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02 LUGLIO 2017
Fumo passivo. Tribunale di Palermo condanna la Regione a pagare di 1,5 milioni alla famiglia di una donna morta nel 2004

Il giudice monocratico nella sua decisione ha ricordato che il codice civile "impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore" e l’ufficio legale della Regione non ha proposto appello.

La Regione siciliana dovrà pagare un maxi-risarcimento da un milione e mezzo di euro in favore del marito e dei sei figli di una donna, funzionaria dell' assessorato ai Beni culturali, morta a 50 anni di tumore ai polmoni per fumo passivo.
 
Né lei, né i suoi familiari avevano mai fumato. Nel cassetto del soggiorno prima di morire la funzionaria ha lasciato una relazione per presentare una causa alla Regione. Nel documento la donna ha raccontato la sua battaglia in ufficio contro i colleghi fumatori.
 
Il giudice monocratico Riccardo Trombetta nella sua decisione ha ricordato che il codice civile "impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore" e l’ufficio legale della Regione non ha proposto appello.
 
Il giudice su ventuno anni ha riconosciuto l’esposizione al fumo passivo per soli cinque anni, basando il suo calcolo sulle testimonianze in aula. Il consulente nominato dal tribunale ha indicato nel 15/20% l’incidenza sullo sviluppo della malattia.
 
La donna si era battuta dal 1979 al 2000 per ottenere un ufficio senza fumatori al suo fianco, ma la legge antifumo era ancora ignorata sui posti di lavoro e lei ha protestato senza alcun risultato.
 
Dopo 14 anni venne spostata a contatto col pubblico, ma anche lì nessun cartello: erano gli anni ‘90 e gli utenti fumavano senza alcun divieto. Solo nel 2000 venne destinata alla Presidenza, ma ormai era troppo tardi.

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