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Giovedì 03 AGOSTO 2017
Contenzioso medico-legale. Vergallo (Aaroi-Emac): “Problema aggravato da legge Gelli”

Grazie a questa pasticciata Legge l’Ente deve recapitare a medici suoi dipendenti una comunicazione che li informa che nei confronti dell’Ente stesso è stata avviata una richiesta o un’azione di risarcimento, chiamandoli per iniziativa del medesimo Ente a prender parte alle “trattative stragiudiziali con il danneggiato”. Una follia che dimostra quanto il pressappochismo del Legislatore possa dimostrarsi catastrofico nei confronti di professionisti.

L’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, fino alla Legge “Gelli”, tutta la responsabilità professionale sanitaria rientrava nell’alveo della c.d. “responsabilità contrattuale”, ha fatto sì che molto spesso il paziente presunto danneggiato da malpractice agisse civilmente esclusivamente nei confronti dell’Azienda (Pubblica o Privata) presso la quale aveva fruito di una prestazione sanitaria, o più raramente chiamando in causa, “solidarmente”, anche il medico da essa dipendente che lo aveva curato.
 
L’Azienda, a sua volta, in molti casi affrontava il giudizio o transava extra-giudizialmente senza che i medici dipendenti coinvolti a vario titolo nelle cure ne sapessero nulla, salvo poi, spesso a distanza di molti anni, ritrovarsi a rispondere personalmente alla Corte dei Conti delle somme pagate dalla propria Azienda a titolo di risarcimento del danno.
 
Su questa iniqua criticità, la Legge Gelli 24/2017 è intervenuta con l’art.13 (rubricato: “Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità”) (*), che si sta rivelando, in concreto, una soluzione di gran lunga peggiore rispetto al problema in ambito civilistico, con riflessi inevitabili e di poco meno devastanti anche in quello penalistico.

Tradotto dal giuridichese, questo significa che oggi, “grazie” a questa pasticciata Legge, l’Ente deve recapitare formalmente a medici suoi dipendenti una comunicazione che li informa che nei confronti dell’Ente stesso (anche quando i medici stessi non sono stati chiamati in causa dal presunto danneggiato!) è stata avviata una richiesta o un’azione di risarcimento, chiamandoli per iniziativa del medesimo Ente a prender parte alle “trattative stragiudiziali con il danneggiato”.
 
Una follia che dimostra quanto il pressappochismo del Legislatore possa dimostrarsi catastrofico nei confronti di professionisti la cui “colpa” è sostanzialmente quella costituita dall’onore e dell’onere di garantire la salute dei cittadini. Qui – peraltro – si prende in esame la situazione dei medici, ma ricordiamo che la nuova legge riguarda tutti i professionisti sanitari.
 
Sull’iniquità costituita dall’assenza di informazione ai medici coinvolti nelle cure al riguardo di azioni giudiziali o di transazioni stragiudiziali di cui l’Azienda si faceva carico anche a nome e per conto degli stessi, salvo scaricarne su di loro tutto il peso non solo economico attraverso la contestuale segnalazione alla Corte dei Conti per ipotesi di colpa grave abbiamo speso, negli anni, fiumi di richieste di intervento legislativo, suggerendo che tale ingiustizia fosse risolta semplicemente prevedendo l’obbligo, per l’Azienda, di informare di tali situazioni soltanto i medici concretamente coinvolti nel singolo caso, non certo l’universo mondo dei medici suoi dipendenti che a vario titolo risultavano, magari, solo presenti in servizio durante la degenza del paziente in Ospedale.

Perché questo è esattamente uno dei più sconcertanti risultati concreti della Legge 24/2017: una valanga di comunicazioni inviate acriticamente dalle Aziende, per ogni singolo caso di presunta malpractice, ad una moltitudine di medici che risulteranno, alla fine, estranei a qualunque ipotesi di colpa. Una valanga montante, che sta moltiplicando a dismisura le comunicazioni, già spropositatamente incongrue, che fino a ieri hanno già vergognosamente intasato la giustizia in ambito sanitario.

Grazie alla nuova legge, per questi motivi, il girone infernale nel quale i medici si trovano oggi a lavorare è divenuto ancor più ingiustamente ed intollerabilmente punitivo.
 
Non si possono nascondere, infine, le conseguenze anche assicurative dei problemi sin qui evidenziati, perché gli esiti applicativi della Legge “Gelli” non fanno altro che confermare, di fatto, almeno per i medici, l’inadeguatezza di tutte le polizze di “Colpa Grave”, alla cui reale utilità, a differenza di molti altri, non abbiamo mai creduto. Le ragioni sono principalmente tre.
 
La prima: nel caso delle comunicazioni di cui all’art.13 della Legge “Gelli”, per il medico che ha ricevuto l’informazione dell’apertura delle trattative con il danneggiato o della notifica del riscorso, è evidente che quel fatto si trasforma in un “fatto noto”.
 
La seconda: un “fatto noto” che, in quanto tale, non coperto dalla polizza assicurativa di sola “colpa grave”, lascia il medico che abbia una polizza assicurativa limitata ad essa ad affrontare ogni vicenda processuale che lo riguardi – avanti al Tribunale Civile o Penale - assolutamente da solo.
 
La terza: la sentenza N. 26659 del 18/12/2014 emanata dalla Corte di Cassazione – Sezioni Unite, ha stabilito il principio (che la nuova legge lascia inalterato) secondo il quale “L’azione di responsabilità contabile nei confronti dei sanitari dipendenti di una azienda sanitaria non è sostitutiva delle ordinarie azioni civilistiche di responsabilità nei rapporti tra amministrazione e soggetti danneggiati, sicché, quando sia proposta da una azienda sanitaria domanda di manleva nei confronti dei propri medici, non sorge una questione di riparto tra giudice ordinario e contabile, attesa l’autonomia e non coincidenza delle due giurisdizioni”.
 
In conclusione, l’art. 13 della Legge “Gelli” va riformulato, a garanzia sia dei professionisti, sia dei cittadini, sia delle strutture sanitarie, oltre che per non compromettere l’efficienza e l’efficacia di funzionamento della giustizia, e per non aumentare a dismisura i relativi costi che gravano, oltre che sui singoli malcapitati, anche sulle pubbliche finanze.
 
Alessandro Vergallo
Presidente Nazionale AAROI-EMAC

 
* Art. 13 Legge 24/2017 “Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità” – 1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7, comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci giorni comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardività o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l'ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9”.  

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