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Giovedì 18 GENNAIO 2018
La legge 180 non ha “potuto” imporre il rispetto per i malati



Gentile direttore,
la legge 180 ha meritoriamente ridato dignità e cittadinanza ai malati, ma non ha potuto imporre anche il rispetto che per definizione è un “sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli”.
 
Solo che per ottenerlo davvero bisognerebbe almeno cominciare ad eradicare la contenzione scritta e parlata sistematicamente sbattuta in faccia ai malati. Atteggiamento che li lega, serrandone l'anima, al secolare stigma e all'assurdo pregiudizio che la malattia mentale si porta ancora appresso. Ma come si fa a cambiare, se tuttora è prassi che ogni parlamentare debba, nell'adempimento del proprio mandato, giudicare l'agire di un collega dell'opposizione (che prontamente rinvia al mittente) diagnosticandogli un disturbo bipolare o una schizofrenia paranoide o un “comportamento da psicolabile”?
 
Ovviamente senza neppure sapere di che cosa sta parlando. E come si fa a cambiare, se non c'è giornale che quotidianamente non ricorra, nei titoli o nel testo, a termini psichiatrici per commentare un accadimento che nulla ha a che fare con la salute mentale? Sia che si tratti di una legge sgradita, sia che si tratti di una partita di calcio, sia che si tratti di pubblicizzare uno stagionale sconto commerciale per farlo apparire più attraente.
 
E più sono cattivi e più si sentono professionalmente realizzati. E chissenefrega se la contenzione scritta e parlata è peggiore delle fasce ai polsi e alle caviglie nel letto di un servizio psichiatrico di diagnosi e cura ospedaliero. E' un supplizio, del tutto paragonabile a quello della goccia cinese, che alla fine trafigge sì i familiari, ma soprattutto i malati che rischiano di sfasciarsi del tutto, dentro. La loro disabilità può diventare insopportabile, e la loro vita un punto di domanda.
 
Al quale hanno per ora risposto solo i cattolici “fratelli della carità” fiamminghi prevedendo che il malato non terminale sofferente di un disturbo mentale possa ottenere, firmando prima un modulo di consenso, il proprio suicidio assistito/eutanasia (legale in Belgio). Tentazione finale che secondo loro: “Se affrontata seriamente (sic!) e accompagnata con prudenza, può prevenire delle forme di suicidio ben più violente”. Ad oggi ne hanno seppelliti ben oltre cento.
 
Franco Vatrini
(Familiare)

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