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Giovedì 01 GIUGNO 2017
Sclerosi Multipla. Speranza da un antibiotico per l’acne

Uno studio canadese avrebbe dimostrato che la minociclina sarebbe in grado di ridurre il numero di pazienti che dalla prima manifestazione clinica della malattia passa alla forma conclamata.

(Reuters Health) – Un antibiotico economico normalmente utilizzato per combattere l’acne sembra essere in grado di ritardare lo sviluppo della sclerosi multipla, nelle prima fasi della malattia. È quanto ha dimostrato una ricerca sulla minociclina, una tetraciclina generica, coordinata da Luanne Metz, del Hotchkiss Brain Institute dell’Università di Calgary. Lo studio è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Lo studio
In totale, sono stati coinvolti 142 pazienti che avevano manifestato sintomi precoci della malattia, ai quali non era stata ancora confermata, però, la diagnosi di sclerosi multipla. Tutti i volontari avevano almeno due lesioni di dimensioni maggiori di tre millimetri. Il trattamento con la minociclina, che ha proprietà antiinfiammatorie e attraversa la barriera emato-encefalica, somministrata per sei mesi, avrebbe ridotto i casi di sclerosi conclamata rispetto al placebo. In particolare, laddove il rischio di sviluppare sclerosi multipla conclamata a sei mesi nel gruppo placebo era del 61%, scendeva al 33,4% nel gruppo dei pazienti trattati con minociclina 100mg due volte al giorno. Quando i ricercatori hanno fatto la valutazione attraverso la risonanza magnetica, il rischio arrivava al 43%, mentre nel gruppo placebo restava lo stesso.
 
I vantaggi sarebbero stati registrati anche dopo un anno di terapia, ma non dopo due anni, dal momento che, secondo quanto riferito da Metz, “non c’erano abbastanza pazienti per capire se il farmaco stava continuando a fare effetto”. Tra gli effetti collaterali dell’antibiotico, i più frequenti sono stati vertigini, eruzioni cutanee e scolorimento dentale, mentre sei persone in trattamento si sono dovute ritirare dallo studio a causa degli effetti collaterali, contro solo una del gruppo placebo.

Fonte: NEJM

Gene Emery

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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