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Lunedì 03 OTTOBRE 2011
Si apre il congresso Fimmg. Milillo: “Per le cure primarie sarà 'ri-fondazione'”

Si è aperto oggi a Villasimius il 66° Congresso Fimmg Metis. In questa intervista a Quotidiano Sanità, il segretario Giacomo Milillo anticipa i temi in discussione, senza nascondere la soddisfazione per l’avvio della riforma dell’articolo 8, che dovrebbe cambiare le regole della medicina convenzionata e che, spiega, "accoglie i principi delle nostre proposte per una vera rifondazione delle cure primarie".

“La medicina generale nel terzo millennio”. È questo il titolo, certamente di ampio respiro, del 66° Congresso nazionale Fimmg Metis, che si è aperto questa mattina al Tanka Village di Villasimius, in Sardegna. Il programma prevede workshop e corsi di aggiornamento scientifico e professioanale, oltre ovviamente alla  discussione sulle tematiche sindacali, a cominciare dalla proposta di riforma delle cure primarie presentata lo scorso 26 settembre in un incontro al ministero della Salute con Regioni e sindacati.
Per giovedì 6 ottobre, giorno in cui il segretario nazionale Giacomo Milillo terrà la sua relazione, è prevista la partecipazione del ministro della Salute Ferruccio Fazio e , in videoconferenza, del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi.
Nell’intervista rilasciata a Quotidiano Sanità, Giacomo Milillo anticipa i temi della sua relazione  e dell’intero Congresso.

Dottor Milillo, cosa si spetta da questo Congresso?
Mi aspetto un clima positivo. Sicuramente ci sono i gravi problemi posti dalla crisi e dalla manovra economica, che sono pesanti. Ma proprio i momenti di crisi possono dare l’opportunità al cambiamento, e noi della Fimmg siamo stati i primi a prospettare la via del cambiamento con il progetto della ri-fondazione della Medicina Generale. Per questo apriamo il Congresso con un messaggio di speranza, che comincia dal titolo, e anche portando qualche risultato, non definitivo, ma importante.
Sta parlando, immagino, dell’avvio del percorso per riformare l’articolo 8 del decreto 502, quello che è alla base della medicina convenzionata. E soddisfatto dell’incontro avuto al ministero della Salute lo scorso 26 settembre?
Si è aperto il confronto tra sindacati e Regioni con la mediazione del ministero e ora si profila un cambiamento. Se le conclusioni raggiunte dal tavolo tecnico vengono confermate dal livello politico, vengono riconosciuti sostanzialmente i principi di quella che noi abbiamo chiamato la ri-fondazione della Medicina Generale: si afferma l’accesso e il ruolo unico; si afferma il lavoro di squadra; è riconosciuta la ristrutturazione del compenso, con il riconoscimento dei costi sostenuti per i fattori di produzione; è cancellata l’ipotesi della dipendenza.
Ci sono poi altre indicazioni che riguardano la Convenzione e che stabiliscono che gli accordi nazionali, regionali e aziendali debbano autoregolamentarsi in modo da non sovrapporsi.
Vuol dire che gli Accordi nazionali saranno più “leggeri”?
Gli Accordi nazionali possono essere più snelli, nella misura in cui quelli regionali non cambiano ciò che è stato  stabilito dal nazionale e allo stesso modo quelli aziendali non cambiano quello che è stabilito a livello nazionale e regionale.
Questo non rischia di aumentare le differenze tra realtà regionali?
Le differenze ci saranno sempre, ma questo purtroppo non dipende da noi. Noi cerchiamo di definire delle costanti nazionali che riguardano la professione, l’esercizio e la professionalità della MG. Ma l’organizzazione è demandata alle Regioni nel riconoscimento delle autonomie regionali.
Le scelte compiute in Lombardia, però, hanno suscitato le proteste di una parte dei medici.
Affronterò questo argomento nella mia relazione di giovedì. Credo che nelle sperimentazioni che si stanno facendo in Lombardia si debba cogliere un’attenzione e un tentativo di gestire il problema della cronicità, da seguire e da approfondire. Anche se non tiene conto dell’approccio olistico, che secondo noi non è una questione ideologica ma anche una questione pratica e di gestione, che caratterizza la MG. Per questo non consideriamo i Creg come un punto di arrivo, ma come un punto di partenza.
Come si dovrebbe affrontare il problema posto dall’aumento dei malati cronici?
Non esistono le malattie croniche, esistono i malati cronici: è necessario che le risposte date  a ciascun malato cronico siano sartorializzate per avere il massimo dell’efficienza e dell’efficacia. Frammentarli significa riproporre modelli già sperimentati negli ospedali: non crediamo sia un approccio perfetto, ma comunque è una strada che cerca di dare una risposta al problema.
Il bisogno sanitario posto dalla cronicità impone una risposta ad alta complessità. Questa situazione non richiede necessariamente la creazione di strutture territoriali multi professionali?
Non è un percorso obbligatorio, ed è quello che stanno verificando tutte le Regioni, compresa la Toscana e l’Emilia Romagna che delle “Case” avevano fatto un punto prioritario. Sicuramente l’unicità delle mura, siano UCCP, Case della Salute o Utap, è un elemento facilitatore per l’approccio multi professionale e integrato, ma non può essere realizzato ovunque. E soprattutto non può essere realizzato immediatamente ovunque. Per questo noi pensiamo che si possa procedere nella stessa direzione anche senza le mura, ma con una rete.
La rete “virtuale” sembra una proposta molto evanescente.
Non si può lasciarla indefinita: la rete deve essere impegnata e misurata in obiettivi di assistenza. E esperimenti in questo senso esistono in diversi punti del Paese: in Basilicata, in Toscana, a Ferrara.
Il cambiamento dell’assistenza territoriale richiede anche investimenti. Per sostenere i medici in questo percorso voi proponete i Confidi, ovvero una sorta di credito agevolato per i professionisti. Questo vuol dire che i medici dovranno esporsi in proprio?
L’investimento per il cambiamento può essere aiutato dai Confidi, ma il medico non si dovrà esporre a proprio rischio: il sistema dei Confidi, infatti, costituirà una fonte di finanziamento a fronte di un impegno delle Regioni ad affidare ai medici compiti specifici. In sostanza, il medico anticiperà gli investimenti attraverso il sistema dei Confidi, ma i fattori di produzione dovranno comunque essere a carico del servizio sanitario in forma di spesa corrente.
Tra i problemi di questo ultimo anno, c’è stato quello dei certificati di malattia elettronici. È un problema risolto?
Non credo sia ancora completamente risolto, perché c’è ancora una parte di lavoro da fare sia da parte dell’istituzione che da parte dei medici. Però contemporaneamente alla cancellazione pratica del sanziona mento, con l’ultima circolare Brunetta, è cambiata completamente l’atmosfera. Il sistema funziona meglio e molti medici stanno verificando che il certificato on line può essere più comodo di quello fatto manualmente. Ma il cartaceo non è completamente eliminabile.
E.A.

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