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Lunedì 13 NOVEMBRE 2017
Lavoro gravosi e usuranti. Ecco perché anche altre attività lavorative non comprese negli elenchi potrebbero essere comunque riconosciute

E questo dal momento che per la esecuzione di varie prestazioni possono essere richieste in vario grado la forza muscolare, l’abilità o destrezza, la resistenza, il possesso di un equilibrio mentale ed emotivo, e la propensione alla formazione.
 


Escludendo qualsiasi confronto tra l’elenco dei “lavori gravosi” (legge 232/2016) e quello dei “lavori usuranti” ( d.lgs. 67/2011), generati dalle varie normative promulgate negli anni e collegate all’anticipazione della pensione, occorre considerare che il riconoscimento di un danno conseguente ad una determinata attività lavorativa avviene attraverso la funzione della sorveglianza sanitaria svolta dal Medico Competente ed è indipendente dall’elenco in cui è inclusa la medesima attività lavorativa.
 
Ecco perché è opportuno tener presente anche le caratteristiche fisiche e psicologiche del prestatore d’opera, senza tralasciare il fattore età, come indicato in un documento elaborato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 1979 “I lavoratori più anziani: lavoro e pensionamento”. Alla luce della normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, non è affatto facile stabilire se un lavoro non rientrante tra gli elenchi di cui sopra non produca danni simili a quelli dovuti ad attività riconosciute gravose o usuranti. Innanzitutto va considerato il rischio organizzazione del lavoro.
 
In esso sono compresi fattori condizionati dai processi di lavoro quali lavoro in turni, lavoro in continuo, lavoro notturno, sistemi efficaci di gestione e accordi per la pianificazione, il monitoraggio e il controllo degli aspetti attinenti alla salute e alla sicurezza, la manutenzione degli impianti, comprese le attrezzature di sicurezza, gli accordi adeguati per far fronte agli incidenti e alle situazioni di emergenza.
 
Tutte queste situazioni se non analizzate con attenzione possono creare una condizione lavorativa responsabile di una serie di disturbi (ad esempio sindromi gastroenteriche, o sindromi ansioso-depressive).

Un altro aspetto dell’organizzazione del lavoro è quello relativo alla gestione dei rapporti interpersonali e gerarchici, la cui mancata soluzione può essere causa oltre che di sindromi da disadattamento con somatizzazioni a livello di diversi organi e apparati, anche del fenomeno dell’assenteismo.

Ancora, una erronea organizzazione del lavoro può determinare esposizioni professionali nocive agli agenti più diversi: basti pensare all’inosservanza delle norme che regolano l’utilizzo di particolari materie prime che potrebbero diffondersi nell’ambiente. L’inidoneo o semplicemente il prolungato uso di attrezzi, macchinari o mezzi ausiliari allo svolgimento delle mansioni costituisce un altro elemento su cui l’organizzazione del lavoro deve intervenire per evitare che divenga fonte di rischio.

L’assenza di corrette prescrizioni organizzative che possono, ad esempio, avere contenuto sia di tipo semplicemente tecnico che ergonomico e igienistico può essere causa di nocività. Si deve però tener presente che ciò può non essere dovuto a negligenza o impreparazione, ma alla reale mancanza di adeguate conoscenze che potranno essere acquisite in futuro anche sulla base di esperienze precedenti.

La normativa vigente mira ad un giudizio di idoneità specifica alla mansione lavorativa, vale a dire finalizzato alla entità e alle modalità di un determinato lavoro: un individuo è idoneo a quel lavoro quando è in grado di eseguirlo con sufficiente rendimento, senza fenomeni di fatica, anzi con rapida capacità di ristoro, cioè di ritorno alle sue condizioni di riposo. Un lavoratore può essere idoneo ad un tipo di lavoro e non ad un altro, anche di pari gravosità, ma in differenti condizioni, per esempio ambientali. In realtà la idoneità non è toti- o polivalente, ma monovalente, ossia si riferisce alla singole particolari attività.
 
Le condizioni fisiche o psicologiche di idoneità di un soggetto esprimono un concetto qualitativo in rapporto alla capacità di adattamento dei singoli apparati organici dell’individuo per un determinato periodo di tempo ad un lavoro la cui entità e gravosità devono essere correlate alla capacità lavorativa.
 
Dal momento che per la esecuzione di varie prestazioni possono essere richieste in vario grado la forza muscolare, l’abilità o destrezza, la resistenza, il possesso di un equilibrio mentale ed emotivo, e la propensione alla formazione, si ritiene che anche altre attività lavorative non comprese negli elenchi possono essere riconosciute gravosi e usuranti.
 
Domenico Della Porta
Referente Nazionale Medicina del Lavoro e Sicurezza Federsanità ANCI

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