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Lunedì 13 NOVEMBRE 2017
Responsabilità professionale. Andare avanti sulle linee guida



Gentile Direttore,
ho avuto modo di leggere, sulla sua Testata, alcuni interventi sulle problematiche emerse dall’istituzione di un registro delle società scientifiche o delle associazioni tecnico-scientifiche che dovranno poi elaborare specifiche linee guida.
 
Mi preme precisare che ritengo importante il tentativo degli onorevoli Gelli e Bianco di dare concretezza aveva già previsto il ministro Balduzzi, che metteva in relazione la responsabilità professionale con le linee guida.
 
Tuttavia, ritengo altrettanto fondate le perplessità sollevate, in modo puntuale dal giurista Luca Benci e credo che le difficoltà emerse possano rappresentare, comunque, una grossa opportunità per un miglioramento delle norme.
 
Sono dell’idea, però, che il punto d’incoerenza sia paradossalmente rappresentato proprio dalle linee guida (LG) e, più precisamente, dal fatto che siano considerate alla stregua di raccomandazioni di comportamento clinico finalizzato alla scelta delle modalità assistenziali più appropriate nelle specifiche situazioni e non un riferimento di natura giuridica.
 
Si tratta di un sistema nato per lo sviluppo e la divulgazione delle conoscenze scientifiche, con ramificazione ed interfacce a livello internazionale. Le LG, quindi, non possono essere vincolate a prassi o a situazioni orientate diversamente da quelle indotte dallo sviluppo scientifico e questo, penso, sia alla base dell’incongruenza non risolta.
 
Credo che vada fatto un ulteriore un salto in avanti, facendo tesoro della consapevolezza acquisita ad oggi grazie proprio a Balduzzi, Gelli e Bianco.
 
Penso che l’obiettivo debba essere quello di avere a disposizione una raccolta di raccomandazioni sulle condotte professionali da rispettate nei vari contesti, capaci di fornire le competenze “medie” di conoscenze ed abilità che il professionista deve possedere; una sorta di “dichiarazione di buona pratica circostanziata”.
 
Si tratterebbe di uno standard, da aggiornare periodicamente, che tuteli il cittadino dai possibili rischi, ma che, nel contempo, funga da riferimento a condizioni di certezza del diritto nella valutazione della responsabilità del professionista.
 
Ma come arrivare alla definizione di queste “dichiarazioni di buona pratica circostanziata?” Credo che il compito possa essere svolto egregiamente dagli Ordini, sia quelli in essere sia quelli in via di costituzione.
 
Solo un Ordine, infatti, potrebbe assicurare, in modo indipendente, le risorse necessarie per affidare a un panel di esperti il compito di definire quelle raccomandazioni ritenute idonee per uno specifico problema di salute.
 
Il tutto in base alla revisione sistematica della letteratura per identificare gli elementi necessari a definire “una buona pratica circostanziata”, valutando se, una specifica attività o procedura, possa ritenersi appropriata oppure contro indicata, fornendo le diverse combinazioni dei diversi fattori evidenziati e, soprattutto, i limiti di affidabilità della raccomandazione proposta.
 
Il gruppo di lavoro dovrebbe essere investito del compito di una revisione sistematica dell’esistente e, in presenza di nuove evidenze, proporre aggiornamenti, avendo cura di raccogliere le possibili osservazioni dei professionisti che quotidianamente affrontano lo specifico problema indicato nella raccomandazione, proponendo, poi, alle Società Scientifiche studi di approfondimento.
 
Naturalmente l’Istituto Superiore di Sanità e il Piano Nazionale delle Linee Guida manterrebbero le loro funzioni di controllo e pubblicazione dei documenti prodotti. E’ di tutta evidenza che l’approvazione del Ddl s. 1324-Bis, rappresenti una condizione “sine qua non” per questa strategia. Data la necessità di porre tutti gli esercenti professioni sanitarie nelle medesime condizioni di diritto.
 
Dott. Angelo Papa
Fisioterapista

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