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Lunedì 12 GIUGNO 2017
Medicina tradizionale cinese: un valido ausilio per la prevenzione cardiovascolare?

La rivista JACC pubblica un articolo che farà molto discutere. Il contenuto di questo lavoro infatti si discosta non poco dall’ortodossia medica, per come la intendiamo in occidente, viste le sue conclusioni: la medicina tradizionale cinese potrebbe essere efficace, come complemento o alternativa alla medicina occidentale tradizionale, nella prevenzione primaria e secondaria delle cardiopatie. Il lavoro è pubblicato come ‘art review paper’.

Le malattie cardiovascolari sono il killer numero uno nel mondo e nonostante gli innegabili progressi fatti dalla medicina presentano ancora tanti unmet needs. Anche per questo, si cerca di guardare oltre, cercando di capire, ma sempre con metodi scientifici, se le medicine ‘degli altri’ abbiano qualcosa da offrire.
 
La medicina tradizionale cinese è in genere mal vista dagli specialisti ‘occidentali’ per una serie di ragioni: in genere ogni ‘ricetta’ consta di molti ingredienti, dei quali è difficile chiarire il meccanismo terapeutico; i medicamenti utilizzati in Cina non devono sottostare ai rigorosi processi di approvazione riservati ai farmaci che entrano nel mercato europeo o americano, al fine di garantirne efficacia e sicurezza; la maggior parte degli studi realizzati sulla medicina cinese sono stati condotti finora da medici cinesi con medicamenti in genere non disponibili al di fuori della Cina.
 
Gli autori della review pubblicata su JACC hanno esaminato gli studi randomizzati e controllati pubblicati negli ultimi 10 anni sulla medicina cinese, utilizzata su pazienti con ipertensione, dislipidemie, diabete o pre-diabete, patologie cardiovascolari aterosclerotiche e scompenso cardiaco.
 
Stando a quanto pubblicato, alcuni medicamenti della medicina tradizionale cinese sembrano utili per le varie condizioni cardiovascolari studiate. E’ il caso ad esempio di otto trial randomizzati condotti su pazienti ipertesi, nei quali una serie di medicamenti (Tiankuijiangya, Zhongfujiangya, Qiqilian, Jiangya e Jiangyabao) si sono dimostrati efficaci nel controllare la pressione arteriosa, mostrando un buon profilo di sicurezza e rendendoli dunque, secondo gli autori dello studio, una valida alternativa terapeutica nei pazienti intolleranti, o che non possono permettersi, le medicine occidentali. Mancano tuttavia, sottolineano gli autori, degli studi di lunga durata sugli hard endpoint; l’unica cosa che si può dire sulla base di questi studi insomma è che la medicina cinese riesce a tenere sotto controllo i valori pressori, mentre non se ne conosce l’impatto sulla riduzione di ictus e infarti.
 
“Bisogna inoltre ricordare – sottolinea Yuxia Zhao, autore senior della review e medico presse il Dipartimento di Medicina Tradizionale Cinese dell’Ospedale Qilu dell’Università di Shandong (Cina) – che i medicamenti della medicina tradizionale cinese vengono in genere prescritti in formulazioni complesse, che vengono spesso ulteriormente elaborate dai medici per personalizzarle. Di alcuni ingredienti attivi di questi medicamenti è stato possibile chiarire l’effetto farmacologico e i meccanismi alla base. E dunque, alcuni di questi medicamenti possono essere efficacemente utilizzati come approccio complementare o alternativo nella prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari”.
 
Un’apertura importante alle medicine ‘degli altri’ insomma, da parte di una rivista estremamente rigorosa e ortodossa. Un elemento di importante riflessione per la realizzazione di ricerche future (ma ci si chiede chi avrà interesse a finanziarle), in grado di misurare gli effetti della medicina tradizionale cinese con lo stesso metodo scientifico utilizzato per valutare i farmaci con i quali ci curiamo tutti i giorni.
 
Maria Rita Montebelli

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