassano più del ragionevole i prezzi quindi gli standard  la qualità dell’assistenza va a ramengo.
 
In sostanza se per funzione f (x) intendiamo, come fanno i matematici, la relazione tra due valori, tale da creare una interdipendenza, allora le mutue faranno cassa solo se comprimeranno i prezzi perché comprimendo i prezzi avranno un più alto guadagno.
 
Coloro, (Regioni, aziende, servizi, professioni) che pensano che, dalle mutue potranno avere dei “finanziamenti aggiuntivi” attraverso delle vantaggiose convenzioni, si mettano bene in testa una cosa: le mutue perseguono in prima istanza i loro interessi non quelli di chi pensa di arrotondare lo stipendio a fine mese.
 
Certo che vi saranno “finanziamenti aggiuntivi” e certo che comunque alcuni (non tutti)  potranno arrotondare gli stipendi, magari con il secondo e il terzo lavoro, (come era una volta) ma ciò avverrà   comunque a scapito della cura, della professionalità, della medicina e se penso alle attuali condizioni del mercato del lavoro, anche del salario. Oggi un giovane medico è pagato a ore come qualsiasi donna di servizio e l’ora di lavoro nella logica prestazionale delle mutue, è un costo che rispetto a un prezzo comunque basso deve essere a sua volta basso.
 
Ho l’impressione che alcuni sindacati medici si illudono che le mutue risolveranno i loro problemi sindacali. Vi consiglio di non farvi troppe illusioni. Oggi le condizioni del mercato del lavoro sono molto cambiate e il costo del lavoro, in una mutua, vale esattamente quanto può valere rispetto ad una prestazione con un prezzo che per ovvie ragioni deve essere per forza basso. Certo che lavorerete per le casse mutue (magari allargando l’intra moenia) ma a quali condizioni? Sono ben altre le strade da percorrere per intascare, come è giusto che sia, delle buone retribuzioni accrescendo i valori della professione. 
 
Il tempo interno delle mutue
Alcuni pensano che, a cause delle mutue, crollerà di colpo il sistema pubblico. Cioè ad un evento catastrofico.  Ma non sarà così. Man mano che crescerà il numero degli assistiti le mutue invaderanno lo spazio della tutela e si sostituiranno in modo crescente al pubblico. Mi viene in mente l’esempio, che ci faceva Prigogine, per spiegare la nozione di “tempo interno” cioè la goccia di inchiostro nel bicchiere d’acqua che piano piano si espande fino a cambiarne il colore.
 
Le mutue si affermeranno nel “tempo geometrico” di Prigogine, cioè nel tempo necessario ad occupare uno spazio, e a un certo punto, oltre una certa soglia critica, inizieranno a cambiare i connotati fondamentali del sistema pubblico.
 
Si comincerà, come ora, ad usare, con delle convenzioni, il servizio pubblico in modo mutualistico e questo modo cambierà gli uomini e le cose, le professioni, i servizi, gli ospedali, perfino la medicina la sua cultura.
 
Poi se le mutue continueranno ad avere l’appoggio del governo e se il governo non cambierà, esse si faranno fare leggi ad hoc, in ragione delle quali diventeranno “aperte” e non saranno più obbligate a servirsi di strutture accreditate per cui si potranno fare servizi propri, ospedali propri come era una volta. Fino a quando, il nuovo sistema andrà a regime. Nel frattempo il servizio pubblico diventerà come se fosse una riserva indiana, accoglierà quella fascia di popolazione, che resterà ai margini del sistema.
 
Ricordo, che in pieno regime mutualistico, ben 4 milioni di persone non avevano alcuna copertura. Una volta a regime, cioè non appena l’acqua nel bicchiere avrà cambiato di colore, comincerà il declino, cresceranno gli scontenti, le ingiustizie e i costi appariranno insostenibili, si comincerà a distinguere quello che passa la mutua e quello che non passa, fino ad arrivare a suon di ripiani ad un nuovo default. Ma intanto, dopo le cavallette, non ci saranno foglie che resteranno attaccate all’albero e dovremo ricominciare daccapo.
 
La banalità del male
Non saranno le mutue a risolvere i problemi di sostenibilità di Renzi e men che mai a risolvere la “questione medica” quella “infermieristica” e di tutte le altre professioni, mentre per il cittadino le mutue rispetto ai suoi bisogni saranno come un ritorno indietro. Il cittadino con le mutue non esiste. Esiste solo il customer. Per questo mi meraviglia e mi puzza il silenzio di coloro che dicono di rappresentarli. Quando si tace si da l’idea di rappresentare solo i propri opportunismi.
 
Le mutue, prima di essere dal punto di vista della tutela, un pessimo affare sanitario, sono un imbroglio sociale da parte di una politica “senza organi”, cioè senza cuore (l’amore) senza fegato (il coraggio di cambiare) e senza cervello (l’idea giusta). Le mutue rispetto alla cultura del diritto sono un male per la gente.
 
E’ stata Anna Arendt a farci riflettere sulla “banalità del male” (un libro sulle atrocità del nazismo) facendoci capire che, il male, alla fine non è eccezionale come si pensa ma è più normale di quello che si crede. Quindi banale. Credo abbia ragione.
 
Personalmente sono amareggiato dalla superficialità con la quale gli ultimi governi stanno facendo la festa alla sanità pubblica e, dalla sottovalutazione del problema, da parte della stessa sanità, soprattutto da parte delle sue rappresentanze organizzate. Sembra che non ci si renda conto di quanto essa sia unica e preziosa e di quanto grave sia tornare alla legge del più forte. Perché mutue e assicurazioni obbediscono solo alla legge del più forte.  "Se osserviamo la storia dell’umanità” scriveva Darwin“tutti i profeti buoni si sono sempre opposti alla legge del più forte, alle violenze e alle guerre. L’uomo si è elevato dalla natura violenta perché ha saputo creare leggi e culture che difendono i deboli” (C. Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo - Lettere 1831-1836, Milano, 1982)
 
Il male ci spiega la Arendt nasce non perché c’è la “mozione Renzi” ma perché quando questa arriva la gente non pensa, non riflette, beve i luoghi comuni, segue l’onda conformandosi alle circostanze che quasi le impediscono di accorgersi che agisce il male. Chi tace sulle mutue è letteralmenteincosciente esattamente come chi ce le propone.  Chi tace non pensa, chi non pensa fa male. Qualcuno di voi dirà che sto esagerando, spero tuttavia, che per lo meno comprendiate le ragioni per le quali non mi renderò mai complice intellettualmente di questo ritorno delle mutue. Mi si spieghi perché milioni di persone dovrebbero rinunciare ai propri diritti e peggiorare la loro condizione di cittadini.
 
Abbiamo visto quanto siano ridicole e insussistenti le ragioni della politica e delle mutue e, volendo, quante possibilità di riforma avremmo a disposizione per risolvere i problemi della sanità pubblica. Ma per fare questo, dice la Arendt, bisognerebbe “pensare” cioè interrogare la propria coscienza (ammesso di averne una) esattamente come Socrate intendeva il dialogo tra “io” ed “io”. Il male quindi non è la mutua che, come abbiamo visto, è quello che è, ma è la vostra incoscienza cioè la vostra incapacità di pensare il bene contro il male. La vostra banalità.
 
Si, “vostra”, avete letto bene, per quello che mi riguarda la “quarta riforma” e le decine e decine di libri che sono venuti prima, è un pensiero che va decisamente da un’altra parte.
Sulle mutue, concludo semplicemente, dicendo che quello che ho visto, che ho vissuto, che ho capito, mi è bastato a convincermi che il bene sia proprio un’altra cosa.
 
Ivan Cavicchi

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