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Giovedì 29 SETTEMBRE 2011
Una tecnica microchirurgica contro l’ipertensione resistente

La denervazione renale era già stata proposta negli anni ’20, ma oggi è possibile praticarla in sicurezza con gli strumenti della microchirurgia, agendo sulle fibre nervose del sistema simpatico presenti nel rene e ottenendo una riduzione dei valori della pressione arteriosa. “Occorre rivedere i Pdta per la cura dell’ipertensione – sottolinea Antonio Tomassini – visto che oggi l’Italia è agli ultimi posti in Europa per l’utilizzo di questa procedura, a causa delle problematiche di accesso alla terapia”.

Nel mondo ci sono almeno un miliardo di persone che soffre di ipertensione e a questa patologia sono attribuibili il 13,6% dei decessi. In Italia gli ipertesi sono oggi 15 milioni e la metà di loro hanno più di 65 anni.
Per combattere l’ipertensione gli strumenti sono soprattutto la pratica di uno stile di vita sano, una corrretta alimentazione e l’impiego di farmaci antipertensivi. Esistono però casi di ipertensione arteriosa resistente in cui tutti questi interventi non producono risultati sufficienti. Ed è soprattutto a questi pazienti che si rivolge la denervazione renale, un intervento mininvasivo che agisce sul legame tra le fibre nervose del sistema simpatico presenti nel rene e la pressione.

Questa tecnica non farmacologica è stata illustrata ieri nel corso di una conferenza stampa presso la Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, promossa dall’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione, con il supporto non condizionante di Medtronic Italia, e i patrocini del Senato della Repubblica, della Siia (Società Italiana di Ipertensione Arteriosa), della Sin (Società Italiana di Nefrologia) e della Simg (Società Italiana di Medicina Generale).
“La nuova procedura trasferisce, in campo clinico, studi che dimostrano la centralità del rene nello sviluppo dello stato ipertensivo, attraverso una molteplicità di meccanismi – ha spiegato il professor Guido Grassi del Dipartimento di Medicina Clinica dell’Università Milano–Bicocca - Uno di questi è rappresentato dal Sistema Nervoso Simpatico (SNS), le cui fibre giungono al rene correndo lungo e all’interno delle arterie renali. Attraverso queste fibre, il sistema simpatico controlla gli stimoli che dal cervello arrivano al rene, con effetti sulla pressione. Nei casi di ipertensione arteriosa, si verifica un’ipereccitazione del sistema simpatico. La denervazione renale si propone di ridurre questa iperattività, e quindi l’ipertensione”.
L’impiego della denervazione renale si rende necessario soprattutto quando si rivelano non efficaci le terapie farmacologiche. “Secondo recenti studi condotti nel nostro paese - ha infatti dichiarato il professor Alberto Morganti, presidente della Siia, che ha inserito la denervazione renale tra i temi del suo Congresso che si apre oggi a Roma –  non più del 20-25% dei pazienti ipertesi raggiunge con il trattamento i valori di 130/80 mmHg, considerati come ottimali per la prevenzione degli eventi cardiovascolari e renali. La principale ragione di questo insufficiente controllo risiede nella difficoltà per molti pazienti di adattarsi ad una terapia che deve durare per tutta la vita e della quale si temono gli effetti collaterali. Pertanto qualunque approccio non farmacologico, che consenta di ottenere un miglior controllo della pressione arteriosa, costituisce una priorità”.
Come spiega il presidente della Simg Claudio Cricelli: “I dati disponibili mostrano che, dal 2002 al 2009, il tasso dei pazienti con ipertensione resistente è stato in costante crescita, a fronte di una maggiore attenzione e cura da parte del medico di medicina generale, che, ricordiamo, è spesso l’unica figura di riferimento per l’iperteso, anche per indicare le nuove terapie disponibili. Si tratta di pazienti anziani, con una leggera prevalenza nel sesso femminile, con un quadro patologico spesso aggravato da altri problemi, come obesità e sindrome metabolica, il cui impatto sul SSN è molto elevato: solo nel primo trimestre del 2009, ad esempio, il costo medio pro capite sostenuto per il complesso dei trattamenti é stato di circa 500 euro”.
Per valutare l’efficacia di questa tecnica è stato condotto uno studio multicentrico, prospettico, randomizzato, denominato Symplicity HTN 2 (parte di un programma di studi ancora in corso), condotto su pazienti con ipertensione resistente e pubblicato nel 2010 su Lancet, che ha dimostrato che a seguito di questa procedura si possono ottenere riduzioni medie della pressione arteriosa nell’ordine di 32 e 12 mm Hg, a 6 mesi di follow up. I dati finora raccolti inoltre mostrano una sostanziale assenza di effetti indesiderati.
“La denervazione renale rappresenta un’opzione innovativa e sicura per il trattamento dell’ipertensione refrattaria – spiega il professor Giovanni Simonetti, Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radiologia Interventistica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Universitario Tor Vergata, che ha già impiegato questa tecnica su 18 pazienti. – La procedura è molto semplice e dura circa 40 minuti. Si ricorre ad un catetere per ablazione che dall’arteria femorale arriva fino alle arterie renali; una volta che il dispositivo giunge a destinazione, dal catetere viene erogata energia a radiofrequenza a bassa potenza, finalizzata a disattivare le terminazioni del nervo simpatico, senza ledere il vaso. Anche presso il nostro dipartimento, da settembre 2010 a febbraio 2011, abbiamo compiuto un’analisi su 18 pazienti affetti da ipertensione essenziale molto alta (il valore medio era 171/102 mmHg) non controllata da terapia medica. Dopo 6 mesi di follow up, c’è stata una riduzione significativa media della pressione pari a -21/-12 mmHG, e non è stata osservata nessuna complicanza. La nostra esperienza sarà argomento di dibattito nel corso del Corso Internazionale di Procedure Endovascolari (ICEP), in programma a Roma dal 29 settembre al 1° ottobre”.
L’Italia è oggi agli ultimi posti per l’utilizzo della procedura, a causa delle problematiche di accesso alla terapia e per questo, il presidente della Commissione Igiene Sanità del Senato Antonio Tomassini ha garantito che si adopererà per superare gli ostacoli. “Oggi il Ssn relega la tecnica all’arbitrarietà e alla disponibilità momentanea dei già risicati budget sanitari – ha detto il senatore Tomassini – La situazione in altri stati europei è ben diversa: la Germania e l’Inghilterra, ma anche la Spagna e il Portogallo, hanno colto le opportunità legate all’introduzione della procedura”. Gli interventi potrebbero riguardare sia l’inserimento di questa procedura nei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PTDA) per la cura dell’ipertensione arteriosa resistente, sia la sua definizione in un Drg dedicato.

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