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Giovedì 26 OTTOBRE 2017
Veneto. Salute mentale, Assistenti sociali: “Sì a un’unica unità operativa per età evolutiva e neuropsichiatria infantile”

La presidente degli Assistenti Sociali veneti, Mirella Zambello, replica alle dichiarazioni della Sinpia, Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza. “A differenza di quanto riportato, la nostra posizione è molto diversa da quella della società che rappresenta gli neuropsichiatri infantili. Per noi la proposta va nella direzione di mantenere l’integrazione tra sociale e sanitario, peculiarità positiva del modello veneto”.

“Una peculiarità positiva del modello veneto è rappresentata dall’integrazione tra sociale e sanitario: va in questa direzione la proposta di mantenere unificati i servizi di età evolutiva e di neuropsichiatria infantile, prevedendo un’unica unità operativa in ambito distrettuale. Una proposta che ci vede alleati all’Ordine degli psicologi e all’associazione degli educatori professionali e che è stata pienamente condivisa all’interno del tavolo del Welfare per i minori”.
 
Così Mirella Zambello, Presidente del Consiglio Regionale del Veneto dell’Ordine degli Assistenti Sociali, in risposta a quanto affermato dalla Sinpia, la Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, riportato nell’articolo pubblicato lo scorso 16 ottobre.

“A differenza di quanto riportato – spiega Zambello -, la nostra posizione, espressa anche con specifiche note inviate ai direttori generali delle Ulss del Veneto e agli assessori regionali competenti, è molto diversa da quella della società che rappresenta gli neuropsichiatri infantili. Cogliamo quindi l’occasione per precisare i contenuti della nostra proposta, che prende le mosse da una visione integrata dei servizi rivolti ai minori, prevedendo una presa in carico dei bambini e ragazzi che manifestano disagio, senza però definire percorsi distinti, per non correre il rischio di stigmatizzare i ragazzi che necessitano del sostegno specialistico. Una visione che nasce da una concezione che vede come primo obiettivo dei servizi quello di accompagnare e sostenere le persone in percorsi di empowerment, di emancipazione dalla situazione di criticità: un orizzonte che non può prescindere da un’adeguata dotazione organica, perché altrimenti ci si trova costretti a seguire solo i casi di emergenza, anziché rappresentare un reale punto di riferimento per i minori e le famiglie alle prese con situazioni di fragilità”.

Una concezione, spiega la presidente degli assistenti sociali veneti, “sostenuta anche da numerose evidenze scientifiche” che “dimostrano quanto sia più vantaggioso, anche in termini di risparmio della spesa pubblica, attuare interventi sociali che rappresentino azioni preventive, prima cioè che vi siano situazioni di maggior gravità, di marginalità, di devianza. Le spese nei servizi socio-sanitari  - conclude la Presidente - non devono essere considerati costi, ma come investimenti per migliorare la qualità della vita delle persone ed i contesti sociali delle nostre comunità”.

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