quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 19 MAGGIO 2017
Spesa sanitaria. È l'inefficienza tecnica a far affondare il Sud. Studio Cerm SaniRegio 2017

Se i serivizi contiueranno a essere erogati come ora senza correzioni si ha una spesa comprimibile che supera i 15 miliardi sopratutto nelle Regioni meridionali caratterizzate dalle percentuali di inefficienza tecnica e di prezzo più alta e si va da una riduzione di spesa del 3% nelle Marche a una riduzione di spesa che supera il al 30% in Calabria e Valle d’Aosta. LO STUDIO.

La spesa sanitaria delle Regioni in Italia. Ma calcolata secondo un metodo che non parla solo di consuntivi, bensì dei risultati relativi alla stima della spesa standard e delle componenti relative all’inefficienza e all’output gap (la differenza tra il prodotto interno lordo effettivo  e quello potenziale) riferite al 2014. E mette in evdienza tre aspetti.

Il primo è legato alle due componenti che contribuiscono alla stima dell’inefficienza globale di ogni sistema regionale.

Il secondo si riferisce alle componenti che formano l’output gap, ovvero una misura dell’adeguatezza dei servizi erogati rispetto alla domanda di ogni territorio, che può essere anche interpretata come la capacità di ogni regione di massimizzare l’offerta dei servizi avendo come benchmark la regione Lombardia.

Il terzo  riguarda la definizione di due ipotesi di spesa standardizzata.

La prima ipotesi tiene conto solo del livello di inefficienza globale, ipotizzando che i servizi continuino ad essere erogati a livello storico senza alcuna correzione dell’output gap. In questo caso rispetto alla spesa storica di riferimento si ottiene  una spesa comprimibile che supera i 15 miliardi pari al 16,2% della spesa storica. In questo caso i risparmi di spesa si concentrano prevalentemente nelle regioni meridionali caratterizzate dalle percentuali di inefficienza tecnica e di prezzo più alta, andando da una riduzione di spesa del 3% nelle Marche a una riduzione di spesa che supera il al 30% in Calabria e Valle d’Aosta.
 


Nella seconda definizione di spesa standard si considera, oltre al livello di inefficienza, anche il livello di adeguatezza dei servizi misurato in termini di output gap totale. In questo caso la quota di spesa comprimibile scende a 3 miliardi che corrispondono all’2,5% della spesa storica. Con questa seconda definizione di spesa standardizzata le differenze rispetto alla spesa storica, anche se continuano a essere più concentrate nelle regioni meridionali, risultano meno difformi lungo la penisola.

Sono questi, per gran di linee, i risultati di “Saniregio 2016. La spesa sanitaria nelle Regioni” , elaborato dal Cerm di Tor Vergata con l’obiettivo di rispondere alle due raccomandazioni fatte dal “Joint Report on Health Care and Long-term Care systems & Fiscal Sustainability” dell’Ue agli Stati memembri: migliorare la governance dei sistemi sanitari; migliorare la sostenibilità finanziaria e il rapporto costo-efficacia della spesa.

Il nuovo rapporto SaniRegio fornisce, in linea con le edizioni precedenti, il calcolo della spesa sanitaria standard delle singole Regioni attraverso la stima di una funzione di spesa in cui la distribuzione della popolazione per fasce di età rappresenta il driver principale dei fabbisogni standard determinati prendendo a riferimento la spesa standard di una o più regioni benchmark. E isola due componenti importanti della spesa storica: la quota di spesa relativa all’inefficienza tecnica, ovvero la percentuale di spesa riconducibile agli input in eccesso rispetto a quelli compatibili con una produzione efficiente degli attuali livelli di servizio; la quota di spesa attribuibile ai livelli - quantitativi e qualitativi - di output realizzati in misura superiore o inferiore rispetto ad un valore di output standard definito attraverso la stima di una funzione di domanda.

Componenti di spesa che – spiegano gli autori dello studio: Fabio Pammolli, Francesco Porcelli, Francesco Vidoli, Monica Auteri, Guido Borà, tutti del Cerm e rispettivamente del Politecnico di Milano, University of Exeter (UK), Università di Roma Tre (Vidoli e Autieri) e Università di Sienza -  se correttamente individuate, consentono di affiancare al calcolo dei coefficienti di riparto delle risorse del comparto sanitario, una misura del livello ottimale dei fondi pubblici oggetto del riparto.

I risultati finali mostrano, tra il 1998 il 2002, un incremento dell’inefficienza tecnica che spiega, da sola, parte del forte incremento della spesa registrato in quegli anni. Dal 2002 in poi, invece, si registra una costante riduzione dell’inefficienza tecnica grazie a un trend costante nel livello dell’input lavoro per abitante, un trend decrescente nel livello delle dotazioni strumentali per abitante ed un incremento dell’output per abitante, soprattutto a partire dal 2008, anno a partire dal quale si consolidano sia i maggiori recuperi di efficienza sia le prime riduzioni nel livello della spesa corrente in termini reali. Conseguentemente, gli incrementi di spesa osservati tra il 2002 e il 2006 possono essere attribuiti in modo prevalente al livello dei salari e dei prezzi d’acquisto dei beni e servizi intermedi a causa dalla dinamica dei rinnovi contrattuali superiore all’inflazione programmata e dalla mancanza di controllo sugli ordinatori di spesa.

Dalla distribuzione territoriale dell’inefficienza tecnica emerge un acuirsi nel tempo del divario tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud confermando i risultati prodotti nelle precedenti versioni di SaniRegio.

Nel 2012 le regioni del Sud, incluse le Isole, presentano valori di inefficienza quasi il doppio più alti rispetto alle regioni del Centro e del Nord (incluse le regioni a statuto speciale). Le cause del mancato recupero di efficienza osservato nelle regioni meridionali vanno ricercate non solo nei più bassi livelli qualitativi e quantitativi dei servizi offerti, ma anche nella non corretta proporzione tra gli input.

Da ultimo, tra le cause del ritardo in termini di efficienza delle Regioni del Sud un ruolo non secondario va attribuito all’impatto generato dall’adozione dei piani di rientro che hanno interessato principalmente le regioni meridionali (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria e Sicilia hanno avviato il piano di rientro nel periodo 2006-2012 e sono ancora in vigenza di piano).

Da qui, secondo gli autori,  la necessità di riformare parzialmente questo strumento di governance sviluppando sistemi di monitoraggio che pongano maggiore enfasi sul livello dei servizi erogati a parità di input al fine di garantire che, a fronte di un miglioramento dei saldi finanziari, non si registri un deterioramento delle prestazioni.

Per dimostrarlo lo studio prende a riferimento il 2012, ultimo anno per il quale si dispone di dati effettivi sulle misure di output. Si registra un output-gap positivo o prossimo allo zero nel nord del Paese (la principale eccezione, in questo caso, è rappresentata dal Trentino Alto Adige); le regioni del Centro-Sud, al contrario, mostrano un output-gap negativo (le uniche eccezioni sono rappresentate dal Molise e dalla Basilicata).
Lo studio ha anche effettuato il calcolo del riparto della spesa sanitaria utilizzando come regioni benchmark la Lombardia, il Veneto e l’Umbria essendo quelle che, nel 2012, presentano inefficienza tecnica e output-gap prossimi allo zero. Dal punto di vista operativo, la spesa media standard per fascia di popolazione valorizzata per queste due regioni è stata utilizzata per calcolare la spesa standard delle altre regioni in base alla distribuzione regionale della popolazione nelle varie fasce di età.

I risultati finali mostrano che, sia utilizzando le due regioni benchmark, sia adoperando direttamente i fitted values della funzione di spesa, si ottiene una variazione nella distribuzione delle risorse rispetto alla spesa storica non molto difforme. Con l’utilizzo della funzione di spesa, però, è possibile isolare la componente di spesa attribuibile all’inefficienza tecnica generata dalla presenza di input in eccesso oltre che dall’output-gap, modificando in questo modo il riparto delle risorse a favore delle regioni più virtuose. Se si considera l’impatto sulla spesa generato dall’inefficienza tecnica, infatti, tutte le Regioni del Sud subiscono una significativa penalizzazione nel riparto delle risorse, nonostante caratterizzate da un output-gap prevalentemente negativo.
 
Dall’analisi della distribuzione territoriale dei differenziali di spesa, inefficienza e outputgap registrati tra il 2014 e il 2012 emerge, inoltre, come nelle Regioni meridionali (dove si registrano i picchi più alti di riduzione della spesa), diversamente dalle Regioni del Nord, la contrazione della spesa corrente sia avvenuta principalmente a seguito della riduzione delle livello delle prestazioni piuttosto che per la riduzione dei livelli di inefficienza. Tali conclusioni relative ai macro aggregati di spesa pubblica sono fondamentali per una corretta programmazione dei trasferimenti statali, ma rischiano di rimanere sterili se non calati in modo corretto ed equo sui singoli territori o a livello più micro.

Da questa considerazione è nato l’interesse, quindi, per stimare la domanda di salute ad un livello il più possibile disaggregato al fine da un lato di fornire strumenti statistici per riallineare dinamicamente la relativa offerta e dall’altro di sottolineare sempre più l’importanza di produrre/diffondere dati sul comportamento individuale e sociale che possano aiutare a migliorare le decisioni e le politiche pubbliche.

L’indicatore di domanda disaggregato a livello comunale - conclude lo studio - ha fornito due importanti risultati sulle regolarità cross-regionali in termini di domanda e di offerta e sul rischio sanitario che aumenta all’aumentare della distanza fisica dalle strutture sanitarie; tali risultati, ancora in forma provvisoria, dovrebbero essere prese in considerazione per evitare un’offerta diseguale collegata ai singoli confini amministrativi regionali e in ultima analisi per costruire sistemi che nell’interazione tra centro e periferia possano collaborare per una migliore e più puntuale offerta locale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA