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Lunedì 05 FEBBRAIO 2018
Tumori. Oncologia di precisione: arma efficace contro la malattia. Ma ancora troppi gli ostacoli nell’accesso alle terapie innovative

I pazienti attendono in media 806 giorni per accedere a un nuovo farmaco anti-cancro. Scagliotti: “Vanno ridimensionati i prontuari terapeutici regionali e serve subito un tavolo di lavoro per definire il concetto di innovazione”. Questi i temi al cento del convegno sulle sfide e opportunità nel mercato farmaceutico nel prossimo triennio organizzato oggi a Torino

Negli anni settanta solo poco più del 30% delle persone colpite riusciva a sconfiggere il cancro, negli anni novanta questa percentuale arrivava al 47%, oggi 6 persone su dieci sopravvivono al cancro e, quando non si arriva a guarigione, in molti casi è possibile convivere a lungo termine con la malattia con una buona qualità di vita. Il merito va attribuito ai progressi nella diagnosi precoce, alle campagne di prevenzione e all’innovazione nella ricerca contro i tumori. E proprio l’oncologia rappresenta l’area terapeutica in cui si concentrano maggiormente gli sforzi della ricerca farmaceutica: basti pensare che su oltre 7mila molecole in sviluppo clinico, più di 1.800 appartengono all’area oncologica.
 
Continue e nuove opportunità per contrastare i tumori, ma gli ostacoli non mancano a partire da come coniugare l’immediata disponibilità delle terapie anti-cancro innovative e la sostenibilità del sistema sanitario. Se n’è discusso oggi a Torini nell’ambito del Convegno“Alle sfide ed opportunità nel mercato farmaceutico nel prossimo triennio”.
 
“La nuova frontiera nel trattamento del cancro è rappresentata dall’oncologia di precisione – spiega Giorgio Scagliotti, Direttore Oncologia Medica all’Università di Torino – la prima ‘ondata’ è stata costituita dalle terapie a bersaglio molecolare che hanno cambiato l’aspettativa di vita in diverse neoplasie solide e in un considerevole numero di quelle ematologiche, ma che hanno anche mostrato limiti in termini di acquisizione di resistenza. Ad esempio nel tumore del polmone questi trattamenti riescono a controllare la malattia per un lungo periodo di tempo, però sono efficaci solo nei pazienti che presentano specifiche mutazioni genetiche: sono una minoranza, pari a circa il 15%, soprattutto non fumatori. La seconda ‘ondata’ dell’oncologia di precisione– ha aggiunto – ha preso forma con l’immunoterapia che progressivamente ha dimostrato efficacia in diversi tipi di tumori solidi, a partire dal melanoma fino alle neoplasie del rene e del polmone, con importanti prospettive anche in quelle della vescica, del distretto testa collo, del fegato e del colon-retto. Il concetto di medicina di precisione dovrebbe essere applicato in modo ampio a qualsiasi tipo di approccio sistemico nella terapia dei tumori solidi. Queste innovazioni implicano costi sociali rilevanti e impongono con forza il tema della sostenibilità, nell’ambito di un servizio sanitario universalistico come il nostro che offre ogni attività diagnostica e terapeutica a titolo gratuito”.
 
Da un lato vanno considerati i costi legati allo sviluppo di una nuova molecola, che oggi sono pari a più di 2,5 miliardi di dollari, cresciuti più di 13 volte negli ultimi 40 anni (sono soprattutto le fasi di sviluppo clinico ad assorbire più del 50% dell’intero costo di sviluppo del farmaco). Dall’altro vi sono i costi sociali: nel 2015 le uscite associate ai tumori in Italia sono state pari a 18,9 miliardi di euro, di cui il 57% rappresentato da costi diretti (che includono la spesa per assistenza primaria, ambulatoriale, ospedaliera, il pronto soccorso, il follow up e i farmaci) e il restante 43% da ricondurre a perdite di produttività (legate alla mortalità, disabilità e pensionamento anticipato).
 
Non solo. I pazienti oncologici italiani attendono in media 806 giorni, cioè 2,2 anni, per accedere a un farmaco anti-cancro innovativo. È il tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana. Un termine che può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione.
 
“La sfida è individuare il giusto equilibrio fra immediata disponibilità delle terapie anti-cancro innovative e sostenibilità del sistema sanitario – sottolinea quindi Scagliotti – va affrontato il grave problema dei tempi di accesso a questi trattamenti nelle diverse regioni del nostro Paese. Il ridimensionamento dei prontuari terapeutici regionali potrebbe essere la via da seguire, perché l’inserimento delle nuove terapie in questi elenchi implica inevitabili e inutili tempi di attesa a danno dei pazienti. L’aumento del Fondo sanitario nazionale per garantire la sostenibilità è una ‘soluzione tampone’ che non può essere applicata a lungo termine. Va creato un tavolo di lavoro che includa i diversi attori coinvolti: agenzia regolatoria, industria, società scientifiche, accademia e pazienti. L’obiettivo – ha concluso – è ridefinire il concetto di innovazione: non può essere considerato innovativo un farmaco reso disponibile 3 o 4 anni dopo la prima terapia commercializzata in quella specifica classe terapeutica. Bisogna ragionare in termini di costo e di efficacia delle terapie. Vanno fissate regole nuove rispetto a 10 anni fa”.

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