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Martedì 30 GENNAIO 2018
Il contrappasso del dipendente Ema che volle fortissimamente Amsterdam

Per i dipendenti che avevano scelto Amsterdam appare come un curioso contrappasso Dantesco: se non ci saranno cambiamenti, altro che gli spazi estesi e luminosi di quel capolavoro architettonico assoluto che è il Pirellùn di Giò Ponti. Non solo gli toccherà stare nell’umida periferia di Amsterdam sotto il livello del mare. E pure in spazi ristretti per chissà quanto tempo, pestandosi gli alluci nel sovrapporsi di voci e rumori

“Clutching at straws”, penseranno da quelle parti del tentativo italiano di recuperare l’EMA. “Attaccarsi alla cannuccia”, quando hai bello che finito il tuo drink e sei ormai oltre l’ultima goccia. È il nostro “arrampicarsi sugli specchi”, l’equivalente del capitolino “attaccarsi al fumo della pipa”. Il vano, residuale, etereo ultimo tentativo. Mi pare quello che stiamo facendo per riacchiappare l’EMA persa alla monetina e portarla a Milano, che se la meriterebbe.
 
La sede di Amsterdam sarà pronta chissà quando e quella provvisoria è la metà di quella attuale di Londra. Ne ha lanciato il warning il direttore Rasi. Facendosi portatore delle esigenze di funzionalità dell’EMA, che poi sono quelle della salute di qualche centinaia di milioni di Europei. In merito va detto che il comportamento di Rasi, italiano, circa la scelta della sede è stato sempre di una correttezza ed indipendenza esemplare, adamantina, confermando, ma non ce n’era bisogno, la scelta giusta nel designarlo allora a capo dell’agenzia di Londra.
 
Il tentativo di recupero italiano passerà da vie istituzionali, come doveroso. Prima della lotteria di Bruxelles avevo scritto quanto fossi fermamente convinto dell’idoneità di Milano, soprattutto per il valore e la dimensione del comparto farmaceutico italiano, e milanese, in ogni sua sezione, dalla ricerca alla produzione, al regolatorio, alla presenza di professionalità di massimo livello.
 
Saremo maliziosi, ma riteniamo a dir poco singolare che una decisione così importante si sia raggiunta “by chance”, a caso, e non magari estendendo trattative e negoziazioni fino a trovare un accordo certamente possibile.
Così come maliziosamente non dimentichiamo le primissime dichiarazioni della Merkel post Brexit che indicava la preferenza tedesca per una città del Nord Europa. O le preferenze espresse subito dai circa 900 dipendenti EMA, che sin dal principio avevano indicato Amsterdam come città preferita per rilocarsi.
 
Comprensibile: qualità della vita eccellente, strutture e infrastrutture funzionanti, servizi e trasporti pubblici degni di tale nome, dove anche lo spazzino parla inglese fluentemente, vicino a tutte le altre capitali, la città più multirazziale e multietnica d’Europa seconda solo, appunto, a Londra.
 
Mettetevi nei panni di un dipendente EMA quando su Milano legge di trasporti pubblici dai binari rappezzati con zeppe di legno o del principale candidato governatore che parla di difesa della razza bianca, o del record di città stabilmente più inquinata d’Europa. E dove, come canta Dalla, “ti fa una domanda in tedesco e ti risponde in siciliano”.
 
Sappiamo che non è questa la Milano vera, che invece funziona e ci piace, eppure è “anche” questa. Neanche sto qui a recriminare su quello che potevamo fare di più prima di arrivare alla monetina: le partite si devono vincere prima di arrivare all’ultima chance (Ventura docet). Specialmente quando sei oggettivamente più forte. E così era per Milano.
 
Se oggi il problema di Amsterdam è solo di idoneità dell’edificio della sede, a maggior ragione pure provvisoria, figuriamoci se le autorità olandesi non muoveranno di gran corsa le arancioni terga per trovarne asap un'altra invece più che adeguata. Quindi non credo ci siano chances. Felice di sbagliarmi, ovviamente. Sempre che questo sia il vero motivo alla base dell’attuale tentativo italiano di recupero, tra l’altro in piena campagna elettorale. Qualche complottista da tastiera ha pure ipotizzato sia un modo machiavellico degli olandesi per scaricare l’EMA che chissà perché non vogliono più. Assurdo, dopo tutto il lavoro e i soldi spesi, pura fantasia senza alcuna base razionale.
 
Certo è che per i dipendenti che avevano scelto Amsterdam appare come un curioso contrappasso Dantesco: se non ci saranno cambiamenti, altro che gli spazi estesi e luminosi di quel capolavoro architettonico assoluto che è il Pirellùn di Giò Ponti. Non solo gli toccherà stare nell’umida periferia di Amsterdam sotto il livello del mare, tra mucche pezzate e aironi cinerini però scarsamente distinguibili tra le brume. E pure in spazi ristretti per chissà quanto tempo, pestandosi gli alluci nel sovrapporsi di voci e rumori intasandosi nei risicati loculi ricavati negli open space.
 
Come i tanti britons convinti che “fog in the channel, continent cut off”, pentitisi il giorno dopo avere votato Brexit, forse qualcuno dei dipendenti EMA che votò per Amsterdam ci starà ripensando su.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 

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