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Mercoledì 07 GIUGNO 2017
Rapporto Censis-Rbm. Sanità italiana sempre “meno universale”. Spesa privata a 35,2 mld: +4,2% in 3 anni. E milioni di italiani rinunciano addirittura alle cure. Per le assicurazioni la soluzione è creare un “secondo pilastro”. Ma in ogni caso il 64% degli italiani (80% nel nord est) è soddisfatto del Ssn

Il modello “Assicurazione Sociale Integrativa” alla francese, istituzionalizzato ed esteso a tutti i cittadini garantirebbe finanziamenti aggiuntivi al Fsn per oltre 21 mld l’anno. Anche perché oltre 1 italiano su 4 è in difficoltà o subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie. Nonostante questi dati, frutto di un sondaggio su un campione dlela popolazione italiana, il Ssn continua però ad essere ritenuto soddisfacente dalla maggioranza degli italiani. Le proposte presentate al Welfare Day 2017 organizzato a Roma. IL RAPPORTO

La parola universalismo rischia di essere cancellata dal vocabolario della sanità.  Sono 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno sono stati messi economicamente a dura prova per far fronte a spese sanitarie private, un popolo di “espulsi” dal Ssn, di cui 2/3 affetti da malattie croniche, non autosufficienti e a basso reddito, che hanno dovuto mettere mano al portafoglio per curarsi.
 
Non solo, ben 7,8 milioni hanno dovuto dare fondo a tutti i loro risparmi per le proprie spese sanitarie o sono stati costretti a indebitarsi con parenti, amici o con banche e istituti di credito vari. E 1,8 milioni di persone sono entrati nell’area della povertà. Uno scenario da far tramare i polsi e che in soldoni si traduce in 35,2 miliardi di euro sborsati dalle famiglie nel 2016, con un aumento in tre anni del 4,2%. Un trend persino più elevato della spesa totale delle famiglie per i consumi e pari a +3,4% tra il 2013 e il 2016.
Perché gli italiani devono ricorrere di più al privato e pagare di tasca propria? Perché l’attesa per le prestazioni sanitarie nel servizio pubblico è troppo lunga e spesso richiede anche l’esborso del ticket.
 
Insomma, cifre che parlano chiaro e ci dicono che ormai in Italia la sanità non è più per tutti. Anche perché, nell’ultimo anno, 12,2 miliioni di italiani hanno rinunciato e/o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche, con un incremento di 1,2 milioni (+10,9%) rispetto al dato 2016. E solo il 20% degli italiani riesce a tutelarsi attraverso una polizza sanitaria integrativa, prevista dal proprio contratto di lavoro o dalla propria azienda o stipulata individualmente. Tutti gli altri “pagano”. Diventa quindi impellente trovare una soluzione per dare ossigeno alle casse del Ssn. Un’alternativa è quella di creare un modello “multipilastro” che valorizzi pubblico, privato e sanità integrativa per garantire e ampliare la copertura assistenziale restituendo sicurezza a tutti i cittadini.
 
È questo il quadro delineato dal Rapporto Censis - Rbm Assicurazione Salute presentato oggi al “Welfare Day 2017” a Roma e che si basa su un'indagine effettuata dal Censi su un campione rappresentatovo della popolazione italiana maggiorenne (1.000 interviste). Una giornata di confronto tra istituzioni, esponenti delle forze politiche, associazioni datoriali, sindacati, associazioni dei consumatori, esperti della sanità e componenti del Comitato scientifico Welfare Day per capire come coniugare sostenibilità, equità e capacità assistenziale. Lanciato un appello al Premier Gentiloni, al Ministro della Salute Lorenzin e al Sottosegretario Faraone: “Lavoriamo #insieme, pubblico e privato per un Ssn più equo e inclusivo, sostenibile grazie alla diversificazione delle fonti di finanziamento”.
 
“Più di un italiano su quattro non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie – ha spiegato Marco Vecchietti, Consigliere Delegato di Rbm Assicurazione Salute – intanto la stessa spesa sanitaria privata, che oggi pesa per circa 580 euro pro-capite, nei prossimi dieci anni è destinata a raggiungere la somma di mille euro pro-capite, per evitare il crack finanziario e assistenziale del Ssn”.
 
In particolare sono nove le voci di spesa per le quali si fa più fatica ad avere accessibilità alle cure: al primo posto ci sono le visite specialistiche (74,7%), seguite dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2%), per proseguire con gli accertamenti diagnostici (41,1%), l’odontoiatria (40,2%), le analisi del sangue (31%), lenti e occhiali da vista (26,6%), le prestazioni di riabilitazione (14,2%), protesi, tutori, ausili vari (8,9%), e per concludere le spese di assistenza sociosanitaria.

“Il ceto medio italiano ha perso la sua grande sfida storica di diventare una classe con una a propria cultura intellettuale generale, con un’egemonia potenziale – ha spiegato Giuseppe De Rita, Presidente della Fondazione Censis – viviamo nel rancore, nel lutto di quello che non è stato, che crea la paura di “non farcela”. E alcuni successi politici degli ultimi anni hanno cavalcato questo rancore. Abbiamo quindi assistito a un’uscita verso il basso della classe media, a un suo sfaldamento. E quella che possiamo chiamare ‘de-cetometizzazione’ si è riverberata in particolare sulla sanità. Se la copertura a tutti e la sensazione di sicurezza è stata parallela alla crescita del ceto medio, anche il suo sfarinamento si è riflesso nella copertura della sanità pubblica italiana. Il bisogno di cure ha come caratterista l’immediatezza. Ma se le attese per accedere alle cure sono lunghe inevitabilmente si va verso il privato pagando di persona. Ci avviamo quindi verso un sistema complesso difficile da guidare. Ma su questa complessità bisogna lavorare”.

Insomma, se sanità deve essere sinonimo di inclusione ed equità, così non è nei fatti. “Non serve continuare a difendere un universalismo di facciata dietro al quale si celano profonde diseguaglianze e livelli decrescenti di assistenza” ha aggiunto Vecchietti . Anche perché, ricordaRbm Assicurazione Salute, solo il 20% degli italiani riesce a tutelarsi da questa situazione sempre più difficile attraverso una polizza sanitaria integrativa, prevista dal proprio Ccnl o dalla propria azienda o stipulata individualmente, rispetto alla quasi totalità dei francesi (circa il 97,5%) e a più di un terzo dei tedeschi (oltre il 33%). 
 
Ssn è a rischio default. E le previsioni per il futuro non sono rosee. Secondo le stime presentate al Welfare Day, mancheranno nei prossimi dieci anni, dai 20 ai 30 miliardi di euro per garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali da parte del Ssn.
“Tanti soldi che però potrebbe essere recuperati – ha suggerito Vecchietti – rendendo obbligatoria la sanità integrativa per tutti i cittadini, come già avvenuto in Francia, dove grazie ad un sistema di assicurazioni sociali aggiuntivo al sistema pubblico è possibile curarsi liberamente nelle strutture sanitarie che garantiscono qualità e tempi di accesso immediati”.
 
Le vie di uscita: il modello francese e quello tedesco
Per risolvere strutturalmente il problema della sostenibilità del Ssn Rbm Assicurazione Salute ha presentato alle Istituzioni due progetti:
- un secondo pilastro sanitario complementare per tutti i cittadini (modello francese), che evitando di far pagare di tasca propria le cure a 36 milioni di italiani intermedi collettivamente la spesa sanitaria privata garantendo al sistema sanitario la disponibilità di 22 miliardi di euro/annui aggiuntivi ed un contenimento della spesa sanitaria privata da 8,7 miliardi di euro a 4,3 miliardi annui;
 
- l’esternalizzazione di alcune assistenza (opting out, modello tedesco) che invece di accettare passivamente la rinuncia alle cure da parte di 13,5 milioni di italiani (di cui 2/3 a basso reddito) promuova un’assunzione di responsabilità per i cittadini con redditi più alti (15 milioni di cittadini) mediante l’assicurazione privata della totalità delle loro cure sanitarie con un risparmio previsto spesa sanitaria pubblica dai 18,5 miliardi di euro a 3,1 miliardi annui da investire a favore dei cittadini più bisognosi (economicamente ed a livello di salute).”
 
“Il Sistema Sanitario deve essere riorganizzato sulla base di modello multipilastro perché la sostenibilità è una direttrice prioritaria per guidare nuove politiche, piani e programmi – prosegue Vecchietti – è giunto il momento di scrivere nuove regole che possano preservare i fondamentali del nostro Sistema Sanitario, garantendo una risposta sicura per la nostra Salute e per quella delle future generazioni. In quest’ottica auspico – conclude Vecchietti – che anche la paventata riforma dei ticket allo studio del Ministro Lorenzin tenga ben presente che un ‘secondo pilastro’ sanitario può rappresentare un’importante leva aggiuntiva per le policy in ambito sanitario del nostro Paese senza la quale fare i conti sarà sempre più difficile. Non a caso, per tornare all’esperienza della Francia, in quel contesto una delle funzioni principali è proprio quella di rendere più equa e progressiva la quota di compartecipazione a carico dei cittadini”.
 
Ma nonostante tutto gli italiani promuovono il Ssn. Nello stesso rapporto leggiamo infatti che secondo dati Censis 2017, il 64,5% degli italiani è soddisfatto del Servizio sanitario mentre il 35,5% non è soddisfatto. I soddisfatti salgono poi al 76,4% nel Nord-Ovest e addirittura all'80,9% nel Nord-Est. Sono sempre maggiornaza con il 60,4% nel Centro, mentre crollano al 47,3% nel Sud e nelle Isole. 

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