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Lunedì 15 MAGGIO 2017
Violenza agli operatori sanitari: un cortocircuito culturale da interrompere

E’ miope cercare i problemi della violenza agli operatori sanitari solo all’interno delle strutture. Basti pensare all’indotto della responsabilità professionale sanitaria e alla medicina difensiva per capire che siamo di fronnte a un vero e proprio cortocircuito culturale di un Paese in profonda crisi. Occorre investire in comunicazione, soprattutto, per quanto attiene alle strutture,  tra personale sanitario ed utenti, per ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che si è andato perdendo, talora immotivatamente

Ho letto con molto interesse l’indagine di Nursind sulle aggressioni agli operatori sanitari. Ritengo il fenomeno aberrante e, in quanto tale, meritevole di approfondimenti. I dati nazionali vengono confermati all’interno della struttura che dirigo, dove abbiamo avviato un tavolo di riflessione e proposte sulla violenza agli operatori sanitari, coordinato dal Rischio clinico e dal Servizio di prevenzione e protezione (SPP).
 
L’integrazione delle tematiche proprie del SPP con quelle relative alla gestione del Rischio Clinico”, realizzatasi dal 2014 con l’inclusione del SPP nel Comitato Esecutivo del Sistema di Gestione del Rischio clinico, rappresenta un punto di forza, essendo la tematica dei fenomeni di violenza all’interno delle strutture sanitarie anche un evento sentinella del Rischio Clinico stesso.
 
In particolare, il SPP, in conformità con quanto prescritto dalle  “Raccomandazioni del Ministero della Salute sulla prevenzione e protezione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari” (Raccomandazione n° 8 del novembre 2007), ha redatto un  Documento di Valutazione dei Rischi,  realizzando azioni di monitoraggio, valutazione, analisi e proposta di misure di miglioramento. All’interno delle “Raccomandazioni” del Ministero della Salute, la metodologia di analisi delle situazioni lavorative, in base alla quale il nostro SPP ha avviato un percorso di attualizzazione, è così articolata:

- Revisione degli episodi di violenza segnalati. Analisi delle condizioni operative e dell’organizzazione nei servizi considerati maggiormente a rischio: a questo scopo, il SPP ha focalizzato la stratificazione e l’analisi dei dati sugli infortuni attribuibili, in base alla descrizione contenuta nella segnalazione di infortuni, a episodi di aggressione. Nei report di Analisi degli infortuni, all’interno del capitolo “rischio psicosociale”, sono stati descritti i dati relativi alle aggressioni, con l’indicazione del reparto. Tali dati concorrono ad affinare la Valutazione del Rischio e a determinare una valutazione del fabbisogno formativo del personale coinvolto.

- Conduzione di indagini ad hoc presso il personale: in alcuni casi (ad es. Pronto Soccorso) sono state effettuate interviste con i referenti ed i coordinatori del personale coinvolto in episodi di aggressione e audit condotti con il risk manager.
 
L’analisi degli eventi accaduti ai lavoratori e alle lavoratrici della Fondazione PTV condotta dal SPP, riconducibili a dinamiche di aggressione e violenza, si basa  sulla documentazione proveniente dagli uffici e servizi preposti alla gestione delle risorse umane con la “dichiarazione di infortunio”.
 
Da alcuni anni il SPP ha elaborato un data base per la registrazione e la classificazione degli eventi infortunistici. Lo strumento informatico consente:
· una elaborazione stratificata degli eventi;
· l’emersione di ricorrenze, rispetto a vari elementi (attività; persone coinvolte; reparti; profili lavorativi; etc.);
·la comparazione delle tendenze rispetto a periodi diversi.
 
A ciascuno evento infortunistico avente ad oggetto aggressioni degli operatori corrisponde l’attivazione di  specifiche attività da parte dello staff del SPP, tra le quali:
- registrazione dell’evento nel database,
- analisi e produzione di rendiconti,
- eventuali approfondimenti (con contatti telefonici e di persona con i soggetti coinvolti, con i referenti/coordinatori/dirigenti dell’unità operativa),
- eventuale elaborazione di procedure, di misure, di sperimentazioni per il miglioramento, in collaborazione con il rischio clinico.
 
Di seguito si riportano i dati relativi all’andamento dal 2006 ad oggi degli infortuni a rischio psicosociale (aggressioni verbali e fisiche da parte di utenti, parenti e/o colleghi):
 

 
Personale coinvolto in eventi a rischio psicosociale per professione
 

 
Personale coinvolto in eventi a rischio psicosociale per area di appartenenza
 

 
Denunce di infortunio rischio psicosociale per genere
 

 
Eventi infortunistici a rischio psicosociale in Pronto Soccorso
Complessivamente dal Pronto soccorso sono giunte 129 denunce di infortunio per rischio psicosociale, dal 2006 ad oggi.
 
Personale coinvolto in aggressioni per professione e per genere in PS
 

 
Il 2016 evidenzia una flessione negli episodi, ritengo in concomitanza con  la  scelta della Regione Lazio di dotare i Ps del Lazio di personale qualificato di assistenza nelle  sale di attesa, che coadiuvasse il personale sanitario nelle relazioni con i parenti dei pazienti.
 
Le principali attività aziendali  di contrasto alla violenza sono state:
- Ripristino ed integrazione video sorveglianza interna e perimetrale
- Ripristino pulsanti di chiamata di emergenza diretta alla Sala Controllo Vigilanza. dislocati negli Open Space dei Reparti, al CUP principale, al CUP prelievi, PS Odontoiatria
- Presenza di una Guardia Giurata armata dalle 7:00 alle 22:00 in galleria principale
- Presenza di due Guardie Giurate armate h24/365 gg presso il PS
- Specifico piano formativo rivolto ai lavoratori in tema di sicurezza (il Servizio Prevenzione e Protezioneha erogato 14  eventi specifici riconducibili alla prevenzione del rischio violenza,  per 59 ore d’aula e 311 partecipanti)
- Stiamo valutando interventi edilizi strutturali nell’area emergenza, per mettere maggiormente in sicurezza gli operatori.
 
Ma al di là dei pochi interventi operativi possibili, cosa possiamo fare? Non concordo totalmente con le conclusioni di Nursind, circa l’individuazione della causa di tutti i mali solo nel cosiddetto definanziamento progressivo della sanità. 
 
Di fatto, le risorse destinate alla Sanità hanno avuto un trend di seppure lieve aumento, a fronte di una situazione italiana disastrosa. L’invecchiamento della popolazione ha ridotto i consumi; gli alti livelli di debito, pubblico e privato, limitano gli investimenti e la crescita della produttività. Il prodotto interno lordo pro capite è fermo sui valori di fine anni ’90 e difficilmente potrà consentire notevoli incrementi del Fondo per il SSN, più basso di circa il 30% di quello dei più importanti paesi europei.
 
Piuttosto è ormai prioritaria una riforma verso modalità di presa in carico più appropriate ed incisive. In questo quadro è da considerare che la popolazione italiana ha un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo e ciò non può non essere messo in correlazione con un Servizio Sanitario Nazionale tra i migliori al mondo, realmente universalistico, seppure con squilibri interni tra assetto ospedaliero e territoriale.
 
Non è un caso che la violenza si scateni nelle aree di emergenza, sempre aperte, con personale sanitario presente h 24, che scontano le criticità del territorio. Verrebbe da dire, oltre il danno la beffa. La violenza si scatena proprio su chi è comunque sempre presente, onerato anche da accessi a volte inappropriati.
 
Eppure, di fronte all’ennesima epidemia influenzale, con gli ospedali che traboccheranno di malati, la stampa si scatenerà contro la “malasanità” e le lunghe attese in ps, come se il problema dei ps fosse autogenerato e non frutto di tante concause difficilmente controllabili, quali l’impoverimento del Paese, che riduce drasticamente l’attenzione alle cure da parte degli utenti, preoccupati persino di pagare il ticket e sempre più propensi a recarsi in ps per avere cure gratuite, la carenza di prevenzione,  l’invecchiamento della popolazione, che rende più lunghe e difficili le cure, l’organizzazione del territorio e il sistema di medicina generale, che sta cercando di riformarsi con grande fatica, proprio perché, nel comune sentire, è l’ospedale l’unico punto certo di riferimento.
 
La Regione Lazio sta facendo un grande sforzo di riforma, attraverso l’apertura delle case per la salute sul territorio,  un utilissimo coordinamento tra strutture di emergenza e case di cura accreditate, al fine di decongestionare i ps nei periodi di massimo afflusso, l’apertura di ambulatori nel week end dei medici di medicina generale, la prenotazione delle prestazioni direttamente ad opera dei medici di famiglia, secondo codici di priorità.
 
Per superare questo stallo culturale, questa barriera di divisione tra operatori e utenti, c’è bisogno di tutti: della politica, che sappia lanciare una vera riforma organizzativa del sistema, adeguandolo al nuovo quadro sociale ed epidemiologico; delle organizzazioni sanitarie, che debbono mostrare sensibilità consapevole dei problemi di tutti gli stakeholders del sistema; della stampa, che non colpevolizzi le strutture e gli operatori proprio nei momenti di massima crisi; degli operatori, che sappiano comunicare con gli utenti; degli utenti, che sappiano apprezzare e preservare  il bene prezioso del nostro welfare e i suoi eccellenti operatori. L’ospedale è solo un pezzo della catena e delle cause.
 
E’ miope cercare i problemi della violenza agli operatori sanitari solo all’interno delle strutture. Basti pensare all’indotto della responsabilità professionale sanitaria e alla medicina difensiva per capire che trattasi di un vero e proprio cortocircuito culturale di un Paese in profonda crisi. Occorre investire in comunicazione, soprattutto, per quanto attiene alle strutture,  tra personale sanitario ed utenti, per ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che si è andato perdendo, talora immotivatamente.
 
E’ un momento troppo critico e, qualunque sia la scelta finale circa il finanziamento integrale del sistema, non si potrà prescindere dalla tutela del sistema pubblico di welfare, che solo potrà prendersi carico dei più fragili, destinati purtroppo ad aumentare, vista la congiuntura economica che stiamo attraversando.
 
Tiziana Frittelli
Direttore generale Fondazione  Policlinico Tor Vergata, Roma

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