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Giovedì 18 MAGGIO 2017
Cancro. In alcune Regioni si può attendere anche 3 anni per avere un farmaco innovativo. E i problemi economici sono un aggravante che accorcia la vita a chi si ammala di tumore. La denuncia nel nuovo Rapporto 2017 della Favo

Tra il momento della registrazione in Europa e l'effettiva messa in circolo in Italia dei farmaci innovativi possono passare fino a 1.074 giorni nelle Regioni più "lente" a recepire le nuove autorizzazioni al commercio. Nonostante questo la sopravvivenza da cancro migliora. Ma ora si affaccia un nuovo nemico: la crisi economica. Secondo nuove ricerche chi è più povero, anche se in regime di Ssn con cure gratuite, ha un rischio di mortalità per tumore più alto del 20%. IL IX RAPPORTO FAVO.

I pazienti oncologici italiani attendono in media 806 giorni, cioè 2,2 anni, per accedere a un farmaco anti-cancro innovativo. È il tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana. Un termine che può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione (vedi anche articolo a parte).
 
Non solo. Ai lunghi tempi di attesa talvolta si accompagna la cosiddetta “tossicità finanziaria”, cioè la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure, problema noto da diversi anni negli Stati Uniti e che comincia a interessare anche i malati nel nostro Paese.
 
Questa condizione tocca infatti il 22,5% dei pazienti italiani, che presentano anche un rischio di morte del 20% più alto rispetto alle persone colpite dal cancro ma senza problemi economici.
 
La denuncia è contenuta nel IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della XII Giornata del malato oncologico, organizzata da FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
“La spesa per i farmaci oncologici è passata da poco più di un miliardo di euro nel 2007 a oltre tre miliardi nel 2014 – spiega Francesco De Lorenzo, presidente FAVO -. Nel suo complesso, l’oncologia rappresenta una delle voci più rilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale: per la prima volta, nel 2014, la spesa per i farmaci antineoplastici si è, infatti, collocata al primo posto. I dati rappresentano una realtà che mal si concilia con le attuali politiche sanitarie di vero e proprio ‘definanziamento’ del Sistema Sanitario Nazionale. Pur crescendo in valori assoluti, le risorse messe a disposizione, infatti, risultano progressivamente sempre più insufficienti per dare risposte concrete alla domanda di assistenza. Il desiderio legittimo dei malati di accedere all’innovazione si scontra, dunque, con la finitezza delle risorse”.
 
“In Italia esiste anche un problema di difficoltà economica per chi è colpito dal cancro che si traduce in uno svantaggio nel perseguire un miglioramento della qualità della vita con i farmaci antitumorali – continua Elisabetta Iannelli, Segretario FAVO –. Inoltre, una quota rilevante di pazienti vede peggiorare le propria crisi finanziaria durante la terapia: si tratta di un segnale predittivo di un maggior rischio di mortalità nei mesi e anni successivi”.
 
L’impatto economico e sociale del cancro sta assumendo dimensioni tali che nessuna soluzione, né politica né tecnica, potrà più essere ricercata all’interno dei soli confini nazionali. In Italia, ad esempio, in via generale l’esenzione dal pagamento del ticket per le indagini diagnostiche viene riconosciuta solo dopo una diagnosi di cancro, dove sarebbe opportuno anticipare tale beneficio al momento in cui vi sia solo il sospetto di una neoplasia”. È più che mai necessario, quindi, guardare alle possibilità offerte dall’ordinamento dell’Unione europea che promuove la cooperazione tra gli Stati membri nel settore della tutela della salute.
 
“Il volontariato oncologico – sottolinea De Lorenzo, che è anche presidente della European Cancer Patient Coalition (ECPC) - ha portato avanti le sue battaglie per un migliore accesso ai farmaci e per l’introduzione di nuovi criteri di gestione delle politiche del farmaco sui due livelli istituzionali, italiano ed europeo, ritenendo ormai impossibile confinare la ricerca di soluzioni al solo ambito nazionale.
 
L’orizzonte dell’impegno delle Associazioni dei malati è rappresentato dalla diffusione e dal consolidamento dell’Health Tecnology Assessment, (HTA), uno strumento di valutazione multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi delle diverse implicazioni di una tecnologia sanitaria attraverso la valutazione di più dimensioni quali l’efficacia, la sicurezza, i costi, l’impatto sociale e organizzativo”. Già nel 2016, il volontariato oncologico aveva ottenuto un importante risultato: in occasione dell’approvazione di una serie di emendamenti al Regolamento dell’EMA è stato introdotto il principio della valutazione dei farmaci attraverso l’HTA parallela a quella tradizionale della sola efficacia clinica.
 
“La necessità di adottare l’Health Technology Assessment come strumento ordinario per la valutazione delle tecnologie sanitarie, anche in un’ottica di buon governo della spesa farmaceutica – afferma De Lorenzo - , è stata riconosciuta dall’attuale Commissario alla Salute, Vytenis Andriukaitis, che ha anticipato che entro l’anno la Commissione proporrà un atto normativo che lo regoli a livello europeo. Recentemente, il Parlamento Europeo ha rinnovato il suo impegno per un miglior accesso ai farmaci. Il 14 febbraio 2017, infatti, è stata pubblicata una proposta di Risoluzione indirizzata al Consiglio e alla Commissione sulle opzioni per garantire una migliore accessibilità ai medicinali. Il documento, raccogliendo le istanze del volontariato oncologico, ribadisce l’importanza di una valutazione integrata delle tecnologie sanitarie, sottolineando anche che le organizzazioni dei pazienti dovrebbero essere coinvolte in modo più efficace nella definizione delle strategie pubbliche e private di ricerca basate sulla sperimentazione clinica.”
 
Sul fronte nazionale, il volontariato oncologico valuta positivamente l’adozione da parte dell’AIFA della determina (n. 519/2017) che stabilisce i Criteri per la classificazione dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi. “La deliberazione – conclude De Lorenzo - rende infatti accessibile il fondo straordinario di 500 milioni di euro destinati all’acquisto di farmaci innovativi. Ma il modello di valutazione presentato nella determina prevede un approccio multidimensionale che tiene conto soltanto di tre elementi fondamentali: il bisogno terapeutico, il valore terapeutico aggiunto e la qualità delle prove ovvero la robustezza degli studi clinici. La spiegazione riportata dei tre indicatori si limita a riferire le misurazioni all’efficacia di tipo clinico, tagliando del tutto fuori dalla valutazione di innovatività i profili etici e sociali di un farmaco e del suo impiego. In altre parole, non è stato adottato un metodo di valutazione della cura che abbia come riferimento la cronicità o guarigione intesa come un completo recupero della condizione di benessere fisico, psichico e sociale del malato. La determina AIFA continua cioè ad agganciare la valutazione dell’innovatività di un farmaco all’accertamento della sola efficacia clinica. L’impegno di FAVO, di ECPC e di tutto il volontariato oncologico ripartirà da qui e sarà profuso affinché i pazienti smettano di essere l’anello debole nell’accesso alle terapie e affinché le difficoltà di accesso ai farmaci non si ripercuotano più negativamente su di loro”.
 
L’accesso ai farmaci
La sopravvivenza media della popolazione italiana affetta da malattie neoplastiche è aumentata nel corso degli anni. Secondo il più recente rapporto AIOM - AIRTUM sui Tumori in Italia, nel 2015 le persone vive dopo una diagnosi di tumore erano 3.037.127, ovvero circa il 5% dell’intera popolazione italiana, con una sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno del 57% fra gli uomini e del 63% fra le donne. Parallelamente, cresce la ricerca sui nuovi farmaci oncologici, che rappresentano il 30% del totale.
Dal punto di vista economico, non c’è dubbio che i farmaci antineoplastici e immunomodulatori rappresentino una voce di spesa importante del Sistema Sanitario Nazionale.
Il vero problema è che è che il processo che va dall’approvazione europea alla reale disponibilità concreta del farmaco per i cittadini, particolarmente lento, possa tradursi in una forma di razionamento che penalizza fortemente i malati, specialmente nel caso di farmaci innovativi salvavita.
 
Un farmaco da quando l’Azienda deposita il dossier di autorizzazione e valutazione presso EMA a quando diviene effettivamente disponibile al paziente nella prima regione in cui il farmaco viene movimentato, necessita di un tempo medio di 806 giorni, ovvero 2,2 anni.
Tale scenario muta quando viene valutata la movimentazione nell’ultima regione individuata, passando a 1074 giorni, ovvero circa 3 anni.
 
Gli interventi dell’Inps
Nel 2016 AIRTUM, IRST- IRCCS.  INPS e FAVO,  si sono impegnati in uno studio congiunto per  sviluppare l’analisi di impatto economico dell’Oncologia realizzata nel 2015 da IRST IRCCS relativamente alla sola  Romagna e ai soli costi sanitari. Le direttrici di sviluppo dello studio programmato possono così riassumersi:
- estensione dell' oggetto d'analisi  dai soli costi sanitari alla dimensione economica  sociale;
- estensione territoriale attraverso  il confronto tra realtà distanti geograficamente e diverse  in termini di organizzazione  dei rispettivi Servizi Sanitari Regionali;
-analisi del rapporto tra le dimensioni di impatto e costo di popolazione (sanitario e sociale) con indicatori di performance dei  livelli di assistenza erogati.
Lo studio, di natura epidemiologica, osservazionale retrospettivo, avrà durata triennale e si riferirà alla popolazione affetta da tumore della mammella, del colon e del polmone.
La prevenzione e la riabilitazione degli stati patologici invalidanti costituisce un’esplicita finalità dell’assicurazione obbligatoria contro l’invalidità e la vecchiaia, attuata da INPS attraverso l'erogazione di cicli di cure balneo-termali ai lavoratori assicurati o già riconosciuti invalidi. Tuttavia il trattamento termale  può considerarsi prospettabile  esclusivamente per patologie potenzialmente invalidanti, come le e osteoarticolari e le broncopolmonari, che incidono sempre meno tra le cause di invalidità per il crescente prevalere di patologie diverse, in primo luogo le neoplasie, non suscettibili di prevenzione e riabilitazione con i consueti trattamenti termali.
Per fronteggiare l'inadeguatezza, particolarmente evidente in materia oncologica,  delle vigenti Tabelle indicative delle percentuali di invalidità civile, l'INPS ha elaborato linee-guida valutative attuali sotto il profilo clinico-classificativo e  tali da promuovere l'omogeneità dei giudizi su tutto il territorio nazionale.
Per assicurare la disponibilità delle necessarie  informazioni cliniche l'Istituto, in cooperazione con AIOM e FAVO, ha realizzato, nel settembre 2013, il Certificato telematico  Oncologico introduttivo, la cui compilazione è affidata agli Oncologici che hanno in cura il cittadino. Uno sforzo a tutt'oggi ampiamente vanificata dalla scarsa adesione da parte degli Oncologi.
Una particolare attenzione è stata posta da parte della Commissione Medica Superiore  INPS alla valutazione della condizione di handicap per i minori affetti da patologia neoplastica.
 
Tossicità finanziaria e prognosi in oncologia
La tossicità finanziaria rappresenta un problema noto già da vari anni negli Stati Uniti, dove la compartecipazione diretta dei pazienti (out-of-pocket ovvero di tasca propria) alla spesa per i farmaci antineoplastici è sul banco degli imputati in quanto il costo di questi ultimi sta crescendo in maniera smisurata. Nel corso degli anni, vari studi hanno dimostrato che i problemi economici incidono in maniera negativa sulla qualità della vita dei pazienti americani e sono anche stati recentemente pubblicati dati che dimostrano che i pazienti oncologici americani che si dichiarano in bancarotta hanno un rischio di morte aumentato di circa l’80% rispetto a quelli che non hanno problemi economici.
In Italia, pur essendo in regime  di SSN che non prevede compartecipazione alla spesa per farmaci antineoplastici, secondo il Rapporto Favo, si sono riscontrati dati simili, seppure con effetti di dimensioni minori a quanto avviene negli Stati Uniti.
 
In particolare, in un pool di 16 sperimentazioni (3670 pazienti) in cui era stato utilizzato uno strumento che indaga i problemi economici, è stato riscontrato che per i pazienti con difficoltà economiche alla diagnosi, la terapia ha meno probabilità di produrre l’auspicato beneficio in qualità della vita, e che per i pazienti che peggiorano i propri problemi economici durante la terapia vi è un rischio di morte più elevato del 20 per cento.
 
Le buone pratiche di m-health
FAVO e FIASO hanno avviato con il XII Rapporto sulla Condizione del Malato Oncologico una collaborazione per promuovere la diffusione delle buone pratiche di mobile health (mHealth) per migliorare la qualità della relazione medico-paziente; semplificare l’accesso ai servizi sanitari; sviluppare nuove aree di ricerca.
 
In questo primo anno sono pervenuti 18 progetti. Una commissione congiunta FAVO- FIASO ha selezionato le tre iniziative, afferenti all’ASST di Crema, all’AUSL di Modena, all’APSS di Trento, maggiormente aderenti ai criteri definiti nella call. Tutti i progetti saranno raccontati su una sezione sui siti di FAVO e FIASO, per dare visibilità a quelle buone pratiche di mHealth che possono essere replicate o da cui trarre spunto per lo sviluppo di soluzioni innovative centrate sui pazienti.
 
La possibilità per ciascun paziente di rilevare informazioni sulle proprie condizioni, condividerle con i propri medici e  ottenere risposte immediate offre ai sistemi sanitari l’occasione di rivedere i propri processi di cura anche attraverso percorsi personalizzati, di ottenere informazioni utili per ottimizzare l’uso delle risorse umane, tecniche ed economiche, e apre scenari importanti anche dal punto di vista della ricerca scientifica.
 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OSM) definisce l’mHealth come “l’uso efficiente e sicuro delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione a sostegno dei settori della sanità e relativi alla salute […]”, comprendendo l’assistenza sanitaria, le politiche di prevenzione, la ricerca (e il supporto di essa) e l’educazione alla salute.
 
Diverse ricerche hanno dimostrato che non esiste un digital divide quando il servizio di mHealth è semplice, immediatamente accessibile e capace di creare valore per il paziente.
 
È possibile immaginare una differenziazione dei servizi mHealth per fasce di età: 181 milioni di pazienti europei potrebbero usare servizi di mHealth, di cui più del 77% potrebbe migliorare la qualità della propria vita.
 
Si stima che il risparmio per la spesa sanitaria a livello europeo sarebbe di 99 miliardi di euro, con la possibilità di incrementare di poco meno di 25 milioni il numero di pazienti presi in cura.
Gli ostacoli principali sono sicuramente culturali, organizzativi e solo in parte tecnologici. La possibilità di aprire spazi di collaborazione fra associazioni dei pazienti, Aziende sanitarie, personale sanitario, università e imprese ITC o start up rappresenta oggi un possibile percorso per accelerare questa trasformazione verso un modello sanitario più incentrato sul paziente. Emergono così due temi, quello dell’open source e dell’open innovation, come possibilità di accedere ad una digitalizzazione a costo zero per il malato. La tecnologia può diventare uno strumento di costruzione di nuovi network tra Aziende, in un’ottica di codificazione, replicabilità e condivisione delle buone pratiche in sanità.
 
Le nuove iniziative sui tumori rari in Europa e in Italia
I tumori rari sono quei tumori che colpiscono meno di 6 persone su 100,000/anno. Se consideriamo che rappresentano il 24% di tutti i nuovi casi di tumori diagnosticati in Europa ogni anno, possiamo dire che non sono così rari. In Italia, secondo il rapporto 2016 dell’associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), i tumori rari arrivano al 25% di tutti i nuovi tumori/anno. In termini numerici, si tratta di 89,000 nuovi casi all’anno e di circa 900,000 persone viventi con una diagnosi di tumore raro in Italia.
La rarità porta diversi problemi:
• difficoltà a porre una diagnosi appropriata, con conseguente ritardo o errore terapeutico.
• accesso limitato ad expertise clinico con particolare riferimento al trattamento loco-regionale di chirurgia e/o radioterapia specialistica (che porta a trattamenti non ottimali).
• difficoltà a condurre studi clinici e traslazionali e quindi difficoltà a generare evidenze scientifiche.
• limitato accesso a trattamenti, anche per le limitate evidenze scientifiche disponibili, e per la qualità dell’evidenza richiesta dal punto di vista regolatorio.
• scarsa informazione sulla malattia e sui centri di trattamento.
• ridotto numero di centri di riferimento per il trattamento dei tumori rari nei singoli paesi ed in Europa.
 
Dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, in Europa, un’opportunità è fornita dalla creazione di reti di riferimento europee per le malattie e per i tumori rari (European Reference Networks - ERNs). Queste reti vogliono creare collaborazioni stabili finalizzate alla condivisione della conoscenze e al coordinamento delle cure sanitarie fra centri di eccellenza nell’assistenza ai Pazienti con malattie rare e tumori rari. La creazione delle ERNs a livello europeo rappresenta quindi una grande opportunità lanciata dalla Commissione Europea
 
Di queste 24 reti europee, 3 sono dedicate ai tumori rari:
- EURACAN: dedicata a tutti i tumori rari solidi dell’adulto.
- EuroBloodNet: dedicata a tutte le malattie ematologiche, inclusi i tumori rari ematologici.
- PaedCan: dedicata ai tumori pediatrici (che sono tutti rari).
 
In Italia, il ministero della Salute, di concerto con le Regioni e Province autonome, ha istituito l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio per favorire lo sviluppo di queste reti.
 
Tale organismo, al fine di valorizzare le eccellenze nelle strutture sanitarie italiane, ha definito una modalità operativa, nel rispetto della legislazione nazionale in vigore ed in aderenza ai requisiti ed alle procedure della Commissione europea, per l’identificazione e monitoraggio dei prestatori di assistenza sanitaria in grado di partecipare alle ERNs. A conclusione dell’iter di selezione, l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio ha rilasciato l’endorsement per partecipare alle ERNs per malattie e tumori rari a 106 ospedali nazionali. Ma, oltre all’endorsement del proprio ministero, i centri sono stati valutati anche da parte di un “indipendent assessment body” a livello europeo.
 
Non è detto quindi che tutti i 106 centri riconosciuti come centri di expertise per le malattie e/o tumori rari dal Ministero della salute italiano abbiamo passato la selezione dell’“indipendent assessment body” europeo. È quindi auspicabile che la lista degli ospedali che fan arte delle ERNs per le malattie/tumori rari venga resa pubblica quanto prima dal Ministero della Salute. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito della Commissione Europea
 
E’ un momento critico per il futuro delle reti sui tumori rari in Europa. A livello europeo, l’Italia è stata molto proattiva. Prova ne è che l’Istituto Nazionale Tumori di Milano coordina la JARC così come due tumori rari (sarcomi e tumori della testa e collo) dei 10 compresi in una delle tre ERNs.
 
Per quanto riguarda l’Italia - sottolinea Favo - "è ovvio che a maggior ragione questo è il momento in cui si dovrebbe sviluppare la Rete Nazionale dei Tumori Rari, che diverse mozioni parlamentari approvate a larghissima maggioranza dalla Camera dei Deputati impegnano il Governo e le Regioni a realizzare. In effetti, in questi mesi ha lavorato un gruppo di lavoro presso il Ministero della Salute, a cui ha partecipato anche FAVO, che ha prodotto una proposta per la realizzazione della Rete Nazionale dei Tumori Rari".
 
La proposta è stata quindi inviata dal ministero alla Conferenza Stato-Regioni che sta valutando l’ipotesi di Accordo Stato-Regioni. Questa ipotesi prevederebbe la creazione di una Rete di centri su tutto il territorio nazionale investiti dalle rispettive Regioni del compito di fungere da riferimento per i Pazienti con tumori rari. La Rete sarebbe coordinata dal ministero di concerto con le Regioni attraverso Agenas.

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