quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 22 FEBBRAIO 2018
“Su Ema l’Italia si è rivelata poco attrezzata. Sul decreto vaccini è mancato il confronto con la popolazione”. Parla Flavia Bustreo, ex candidata a DG dell’Oms,  ora in lista con “10 volte meglio”

Medico, specialista in riabilitazione con una vastissima esperienza internazionale. Dal 2010 al 2017 è stata vice direttore dell’Oms e poi candidata italiana alla poltrona di DG della stessa organizzazione. Ora è tornata in Italia e ha accettato la candidatura alle politiche di 10 volte meglio. E sulla sanità e su cosa dovrebbe fare il nostro Paese in questo campo ha le idee molto chiare. A partire dall'affaire Ema e dal decreto sull'obbligo dei vaccini, due dossier che a suo avviso il Governo non ha saputo giocare al meglio

Flavia Bustreo è nata a Camposampiero, un piccolo paese in provincia di Padova, il 17 Agosto del 1961. Nel 1987 si laurea in medicina, poi la specializzazione in riabilitazione, “volevo fare il chirurgo ma mi dicevano che non era una carriera facile per una donna”, e poi via a una carriera di grande successo che colma con la vice direzione generale dell'Oms, dal 2010 al 2017, con delega alla Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini.
 
Nel 2016 il Governo italiano la propone per la carica di Direttore generale dell'Oms (incarico che andò poi all'etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus).
 
Ora Bustreo ha terminato il suo mandato all’Oms e la troviamo in Italia impegnata in una campagna elettorale difficile tra le file di una formazione politica nata proprio in occasione di queste elezioni: “10 volte meglio”.
 
L’abbiamo incontrata in questi giorni per capire il perché di questa scelta e anche per tracciare un panorama della realtà sanitaria italiana alla luce della sua straordinaria esperienza internazionale. E le sorprese non mancano, soprattutto sul decreto vaccini e su Ema.
 
Ma non potevamo non partire dai suoi 7 anni ai vertici dell’Oms.
 
Dottoressa Bustreo,  quali sono stati i suoi dossier più impegnativi?
Il mio impegno si è concentrato nel promuovere azioni volte a ridurre la mortalità materna e infantile nel mondo e nell’arco di 20 anni siamo riusciti a dimezzare questo fenomeno che colpisce i bambini sotto i 5 anni.  In questa battaglia l’Italia è stata in prima linea perché fino al 2015 l’Italia aveva la mortalità materna più bassa del mondo. Purtroppo negli anni successivi  il trend è cambiato perdendo terreno e attualmente siamo 15° in questa speciale classifica. L’altro dossier estremamente impegnativo riguarda lo sviluppo per una strategia globale contro la violenza sulle donne e le bambine. Questo lavoro ha richiesto 3 anni di impegno ha coinvolto tutti i paesi del mondo perché gli aspetti della violenza su questi soggetti richiedevano una sensibilità particolare.
 
Qual è il risultato di cui le va più orgogliosa in questi anni?
Riguarda l’accordo  di Parigi sui cambiamenti climatici poiché  siamo riusciti a ricomprendere il diritto alla salute come elemento fondamentale del trattato.
 
Da poco ha aderito a 10 volte meglio, una nuova formazione politica. Quali sono i motivi di questo impegno e di questa scelta?
Perché è un gruppo politico che ha tre valori fondamentali non riscontrabili negli altri partiti: competenza, integrità e merito. Inoltre, osservando l’Italia dall’estero, sono sempre stata orgogliosa del nostro SSN. E’ stata una delle più importanti conquiste sociali del nostro Paese e molti stati hanno copiato il nostro sistema. Ma negli ultimi anni ho assistito ad un declino inarrestabile motivato dal de-finanziamento pubblico, alla riforma del titolo V e all’incapacità di valorizzare e formare ulteriormente i nostri operatori sanitari. Oggi abbiamo pochi medici, tra cui pochissimi geriatri e voglio ricordare che l’Italia è tra i Paesi più longevi. Tutto questo chiede a voce alta un cambio delle politiche pubbliche e un rinnovamento del nostro Ssn e questo può avvenire solo attraverso un nuovo modo di concepire la “cosa pubblica” che è rappresentato solamente da da10 volte meglio
 
L’Italia è un paese indebitato e la spesa sanitaria incide tanto sui nostri capitoli di bilancio. Dove troverete le coperture?
Bisogna intervenire su quel 20% di  spesa sanitaria  inefficiente eliminando gli sprechi gestionali.  La prima scommessa è come rendere gli investimenti attuali più efficaci e questo ragionamento bisogna allargarlo anche alle regioni. Successivamente bisogna spostare gli investimenti pubblici su quei settori che permettono la valorizzazione del capitale umano e conseguentemente bisogna ridurre gli sforzi economici in comparti economici come quello relativo alla  produzione di armi. Poi, non di secondaria importanza, bisogna diffondere e valorizzare  anche all’estero  le conoscenze scientifiche italiane, le nostre capacità nel campo della medicina sia di base che specialistica. Abbiamo dei poli di eccellenza che andrebbero potenziati come gli ospedali che lavorano senza produrre emissioni di anidride carbonica.
 
Qual è la vostra posizione sulla riforma del titolo V? Volete  un ritorno alla situazione pre-2001 oppure proponete una terza via?
Negli altri paesi europei la decentralizzazione per la gestione dei sistemi sanitari è un dato acquisito. Noi non vogliamo un ritorno al 2001. Però dev’essere chiaro chi decide e quali sono le eventuali sanzioni. Inoltre le politiche sanitarie devono essere sempre di responsabilità nazionale. Dare un ampio  margine alle regioni significa creare 20 sistemi sanitari differenti dove quella più forte ha maggior peso contrattuale nei confronti dello stato centrale.
 
In Italia ce un drastico calo della copertura vaccinale, come si spiega questo fenomeno?
Questo fenomeno non è presente solo in Italia e risale alla fine degli anni  90 dopo la pubblicazione di un articolo infelice da parte di Andrew Jeremy Wakefield pubblicato su The Lancet un  settimanale scientifico molto importante. Il documento  suggeriva un’associazione tra il vaccino triplice che immunizza il morbillo rosalia e varicella con lo sviluppo del fenomeno autistico. L’articolo fu ritirato e il medico fu poi radiato dall’albo dei medici inglese. Ma ciononostante   ha continuato a predicare queste teorie anche negli USA avendo un buon eco internazionale. Per quanto riguarda il nostro paese bisogna dire che abbiamo perso la memoria storica su tante malattie infettive bloccate attraverso i vaccini. Le mamme di adesso, per fortuna, non hanno visto un bambino con la poliomielite o la disparite. Si può dire che la mancanza di esperienza concreta riduce l’attenzione rispetto al problema e  bisogna intervenire su questo.
 
Lei è d’accordo sulla misura del governo di rendere obbligatorio alcune vaccinazioni?
Faccio una premessa: l’OMS non ha mai emesso una raccomandazione per l’obbligatorietà vaccinale. In ogni caso bisogna dire che l’Italia si è trovata in una situazione di estrema emergenza essendo diventato il secondo paese in Europa con il più alto numero di casi di morbillo. I casi sono più di 5.000.
 
Quindi è d’accordo con il contenuto del decreto Lorezin?
Il provvedimento deve trovare ancora una sua piena attuazione anche se presenta delle criticità. La prima: è stato costruito senza un collegio di esperti e questo ha reso il provvedimento attaccabile da molte parti politiche. Infatti l’OMS raccomanda, a quei paesi che intendono introdurre di nuovi vaccini, di dotarsi di un comitato scientifico indipendente che discuta pubblicamente degli effetti scientifici e degli eventuali benefici  del prodotto in questione. Il secondo errore che io ravvedo riguarda la mancata partecipazione della popolazione nel processo di formazione della legge. Si sarebbe dovuto realizzare una campagna di ascolto per capire l’opinione delle famiglie sul caso.
 
Vicenda EMA. Che idea si è fatta?
Io penso che siano stati fatti degli errori. All’inizio di questa vicenda io speravo in un progetto diverso,  di grande portata per il futuro. Immaginavamo una European  Food and Drug Amministration su stile americano. Quindi un’agenzia regolatoria sia per i farmaci che per gli alimenti.
 
Perché questo ampliamento di competenze?
Ritengo che nei prossimi anni il rapporto farmaco-alimenti diventi fondamentale. Ad esempio basti pensare all’uso inadeguato di antibiotici  nel settore dell’allevamento bovino. Inoltre voglio segnalare che Parma ospita da quasi 20 anni l’Autorità europea per la sicurezza alimentare che poteva essere integrata con l’EMA.
 
Lei dice che il nostro progetto aveva una portata limitata?
Si e non solo. E’ mancata una strategia chiara su come si arriva a convincere gli altri Paesi a votarci. L’Italia sembra non essere attrezzata per vincere queste competizioni e non è la prima volta che succede in ambito internazionale.
 
Quindi il nostro punto debole secondo lei è stata la campagna di persuasione a favore di Milano?
Il ministero degli Affari esteri olandese  ha fatto una vera e propria campagna elettorale ed è riuscito ad avere i voti degli altri paesi europei.  Però bisogna ricordare che gli olandesi sembra che abbiano omesso diversi dati nel dossier con il quale presentavano la candidatura di  Amsterdam,  e questo determina un’altra colpa.
 
E quale sarebbe?
Sta a significare che il nostro Paese non era a conoscenza dell’offerta degli altri competitor.
 
Però è compito degli organi giudicanti  valutare i requisiti di un progetto. O sbaglio?
E’ vero quello che lei dice. Però quando si entra in una competizione internazionale bisogna  avere ben chiaro come si svolge una competizione, chi sono i soggetti che vi partecipano e quali sono i punti di forza e di debolezza  dei progetti altrui. Ci vuole una fase di studio preliminare. Io ho tanta esperienza di negoziazioni internazionale e ad un certo punto  era chiaro che  i concorrenti forti sarebbero stati Milano, Barcellona  e Amsterdam e quindi era preferibile indagare anche sugli altri. In ogni caso spero vivamente che si possa in qualche modo rivedere questa decisione perché il dossier olandese presenta delle lacune.
 
Pasquale Quaranta

© RIPRODUZIONE RISERVATA