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Mercoledì 12 LUGLIO 2017
L’influenza del sistema di finanziamento sulla funzionalità del nostro Ssn

C'è una grande differenza tra finanziamenti delle Asl e quelli delle AO/AOU, nell’un caso basati su bisogni teorici e nell’altro caso basati sulle attività svolte (DRG e tariffe). Se ne deve concludere che in quelle regioni nelle quali non siano a regime sistemi di monitoraggio efficaci, soprattutto in termini di esiti, il finanziamento alle Asl viene erogato a prescindere dal controllo e questo può costituire una delle ragioni di non adeguato sviluppo delle attività territoriali.

A fronte delle istanze di riforma dei percorsi del SSN, vale la pena di riflettere sull’attuale sistema di finanziamento dello stesso, in quanto in grado di orientarne azioni e tendenze. Il dlgs 56/2000 ha decretato l’abolizione del fondo del SSN e il decentramento federalista nel finanziamento dei SSR, passato in larga parte alle regioni, che lo sostengono attraverso l’attribuzione del gettito IRAP, una compartecipazione all’IVA, oltre che con entrate proprie del SSR, tra cui la compartecipazione alla spesa dei cittadini, ed altre entrate minori, tra le quali le quote accise e le addizionali Irpef. Le Regioni in piano di rientro finanziano il deficit con una addizionale aggiuntiva IRAP ed IRPEF.
 
Una prima riflessione da fare è che qualunque politica di variazione di una delle voci di finanziamento (es compartecipazione dei cittadini alla spesa) necessita di una variazione delle altre fonti se si vuole lasciare inalterata l’entità globale. A livello centrale rimangono risorse in conto capitale, destinate agli investimenti mobiliari (attrezzature) ed immobiliari (edilizia sanitaria), ma sprovviste di continuità e il Fondo di perequazione, che determina trasferimenti orizzontali alle regioni, sulla base dei cd costi standard, ancora basati, per lo più, sul bisogno rappresentato dalla popolazione “pesata” per età, oltre che sulla spesa storica e sul dimensionamento dell’offerta. L’attribuzione alle Regioni avviene in due fasi successive: la prima vincolando quota parte delle risorse ai LEA suddivisi per categorie ( Assistenza nei luoghi di vita e di lavoro, ospedaliera e territoriale); la seconda ripartizione avviene nell’ambito dei singoli LEA, sulla base dei pesi sopra descritti.

Successivamente, le regioni trasferiscono le risorse proprie, più quelle trasferite dal Fondo di perequazione, alle proprie aziende, trattenendo una quota nella Gestione Sanitaria Accentrata, secondo scelte e criteri propri delle singole regioni. L’unica indicazione di sistema di carattere generale è costituita dal dlgs 502/1992 che ha previsto la costituzione delle ASL e delle AO, le prime da finanziare con quota capitaria (presumibilmente pesata sulla base dei bisogni), le seconde finanziate sulla base delle attività effettivamente svolte. Le ASL procedono poi all’acquisto di prestazioni dalle strutture accreditate, sulla base di tariffe basate sull’attività svolta, entro un budget prestabilito.
 
A questo sistema di finanziamento (per quota capitaria alle ASL e per tariffe/DRG alle AO/AOU) si somma quello per funzioni, ex articolo 8 sexies secondo comma dlgs 502/1992 e smi, secondo indicazioni generali della norma in questione, che vengono declinate in maniera autonoma dalle regioni. Un discorso a sé concerne poi il ripiano del deficit delle aziende in piano di rientro, secondo le indicazioni del DM 21 giugno 2016, che prevedono un meccanismo di ricorso alla Gestione Sanitaria Accentrata per “finanziare” virtualmente parte del deficit delle aziende impegnate nei piani di efficientamento, per bilanciare il breve periodo previsto per il raggiungimento dell’equilibrio economico (tre anni).

Da questa rapidissima carrellata possiamo dedurre che le leve finanziarie a disposizione delle regioni per realizzare le loro politiche sanitarie sono sostanzialmente:
1) Riparto del fondo regionale tra le aziende del SSR (ASL e AO/AOU), entro i vincoli, tuttavia, dei Livelli Essenziali di Assistenza fissati a livello nazionale (5% destinato all’assistenza collettiva, 44% all’assistenza ospedaliera, 51% all’assistenza territoriale, sulla quale grava la farmaceutica territoriale, la medicina di base e l’assistenza specialistica); a cascata, poi, il budget assegnato, con criteri variabili da regione a regione, alle strutture accreditate.
 
2) Criteri di standardizzazione dei fabbisogni in base alle diverse caratteristiche della popolazione (per la definizione delle quote capitarie da affidare alle ASL).

3) Entità e criteri di distribuzione del finanziamento per funzioni ex art 8 sexies dlgs 502/1992 e sms. In realtà la remunerazione delle attività ospedaliere, sulla base della vigente valorizzazione delle tariffe e dei DRG, non copre interamente i costi della produzione, cosicché l’equilibrio di bilancio dipende largamente dall’erogazione di fondi concessi per specifiche funzioni, che, se ben orientati, possono costituire un eccellente strumento di politica sanitaria e garantire maggiore equilibrio alle aziende, almeno per una quota di deficit strutturale, che non dipenda da inefficienze gestionali, ma da attività di alta complessità che hanno sostituito le procedure tradizionali. Da uno studio effettuato da Crea Sanita nel 2015 (*)  risulta che su 4 realtà regionali esaminate (Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Basilicata), gli scarti tra ricavo teoricamente attribuibile e ricavi effettivi appaiono “decisamente rilevanti”, con entrate aggiuntive da parte della regione che si colloca tra il 10 e il 30 per cento, con effetti in termini di incentivi alla ricerca della efficienza gestionale. Inoltre, attraverso il finanziamento per funzioni, è possibile orientare anche le politiche delle Asl per le attività sul territorio.
 
4) Scelta di sovra finanziamento dei drg non remunerativi a carico del bilancio regionale (si pensi ai costi della radiologia o chirurgia vascolare o cardiologica interventistica, in grado di produrre grossi risparmi, anche sociali, nel breve e lungo periodo, ma ben al di sotto della effettiva remunerazione al momento dell’atto clinico), per le sole regioni che non siano in piano di rientro, ovvero di penalizzazioni di DRG (es quelli potenzialmente inappropriati).
 
Di fatto, è da rilevare una grande differenza tra finanziamenti delle Asl e quelli delle AO/AOU, nell’un caso basati su bisogni teorici, a prescindere dalle attività realmente svolte (attribuzione di quota capitaria appunto) e nell’altro caso basati sulle attività svolte (DRG e tariffe). Se ne deve concludere che in quelle regioni nelle quali non siano a regime sistemi di monitoraggio efficaci delle attività svolte nell’ambito della medicina territoriale, soprattutto in termini di esiti, il finanziamento alle Asl viene erogato a prescindere dal controllo sulla effettiva consistenza delle attività svolte e questo può costituire una delle ragioni di non adeguato sviluppo delle attività territoriali, in quanto basato su bisogni teorici piuttosto che sul reale soddisfacimento degli stessi attraverso la verifica dei programmi svolti, con un panorama sanitario ancora certamente troppo ospedalocentrico, soprattutto se rapportato ad una popolazione ormai anziana ed afflitta da cronicità.
 
Le AO, di contro, tendono ad incrementare la produzione interna per ottenere finanziamenti maggiori e raggiungere più facilmente l’equilibrio di bilancio. Sotto questo profilo vanno trovate misure di remunerazione anche per quelle attività che attualmente ne sono sprovviste e che, viceversa, costituirebbero una importante valvola di programmazione sanitaria. Penso, in primis, alla telemedicina e alla tecnoassitenza in generale (si parla di questa problematica in una delle sessioni dell’incontro organizzato dal Ministero della Salute sulla Long term care l’11 e il 12 luglio a Roma, nel corso del quale è emerso che solo il 2,7% di anziani è assistito a domicilio), ma anche ai reparti a gestione infermieristica, ambedue strumenti di grande ausilio nei percorsi di cura delle malattie croniche.

In conclusione, di fronte alla unanime esigenza di profonda riforma di un sistema sanitario che deve contare sullo sviluppo dei percorsi sul territorio se vuole sopravvivere, un riflessione sul sistema globale di finanziamento del SSN e del SSR deve essere avviato con assoluta urgenza. 
 
Tiziana Frittelli
Vicepresidente di Federsanità
 
(*) I sistemi di finanziamento regionali delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, studio finanziato da Fiaso

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