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Martedì 30 MAGGIO 2017
Osteopatia. Non la si può declassare a specializzazione di fisioterapia



Gentile Direttore,
sono Chiara Arienti, una libera cittadina italiana, osteopata “pura”, ovvero senza titolo pregresso sanitario, orgogliosa di esserlo. Non le nascondo l’incredulità e lo sgomento nel leggere l’emendamento all’articolo 4 del DDL Lorenzin (3368) sul riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria, presentato dall’On. Donata Lenzi, la quale propone di riconoscere l’osteopatia come specializzazione di fisioterapia, con un percorso formativo post laurea per soli fisioterapisti o laureati in medicina e chirurgia.
 
Fin da piccola mi hanno insegnato che dal greco antico il termine politica indica "l’arte che attiene alla città-stato" e la sua prima definizione risale ad Aristotele ed è legata all'etimologia del termine, secondo cui, "politica" significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano. In altre parole, vuol dire amministrare con sapienza il bene pubblico, dove per sapienza si intende “dote di chi unisce una vasta e assimilata conoscenza delle cose con la capacità e l'equilibrio nel giudicarle”.
 
Su queste basi storico-filosofiche, che hanno fatto la storia del mondo occidentale, mi domando con quale criterio l’On. Donata Lenzi ha pensato di presentare un emendamento che è tutto fuor che politica, , perché va contro l’interesse del Paese in particolare dei 10 milioni di italiani che affidano all’Osteopatia le loro cure.
 
Sono osteopata da 10 anni, moglie e madre di 2 figli, che lavora con dedizione, passione e professionalità per il bene e la salute pubblica dei cittadini. L’emendamento dell’On. Lenzi non consentirà a me come ad altri 8.000 stimati colleghi osteopati “puri” di lavorare e di non poter più mantenere le proprie famiglie.
 
Questa è politica? Questa è democrazia? O forse è protezionismo di una casta privilegiata di lobby politica che mette al primo posto i propri interessi piuttosto che il bene pubblico? La stessa casta che crede di pensare alla salute del cittadino, quando in realtà rappresenta una professione in profonda crisi professionale e formativa, con scarse evidenze scientifiche a supporto del proprio lavoro clinico, ma con l’aggravante di essere riconosciuti da più di 25 anni e non avere ancora una credibilità scientifica riconosciuta a livello nazionale ed internazionale dalle altre professioni sanitarie. Mi riferisco alla “lobby dei fisioterapisti”, che è ben diversa dal “professionista fisioterapista”.
 
Oltre che essere osteopata, sono anche ricercatore, con regolare contratto presso un IRCCS Lombardo, e pratico la questa attività all’interno di un Centro Riabilitativo e lavoro quotidianamente con fisioterapisti e medici fisiatri professionisti, che posso definire colleghi, perché tutti insieme lavoriamo per cercare le migliori prove di efficacia per la cura del paziente che si rivolge al medico, al fisioterapista o all’osteopata. Questa si definisce inter-professionalità, in cui le rispettive competenze professionali vengono messe in comune per il bene del cittadino che si rivolge al nostro centro riabilitativo, ben diverso dalla “lobby dei fisioterapisti” che proclama di occuparsi del bene della categoria, quando in realtà salvaguarda i propri interessi privati, che nulla hanno a che vedere con i colleghi con cui lavoro quotidianamente, “professionisti fisioterapisti”.
 
Credo che l’On. Lenzi non conosca la differenza tra professione e attività tecnica. A questo proposito mi sento in dovere di ricordare che esiste il Decreto Legislativo del 16 gennaio 2013, n°13, in cui viene sottolineato il valore delle competenze acquisite in linea con le proprie attitudini, al fine di promuovere la crescita e la valorizzazione del patrimonio culturale e professionale acquisito dalla persona nella sua storia di vita, di studio e di lavoro, garantendone il riconoscimento, la trasparenza e la spendibilità.
 
Pertanto sono proprio le competenze a definire una professione e l’osteopatia, attraverso i suoi numerosi documenti internazionali a partire dalla norma CEN, passando per i Benchmarks dell’osteopatia pubblicati dall’Organizzazione della Sanità, fino ad arrivare al “Fundamental Osteopathic Medical Competency Domains” pubblicato dal National Board of Osteopathic Medical Examiners nel 2011, definisce in modo univoco e indiscutibile le proprie competenze che la rendono a tutti gli effetti una professione sanitaria autonoma e di contatto primario. Questo è ufficialmente riconosciuto in tutto il mondo, e l’Italia sarebbe il primo paese che la riconoscerebbe come una specializzazione di fisioterapia, declassandola a tecnica, andando contro tutta la comunità scientifica osteopatica mondiale e ai modelli di riferimento.
 
Temo che l’On. Lenzi non si renda conto della portata del suo provvedimento:
1. Mette a rischio il lavoro di 8.000 osteopati che non potranno mantenere la propria famiglia.
2. Mette a rischio la sicurezza di circa 10 milioni di Italiani che si rivolgono all’osteopatia per la propria salute, poiché un fisioterapista specializzato non ha le stesse competenze di un osteopata “puro” che prevede una formazione dedicata all’acquisizione delle competenze necessarie, che ricordo essere 4600 ore come previsto dalla Norma CEN e dai documenti dell’OMS.
3. Va contro l’Unione Europea e in tutti quei Paesi in cui l’osteopatia è riconosciuta come professione sanitaria autonoma.
 
Concludo ricordando che il DDL Lorenzin è di origine governativa e il Ministero della Salute si è esposto più volte sulla volontà di riconoscere l’osteopatia come professione sanitaria autonoma, a cui chiedo di prendere una posizione ufficiale nei confronti di questo provvedimento che mina la democrazia di questo Paese.

Chiara Arienti
Osteopata Ricercatore

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