quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 07 FEBBRAIO 2018
Bimbi a tavola. Almeno una reazione allergica all’anno è colpa di mamma e papà

Quasi un genitore su due adotterebbe comportamenti rischiosi, come non leggere l'etichetta o non portare auto-iniettori di adrenalina, nella gestione della allergie alimentari dei propri figli. I risultati dello studio sul The Journal of Allergy and Clinical Immunology

(Reuters Health) – Non leggono le etichette, non portano i farmaci salvavita o addirittura fanno mangiare ai figli alimenti allergici per vedere se soffrono ancora del disturbo. Questo l'identikit dei genitori irresponsabili a causa dei quali quasi un bambino su 2 (40%) ha almeno tre reazione allergiche all'anno per l'ingestione di cibi che non sarebbero dovuti finire nel piatto.

Ma il dato più curioso è che almeno una coppia su 4 avrebbe dato al figlio l'alimento “a rischio” proprio per “vedere” se il bimbo era ancora allergico. I dati sono americani, ma la richiesta di fare più attenzione viaggia oltreoceano. È quanto sarebbe emerso da un'indagine coordinata da Julie Wang del Jaffe Food Allergy Institute del Mount Sinai Hospital di New York. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul The Journal of Allergy and Clinical Immunology.

L'indagine
Wang e colleghi hanno intervistato 100 genitori di bambini di età compresa tra i sei mesi e i 18 anni che avevano una diagnosi di allergia alimentare e che si rivolgevano ai medici per visite di controllo. Agli adulti, i ricercatori hanno chiesto se adottavano comportamenti rischiosi, come ridare al loro bambino il cibo incriminato per vedere se il figlio era ancora allergico o non portare con sé farmaci per gestire le emergenze, in caso di reazioni allergiche.

Dai risultati sarebbe emerso che oltre il 70% dei bambini aveva avuto una reazione allergica alimentare nell'anno precedente, con quasi il 40% che riportava almeno tre eventi. Inoltre, per circa un bambino su quattro era stato necessario intervenire con l'adrenalina per emergenza e circa un terzo sarebbe andato in pronto soccorso, con quasi il 5% ricoverato.

La responsabilità
I ricercatori avrebbero evidenziato una correlazione tra l'insorgenza di almeno una reazione allergica nell'ultimo anno e comportamenti a rischio. Inoltre, i genitori di bambini con allergie alimentari multiple sarebbero stati più propensi a segnalare comportamenti a rischio rispetto ai genitori di bambini con una sola allergia alimentare.

Circa l'11% dei genitori avrebbe dato ai figli cibo che conteneva allergeni perché non aveva fatto in tempo a leggere l'etichetta e il 7% avrebbe affermato che il costo del cibo era un ostacolo per evitare cibi che potevano scatenare reazioni allergiche. Infine, quasi un genitore su quattro avrebbe dichiarato di aver intenzionalmente dato ai figli cibi con allergeni per vedere se fossero ancora allergici o per 'curare' l'allergia.

I commenti
“Durante le visite dei pazienti, diamo consigli alle famiglie riguardo la gestione delle allergie alimentari, per ridurre il rischio di reazioni allergiche. Tuttavia, abbiamo notato che in alcuni casi i pazienti hanno avuto reazioni allergiche associate a comportamenti a rischio”, ha spiegato Wang. Tra i punti interessanti dello studio, evidenziati da Rushani Saltzman, allergologo al Children's Hospital di Philadelphia, che non era coinvolto nell'indagine, “il 10% degli intervistati non sapeva come eliminare gli alimenti allergici dalla dieta e il 14% era confuso su quali cibi evitare.

Inoltre, solo il 58% degli intervistati portava con sé l'adrenalina in ogni occasione”, ha sottolineato l'esperta. E per evitare queste conseguenze, è importante che gli operatori sanitari occupino del tempo durante le visite per parlare di come evitare gli allergeni. Inoltre, alle famiglie dovrebbero essere fornite informazioni scritte su come riconoscere segni e sintomi di una reazione allergica, così come sarebbe utile insegnare a usare gli auto-iniettori di adrenalina, ha consigliato la ricercatrice.

Fonte: The Journal of Allergy and Clinical Immunology

Shereen Lehman

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Nutri&Previeni)

© RIPRODUZIONE RISERVATA