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Giovedì 08 GIUGNO 2017
Io e Cavicchi preoccupati del futuro della medicina. E i giovani medici?



Gentile Direttore,
Cavicchi ha risposto alla mia “amichevole critica” con la stessa antica benevolenza, per cui mi sembra inopportuno proseguire una polemica che rischia di abbassare il tono di quello che deve essere un reale confronto di idee; inoltre, da buon toscano, non voglio paragonare la trippa alla fiorentina, con il suo delicato equilibrio di sapori, con la coda alla vaccinara pungente e aspra.
 
Ivan porta la questione su un duplice piano, politico del risultato scarso o mal utilizzato del convegno di Rimini, e qualche ragione ce l’ha, e epistemologico della natura filosofica della scienza medica nella contemporaneità.
 
Una riflessione, quest’ultima, che ci accomuna intorno a un tema così grande sul quale tuttavia è difficile avere idee chiare (escluso Ivan?). Un tema che si sintetizza a fatica nello spazio di un articolo. Non so se Cavicchi pensa, alla Kuhn, a un nuovo paradigma della scienza medica; siccome, nel rispondermi, è costretto a chiarire il suo pensiero, converrà con un mio convincimento che quando qualcuno non mi capisce vuol dire che mi sono espresso male.
 
Infine quando incontro, e mi succede spesso, giovani colleghi mi accorgo che sono tutti interconnessi ma poco inclini alla riflessione sul loro futuro. Del quale sono più preoccupato io come, è vero, lo è Ivan.
 
Penso allora, siccome siamo della stessa generazione, se io ero volontario a Solferino lui ha combattuto a Custoza, che la nostra vecchia cara cultura ci porti almeno a porci correttamente le domande, la cui possibile risposta discende anche dall’esercizio della medicina sul campo.
 
Antonio Panti
Presidente Omceo Firenze

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