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Giovedì 19 OTTOBRE 2017
Il S. Croce di Cuneo primo in Italia nell’utilizzo di un farmaco antipiastrinico

E’ il Cangrelor, impiegato con successo presso il dipartimento Emergenza e Aree Critiche. La terapia è stata somministrata nei giorni scorsi a un paziente, già dimesso. Le conclusioni e i suggerimenti pratici saranno pubblicati su un’importante rivista statunitense. Altro obiettivo: istituire un registro multicentrico nazionale con il coinvolgimento di 40 centri coordinati da Cuneo.

Ogni anno 150 mila italiani vengono sottoposti ad angioplastica, cioè al posizionamento di uno stent nell’arteria coronaria che richiede, per funzionare bene, l’assunzione a vita di una ‘doppia’ terapia antiaggregante utile a evitare la chiusura delle arterie del cuore trattate con stent. Con un problema rilevante: in caso di secondi interventi chirurgici l’eventuale sospensione della terapia antiaggregante per evitare il cosiddetto ‘sanguinamento chirurgico’ può portare ad infarto. Oggi è possibile utilizzare un nuovo farmaco antiaggregante piastrinico ad uso endovenoso denominato Cangrelor. Questo medicinale è stato utilizzato per la prima volta in Italia presso il Dipartimento Emergenza e Aree critiche dell’azienda ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo in un paziente già trattato con angioplastica coronarica che doveva essere sottoposto a un delicato intervento di chirurgia toracica.

“Il farmaco di ultimissima generazione e disponibile attualmente solo presso l’ospedale cittadino è un potente inibitore delle piastrine con un effetto reversibile”, spiega l’Ao in una nota. “Il farmaco è ideale per essere impiegato transitoriamente al posto di un antiaggregante orale prima di un intervento chirurgico in un paziente già sottoposto ad angioplastica coronarica”.
 
“Il 10% della popolazione italiana adulta – spiega il direttore della Cardiologia del S. Croce e presidente GISE, Giuseppe Musumeci – è cardiopatica e, tra questi, circa 150 mila (1500 in provincia di Cuneo) subiscono un intervento di angioplastica coronarica, ovvero il posizionamento all’interno di un’arteria coronarica di uno stent, una sorta di ‘mollettina’ metallica di acciaio chirurgico rivestito di farmaci, utile a tenere aperta l’arteria coronaria. La funzionalità è garantita dall’assunzione a vita di una terapia con farmaci antiaggreganti, in particolare con l’aspirina, e di un secondo antiaggregante che evita la chiusura della mollettina a causa della formazione di trombi: un rischio piuttosto elevato nel corso del primo anno”.

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