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Lunedì 22 GENNAIO 2018
La finta contesa dei due candidati alla Presidenza Fnomceo

Le accuse che Chersevani e Anelli si rivolgono l’un l’altro sono una foglia di fico con cui si cerca di nascondere i veri problemi della categoria a partire da quello della effettiva rappresentanza degli iscritti. Chi si vuole battere per una effettiva indipendenza dal sindacato dovrebbe impegnarsi e dunque metterlo nel suo programma elettorale, per una e drastica incompatibilità tra cariche ordinistiche e cariche sindacali. Nessuno dei due lo fa

Quel che sorprende nelle attuali vicende della Fnomceo non è certo la decisione dell’ex presidente Roberta Chersevani di chiedere un nuovo mandato in competizione con il presidente in pectore (almeno fino a pochi giorni orsono) Filippo Anelli, attuale Presidente dell’ordine dei medici di Bari. Ne ha pienamente titolo.
 
La perplessità derivano invece dal tipo di contestazioni che ognuno dei contendenti rivolge all’altro.
 
Roberta Chersevani scende nuovamente in campo perché ritiene Filippo Anelli in eccessiva continuità con il sindacato, essendo il suo principale sponsor l’attuale segretario nazionale della Fimmg, Silvestro Scotti. Anelli, in modo speculare, risponde che, a memoria d’uomo, colui che aveva proposto alla guida della Fnomceo Roberta Chersevani era stato Giacomo Melillo, precedente segretario della Fimmg e che quindi se qualcuno ha un rapporto di dipendenza con il sindacato quello non è certo lui.
 
Ora accusare un futuro presidente della Fnomceo di essere contiguo a una forza sindacale equivale alla scoperta dell’acqua calda. Ogni medico sa infatti che i veri “signori” e futuri presidenti degli Ordini e quindi a salire della Fnomceo sono i sindacalisti e in alcune realtà, come quella romana, essi sono sempre l’espressione della medicina convenzionata e in modo particolare o della Fimmg o del Sumai.
 
Le accuse che dunque Chersevani e Anelli rivolgono l’un l’altro sono una foglia di fico con cui si cerca di nascondere i veri problemi della categoria a partire da quello della effettiva rappresentanza degli iscritti.
 
Chi si vuole battere per una effettiva indipendenza dal sindacato dovrebbe impegnarsi e dunque metterlo nel suo programma elettorale, per una e drastica incompatibilità tra cariche ordinistiche e cariche sindacali. Nessuno dei due lo fa e di sicuro nessuno si batterà affinchè tale norma venga inserita nei decreti attuativi sulla riforma degli Ordini, per il semplice motivo che entrambi sanno che il modo con cui si arriva alla presidenza degli ordini passa sempre e comunque dalla segreteria del sindacato. Altro che indipendenza e terzietà degli organi istituzionali di rappresentanza dagli interessi di gruppi di potere all’interno della categoria!
 
Questo consapevolezza è la causa principale della disaffezione dei medici che semplicemente si rifiutano di andare a votare in analogia a quanto fatto dai cittadini comuni nelle elezioni politiche e amministrative degli ultimi anni! E allora che autorità mai potrà avere, indipendentemente da ogni valutazione personale, il presidente dell’Ordine dei medici di Roma se alle votazioni ha partecipato solo il 16,5% degli aventi diritto? Che autorità potrà mai avere un Presidente che viene nominato nonostante sia arrivato secondo per numero di preferenze e al primo arrivato si dà invece la delega alla Fnomceo? E’ del tutto evidente che dietro non c’è la necessità di rappresentare al meglio i propri iscritti (che hanno votato per un presidente e che invece se ne trovano un altro) ma valutazioni di strategia politica che rimandano agli interessi dei sindacati di cui tali personalità sono la diretta espressione.
 
E così tutto si mescola: cariche ordinistiche, cariche sindacali, cariche nei fondi integrativi e in mutue che di fatto sono concorrenti al SSN pubblico, in un dibattito tra addetti ai lavori di maniera e privo di effetti. Un dibattito oscuro, esoterico che non produce nulla e che non interessa nessuno che non appartenga al ristretto mondo degli eleggibili.
 
Un’ultima considerazione a carattere personale. Nonostante la mia lunga attività professionale mi sono recato a votare solo due volte in vita mia perché, come spesso ho scritto, sono e resto contrario alla obbligatorietà di iscrizione agli ordini.
 
Nella ultima tornata ho partecipato al voto solo per stima personale nei confronti dell’ex Presidente Giuseppe Lavra, con il quale del resto sono stato sempre su sponde opposte per adesione sindacale. Recandomi al seggio ho potuto vedere il degrado di una contesa elettorale in cui i supporters dei vari schieramenti erano simili a quelli che, chi si reca negli stadi, può trovare nelle curve.
 
Lo spazio antistante l’ordine era occupato da camper in doppia fila e per entrare nel seggio dovevi farti largo a spintoni perché costretto tra due ali di folla di colleghi appesantiti dagli anni che cercavano con modi scomposti di infilarti santini ovunque.
Per passare sono stato costretto a prendere a male parole chi mi impediva l’ingresso e a fatica sono riuscito ad entrare nella sala delle votazioni anche essa zeppa di gente.

Uno spettacolo avvilente che nulla ha a che fare con la tutela della professione e il rispetto della deontologia professionale su cui gli ordini devono vigilare. Le votazioni come un ring per eleggere chi dovrebbe rappresentare il disagio di tanti professionisti che, nonostante tutto, continuano a credere nella professione e che per primi, per essere un minimo credibili, dovrebbero indossare i panni del decoro e della misura. L’esatto contrario di ciò che con rammarico ho osservato. Sembrava ancora una volta di udire le parole del vecchio Brecth “il nemico marcia sempre alla tua testa”
 
Roberto Polillo 

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