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Lunedì 05 GIUGNO 2017
Disuguaglianze salute. D'Ubaldo (Federsanità): “Dovuta anche a impossibilità di incrociare dati sociali con quelli sanitari”

Il dibattito del Festival dell'economia di Trento ha affrontato questo tema. Bisogna approfondire tutte le implicazioni, sapendo che il nostro debito pubblico impedisce di formulare ipotesi di interventi pubblici senza copertura finanziaria. I margini di manovra sono stretti, bisogna elaborare un approccio realistico e coraggioso al tempo stesso, nella consapevolezza che la sfida di una società più giusta non può essere rimossa con superficialità e indifferenza.

Il Festival dell'economia di Trento, giunto quest’anno alla dodicesima edizione, ha inglobato nel dibattito sulla salute la questione della diseguaglianza su cui gli economisti hanno cominciato a riflettere seriamente da anni, partendo dall'ormai famoso libro del francese Thomas Piketty.
 
Cosa sappiamo però della salute disuguale in Italia? La riflessione dovrebbe partire da quali siano i fattori che incidono sulle aspettative di vita nelle diverse aree regionali e in che modo gli investimenti nel settore sanitario possono condizionare il benessere degli individui. Vi è infatti una connessione tra il livello socio economico delle persone, inteso come ricchezza e grado d’istruzione, e la cura della salute. Il sistema sanitario nazionale, universalistico, è nato quarant’anni fa proprio per favorire l’accesso a cure efficaci delle fasce di popolazione più povere.
 
Da alcuni dati presentati a Trento, frutto del lavoro dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni nato nel 2002 per iniziativa di Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore dei Sanità, emerge una tendenza: il concetto di universalismo del servizio sanitario oggi è ad alto rischio per il manifestarsi di nuove disuguaglianze che si possono riscontrare nella diversità di tutela a livello locale. Le cifre hanno fatto emergere, per esempio, che in Campania e in Sicilia si ha una speranza di vita alla nascita di quattro anni inferiore al Trentino o alle Marche. Oppure che in Calabria e in Campania la spesa sanitaria pubblica pro capite è la più bassa del paese. Questi dislivelli, in verità preoccupanti, pongono in risalto un problema di governance sanitaria, che va affrontato su base tanto nazionale quanto regionale attraverso scelte di programmazione in grado di assorbire in prospettiva le maggiori distorsioni. Inoltre, la disuguaglianza in termini di salute pubblica è dovuta anche all’impossibilità di incrociare i dati sociali con quelli sanitari e fornire, quindi, alla governance strumenti per elaborare politiche adeguate.
 
Il dibattito di Trento ha evidenziato analisi stringenti. Bisogna approfondire tutte le implicazioni, sapendo che il nostro debito pubblico impedisce di formulare ipotesi di interventi pubblici senza copertura finanziaria. I margini di manovra sono stretti, ma l'esigenza di un disegno per il futuro, largo e condiviso, sormonta anche le difficoltà dell'oggi. Bisogna elaborare un approccio realistico e coraggioso al tempo stesso, nella consapevolezza che la sfida di una società più giusta, a partire dalle garanzie sulla salute e il benessere personale, non può essere rimossa con un misto di deplorevole superficialità e indifferenza.
 
Lucio D'Ubaldo
Segretario Generale Federsanità Anci 

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