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Martedì 19 SETTEMBRE 2017
I medici di continuità assistenziale e la macabra lotteria quotidiana sulla sicurezza



Gentile Direttore,
andare a lavoro. Facendosi il segno della croce. Pregare che “stasera non tocchi a me”. Fare il medico di Continuità Assistenziale oggi è questo, perché in una città buia, deserta, in una sede isolata, tu puoi urlare chiedere aiuto quanto ti pare, ma sei una preda facile, disarmata, che tu sia un uomo o una donna.

E allora hai voglia a dire quanto è bello prendersi cura del malato, quanto è bello il contatto col paziente sul territorio, quando poi un finto paziente entra nel tuo ambulatorio, e ti lede nella tua intimità e nella tua dignità per sempre.

La collega di Catania è soltanto una vittima annunciata, l'ultima di una roulette russa, di una macabra lotteria a cui si sottopongono i Medici di Continuità Assistenziale ogni volta che si ritrovano soli con il la loro borsa e il loro fonendoscopio e 12 ore di “chissà che mi capita stasera”.

Non si può più assistere ad aggressioni verbali, a violenze fisiche, a stupri, omicidi, non si possono più affiggere targhe commemorative. Non c'è più spazio per le targhe, noi medici vogliamo solo lavorare e tornare a casa sereni, dai nostri figli, dai nostri genitori, dai nostri amici, vogliamo sorridere prima e dopo un turno di guardia medica, vogliamo solo fare onestamente quello per cui abbiamo studiato e ci siamo formati per anni.
La nostra è una missione sì, ma non di guerra.

Protezione ai medici in ogni sede, ambienti sicuri e confortevoli, soprattutto per i pazienti. È chiedere troppo?

Forse bisognerebbe fermarsi un attimo, anche una sola notte, creare disagio, creare disservizio, per far sentire la voce ancora troppo debole di una intera categoria.

Se si è in grado di scioperare per la perdita di indennizzi economici, sì può farlo anche e soprattutto per difendere la nostra dignità da aggressioni, stupri, violenze, assassini, o forse la vita vale meno di un compenso economico?

Muoversi ora, muoversi subito, smetterla con “tanto a me non succede”, perché altrimenti la collega di Catania sarà solo un nome su una lista destinata ad aggiornarsi.

Saverio Cramarossa
Medico di Medicina Generale

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