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Giovedì 21 SETTEMBRE 2017
Alzheimer. Più coinvolgimento per il terapista occupazionale



Gentile direttore,
oggi, si celebra la Giornata Mondiale Alzheimer. Solo in Italia si contano 600 mila persone con Alzheimer che a causa dell'invecchiamento della popolazione sono destinati ad aumentare. Il Terapista Occupazionale trova il suo spazio nella normativa Italiana tra le azioni individuate nel Piano Nazionale delle Demenze (2014): “... la messa in rete delle professionalità necessarie all' approccio multidisciplinare e multidimensionale, garantendo la disponibilità delle figure professionali indispensabili” tra le quali appunto il terapista occupazionale.

Le evidenze scientifiche europee e non solo mostrano l’importanza del Terapista Occupazionale nell’equipe che si prende cura della persona con Alzheimer e del suo familiare.

Il terapista occupazionale, ad esempio, può: osservare la persona a casa e consigliare adattamenti nelle attività quotidiane per renderle più semplice, educare alle migliori strategie comunicative, agevolare la modifica della routine esistenti, valutare la sicurezza domestica e eventualmente consigliare ausili tecnologici o no appropriati al raggiungimento di una maggiore qualità di vita.

Graff et al. (2006) hanno mostrato che la terapia occupazionale migliora la funzionalità nel quotidiano dei pazienti affetti da demenza lieve e moderata e riduce l'onere assistenziale per il caregiver, nonostante la limitata capacità di apprendimento dei pazienti. Effetti positivi sono ancora presenti a 12 settimane, il che giustifica l'attuazione di questo intervento. Legg et al. (2007) scrivono che la terapia occupazionale può aiutare a migliorare la capacità delle persone con pazienti affetti da demenza di svolgere le attività quotidiane e può anche ridurre la pressione suI loro caregivers (Legg, 2007).

Lo studio randomizzato controllato del 2007 (Graff), svolto in Olanda, ha evidenziato gli effetti della terapia occupazionale sulla qualità della vita, l'umore e lo stato di salute nei pazienti con demenza. Il gruppo di intervento ha riportato miglioramenti significativi nella qualità di vita dei caregiver. Anche i punteggi delle altre valutazioni (umore, stato di salute) hanno riportato un notevole miglioramento, che si è confermato anche nell’ultima valutazione, a 12 settimane dal trattamento. Inoltre questo studio ha mostrato un rapporto costo- efficacia favorevole per questo tipo di intervento rispetto all’assistenza normale che viene praticata. Il trattamento, COTID (Comunity Occupational Therapy In Dementia) , prevede 10 sedute domiciliari, due volte a settimana per cinque settimane, rivolte sia alla persona con Alzheimer che al suo caregiver.

Nel 2009 è stato sperimentato con un trial randomizzato il Tailored Activity Program (TAP), un programma di intervento domiciliare basato sulla terapia occupazionale che si è mostrato in grado di ridurre i sintomi comportamentali e l'onere per il caregiver. Il programma comporta un massimo di otto sedute, sei domiciliari e due chiamate telefoniche brevi, fornite da terapisti occupazionali in un periodo di 4 mesi. I caregivers hanno aumentato la propria fiducia utilizzando attività, hanno constatato di avere meno rabbia e sintomi comportamentali (86%), hanno migliorato le competenze (93%) e il controllo personale (95%). Sono stati osservati maggiore impegno (100%) e piacere (98%) nei soggetti con demenza durante le sessioni (Gitlin e Winter, 2009).
Gli interventi che impegnano congiuntamente, con formazione domiciliare, le persone con malattia di Alzheimer ed i loro caregiver sono più efficaci delle strategie che si concentrano esclusivamente sulle persone con AD. Maggiori risultati si ottengono quando, durante le sedute, il caregiver identifica le proprie preoccupazioni e i propri bisogni (Thinnes e Padilla, 2011)

Altro Programma dovuto alle ricerche di una Terapista Occupazionale, Moyra Jones, è il Gentlecare. Nato in Canada e da li diffuso negli Stati Uniti e in Europa, questo trattamento prevede un “aproccio protesico”: la costruzione intorno alla persona con demenza di un ambiente configurato attorno alla persona che ne permetta quanto più possibile di mantenere, anche in una residenza protetta, le proprie autonomie e ridurre al minimo le situazioni di stress, le fonti di agitazione, ansia, aggressività, etc.

Sono in corso in Italia e continuano nel resto d’Europa e nel Mondo le ricerche utili a trovare strategie vincenti per la promozione della salute e il raggiungimento della maggior qualità di vita delle persone con Alzheimer e i loro familiari che permettano di mantenere il più a lungo possibile il proprio ruolo nel loro ambiente quotidiano, e una via utile è sicuramente l’integrazione nell’Equipe valutative e riabilitative di tutte le figure professionali con competenze specifiche.

AITO auspica dunque un maggior coinvolgimento della figura del Terapista Occupazionale e rinnova la propria disponibilità a collaborare con società e progetti mirati allo studio e alla divulgazione di buone prassi e invita quanti vogliano saperne di più riguardo la terapia occupazionale a contattare l’Associazione Italiana dei terapisti occupazionali (segreteria@aito.it o www.aito.it).
 
Associazione Italiana dei terapisti occupazionali

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