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Venerdì 14 LUGLIO 2017
Disturbo bipolare. Messo a punto un calcolatore del rischio

Stato dell’umore e ansia, attività psicosociale complessiva ed età in cui il genitore ha avuto la prima volta il disturbo: sono questi i parametri su cui si basa un calcolatore del rischio di soffrire di disturbi dello spettro bipolare (BPSD – bipolar spectrum disorder), che potrebbe aiutare a prevedere chi è a rischio, tra i bambini che hanno una storia familiare di BPSD

(Reuters Health) – Con l’obiettivo di mettere a punto un calcolatore che prevedesse la possibilità di stimare il rischio di sviluppare il disturbo bipolare tra i figli di coloro che ne soffrivano,un team di ricercatori coordinati da Danella Hafeman, dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha analizzato i dati del Pittsburgh Bipolar Offspring Study, fatto su bambini dai 6 ai 17 anni, figli di genitori che soffrivano di disturbo bipolare di tipo I e II, reclutati tra il 2001 e il 2007 e seguiti mediamente per più di nove anni.

In totale, 412 sono stati individuati come bambini a rischio, di cui circa la metà erano femmine, con un’età media di 12 anni alla prima visita. Cinquantatré giovani, il 13%, hanno sviluppato BPSD durante il periodo di follow-up, a un’età media di 14 anni, inclusi 18 con disturbo bipolare I o II. Questi partecipanti hanno totalizzato 1.058 visite, di cui 104, circa il 10%, precedevano l’inizio della BPSD, mentre 66 visite, il 6,3%, sono state seguite dal passaggio a disturbo bipolare entro cinque anni. “Il calcolatore – dice Hafeman– funziona bene con il campione da noi considerato, mentre con un altro si adatta. In futuro, però, si potrebbe verificare se l’aggiunta di altri fattori predittivi, come la razza, riesca a migliorare il modello”.

Come funziona il modello
Lo strumento fa un calcolo del rischio tra 0 e 100%. Un medico, dunque, “potrà decidere di monitorare sia un bambino con rischio di conversione del 60%, sia uno con rischio 5%”, ha sottolineato la ricercatrice americana. Inoltre, il calcolatore potrebbe aiutare a valutare l’impatto dei diversi farmaci su chi è a rischio e se gli stabilizzatori dell’umore, o gli antidepressivi, influenzano il rischio di conversione. Secondo Myrna Weissmann, epidemiologa del Columbia University Medical Center di New York, lo studio è “molto interessante” perché considera una malattia psichiatrica a livello di patologie cardiovascolari o di alcuni tumori.

“Credo che il passo successivo sia monitorare elettronicamente alcuni fattori di rischio come il sonno e i momenti di attività”. Così si potrebbe individuare precocemente la malattia, migliorando i risultati del trattamento, ha sottolineato l’esperta, che non era coinvolta nello studio.

Fonte: JAMA Psychiatry

Marilynn Larkin

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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