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Martedì 01 AGOSTO 2017
Concorso straordinario farmacie. Il problema delle associazioni professionali risultate vincitrici

Queste associazioni hanno avuto e avranno un gran da farsi a regolarizzarsi in società di persone disciplinate dal codice civile sotto la forma di Snc ovvero di Sas. Questa determinazione ha prodotto sino ad oggi non pochi problemi, i più superati solo in ragione di non decadere dall'opportunità concorsuale, proprio per questo per nulla assopiti e in quanto tali pronti a generare prossimi verosimili contenziosi, dagli esiti comunque tragici. 

Le associazioni professionali, risultate "vincitrici" di sedi farmaceutiche ad esito dei concorsi straordinari di cui al all'art.11 del D.L. 1/2012, conclusi all'incirca ovunque, hanno avuto e avranno un gran da farsi a regolarizzarsi in società di persone disciplinate dal codice civile sotto la forma di Snc ovvero di Sas. Un istituto, quello della regolarizzazione, che trova cittadinanza giuridica solo in presenza di società di fatto, che rintraccia la sua disciplina in quella della società semplice, e non già di associazione professionale, regolata dagli artt. 36 e seguenti del Codice civile.
 
Associazioni di professionisti o società di fatto, questo è il problema
Una società di fatto che d'altronde appare evidente a seguito dell'intesa perfezionata, per lo più verbalmente, dai concorrenti, che hanno optato per la partecipazione in formazione multipla, dal momento che hanno dimostrato, attraverso il loro univoco comportamento, la volontà inequivocabile di costruire tra loro un rapporto sociale paritetico, per come peraltro indicato dalla lex specialis di riferimento che attribuisce ai partecipati associati la distribuzione delle quote «societarie» in entità paritaria. Un rapporto che andava tutt'al più regolato minuziosamente in forma scritta, quasi a titolo di preliminare di una costituenda società speziale cui ricondurre la titolarità/proprietà della sede farmaceutica eventualmente aggiudicata al concorso e nel quale condividere quantomeno le scelte direzionali, il finanziamento necessario e il funzionamento a regime dell'esercizio farmaceutico, magari scandite nelle diverse ipotesi sul tappeto. Step obbligatori, atteso il fatto che l'iniziativa è da considerarsi caratterizzata ab initio dal perseguimento dello scopo di lucro, condiviso dall'affectio societatis, da soddisfare mediante la creazione di un fondo comune.

L'assenza di cautele contrattuali
Il non avere agito in tale senso ha determinato problemi di costituzione societaria, nel senso di individuare la forma prescelta, dalla quale dipendono la prefigurazione o meno di veri e propri amministratori e di capitale sociale (inesistenti nella società in nome collettivo così come di contro previsti in quella in accomandita semplice), e organizzativi. Opzioni non di poco conto, dalle quali, se non risolte prima ovvero liberamente accettate sin dall'esordio all'unanimità dei consensi, dipenderà la qualità del lavoro, il rapporto sociale e finanche la tranquilla esistenza della compagine, in difetto della quale è sanzionata la decadenza, con conseguente perdita della chance offerta dalla particolare disciplina e dei capitali ivi investiti.

 
Un legislatore infelice e un contributo ministeriale difficile da accettare
Quanto successo, ovverosia di aver inopportunamente sconsigliato il ricorso alle anzidette precauzioni, è stato causato da una lettera infelice della norma divenuta tale perché traduttrice di una non chiara ratio legislativa, di attribuire ai gruppi di farmacisti partecipanti una titolarità pro quota, indivisa e indisponibile, della sede farmaceutica, se non trascorsi i dieci anni dal suo conseguimento. E ancora. A tutto questo bailamme ha contribuito l'inappropriato contributo della prassi amministrativa che ha reso la fattispecie, contemplata dal D.L 1/2012, convertito nella L. 27/2012/, francamente debole sul piano interpretativo.
 
Ciò è avvenuto a seguito della nota dell'ufficio legislativo del Ministero della Salute n. 9007 del 23 novembre 2012 con la quale è stato affermato che la costituita società di farmacisti «rileverà unicamente ai fini della gestione, perché la titolarità resta ..........(omissis), congiuntamente, in capo ai soci, in deroga alla fattispecie prevista dell'articolo 7 della legge n. 362/1991». Un'interpretazione che lascia il tempo che trova sia sotto il profilo civilistico e fiscale, dal momento che sottrae alla società speziale la proprietà/titolarità dell'esercizio farmaceutico - peraltro produttiva dell'indennità di avviamento commerciale contemplata dalla disciplina specifica (art. 110 TULS 1034) - insita e inscindibile dal titolo concessorio, che su quello pubblicistico, perché allo stato non è dato conoscere nell'ordinamento titolarità di concessioni (tale è quella che autorizza l'attività delle farmacie pubbliche e private) riconosciute a concessionari esercenti in regime di comunione.

 
Problemi di ieri e di oggi, in attesa del legislatore e, per altri versi, del Giudice
Una siffatta determinazione ha prodotto sino ad oggi non pochi problemi, i più superati solo in ragione di non decadere dall'opportunità concorsuale, proprio per questo per nulla assopiti e in quanto tali pronti a generare prossimi verosimili contenziosi, dagli esiti comunque tragici.

Non solo. Bene che vada, determineranno disagi notevoli di convivenza per lo più rimediabili: a) radicalmente, in presenza dell'approvazione della legge c.d. anticoncorrenza, che ridurrà il termine utile a tre anni, più sopportabili in presenza di litigiosità irreparabile rispetto ai dieci anni previsti dalla ancora vigente disciplina istitutiva; b) attraverso forme contrattuali sociali minuziosamente regolamentative della vita societaria in senso lato e dell'organizzazione del lavoro stricto sensu nonché delle sanzioni liquidatorie a carico di chi si proporrà causa di decadenza in favore degli altri soci, sempreché abbondantemente garantite da apposite fideiussioni bancarie supportate dalla preventiva escussione a cura dei creditori conseguenti.
 
Prof. Avv. Ettore Jorio
Università della Calabria

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