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Martedì 17 OTTOBRE 2017
Toscana. Corte dei conti: condannato per danno erariale medico che lavorava mentre svolgeva il corso di formazione in medicina generale

Il medico aveva ottenuto la borsa di studio triennale in medicina generale. Successivi controlli della Guardia di Finanza hanno però rivelato che durante il corso aveva svolto regolare attività professionale ritenuta incompatibile perché non consente di assolvere correttamente agli obblighi formativi. LA SENTENZA:

Il medico che è ammesso al corso triennale per medici di medicina generale e quindi percepisce la relativa borsa di studio, se svolge attività non previste dalla normativa di riferimento determina danno erariale.

Lo ha stabilito la Corte dei conti, sezione Toscana, condannando un medico che aveva percepito  la borsa di studio di 29.008,80 euro e aveva anche sottoscritto la dichiarazione di essere a conoscenza della normativa che stabilisce  quali attività lavorative sono consentite durante il corso.

La Guardia di Finanza però ha accertato che durante il corso il medico aveva svolto regolare attività professionale incompatibile e, quindi, la Procura lo ha citato per danno erariale per aver indebitamente percepito contributi pubblici perché non assolve correttamente gli obblighi formativi indipendentemente dal dato formale del conseguimento del titolo finale.

Il medico invece affermava la legittimità delle attività svolte perché “la menzione delle attività consentite  rivestiva mero carattere esemplificativo” e aggiungeva che non era stato determinato alcun danno erariale alla Pubblica amministrazione avendo partecipato con profitto al corso di formazione, conseguendo il relativo titolo.

Secondo la Corte dei conti toscana però “la fattispecie oggetto del presente giudizio attiene l’indebita percezione da parte della convenuta di una borsa di studio per l’ammissione e la frequenza di un corso di formazione in medicina generale per il triennio 2004-2006 e la relativa responsabilità è stata affermata, a titolo di dolo, per avere la sanitaria tenuto una condotta antigiuridica consistita nel contestuale svolgimento di attività libero-professionale vietato ai sensi del quadro normativo di riferimento”
 
Riguardo alla borse di studio ha sottolineato che “il beneficio in questione ha la finalità di consentire al tirocinante di partecipare pienamente al corso di studi senza la preoccupazione di dover reperire altra forma economica di sostentamento, finalità (istituzionale) frustrata nell’ipotesi di svolgimento, da parte del soggetto beneficiario, di altra attività remunerata in violazione dell’obbligo di esclusività”.

E quindi: “La responsabilità, nella specie, deriva dall’aver determinato un danno erariale conseguente allo sviamento delle risorse pubbliche relative alla borsa di studio, danno da imputare a titolo risarcitorio alla dottoressa, la quale, agendo in violazione della suddetta incompatibilità richiamata, si è posta nella condizione di non poter trarre dal corso di formazione tutte le utilità altrimenti ritraibili, avendo svolto una intensa attività medica parallela non consentita dalla legge, siccome emerso dalle attività investigative espletate dalla Guardia di Finanza ed indicate nella relazione presente nel fascicolo di causa”.

La condotta risulta connotata da dolo, a causa della chiara consapevolezza e volontà di violare gli obblighi connessi alla partecipazione al corso di formazione, vista la dichiarazione resa in ordine alla situazione di incompatibilità, senza fornire in seguito alcuna comunicazione in merito (serbando, quindi, un censurabile silenzio) ed essendo ben noto il regime delle incompatibilità gravanti sul medico corsista (nota del 17 dicembre 2003 del Ministero della Salute).

Dalla condotta del medico secondo la Corte è derivato, “con chiara evidenza di nesso di causalità”, il danno erariale: la ratio della normativa di riferimento è quella di far concentrare il medico tirocinante unicamente sul corso, per raggiungere le finalità - di interesse pubblico - di una migliore formazione, lasciando solo un eccezionale ambito di attività ritenute compatibili. Quindi “la violazione della stessa normativa determina uno sviamento delle risorse pubbliche impiegate con il conseguente pregiudizio erariale”. 

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