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Venerdì 13 APRILE 2018
Le (tante) contraddizioni della sanità toscana



Gentile Direttore,
il dibattito sulla sanità pubblica si è di recente  infittito anche per l'effetto di stimolo prodotto dal documento conclusivo licenziato dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato. Molti organi di stampa  hanno ospitato  autorevoli interventi che hanno affrontato il tema da più punti di vista: la definizione del termine stesso “sostenibilità”; gli aspetti strettamente finanziari anche legati all'intreccio con la perdurante crisi economica ed occupazionale; il diritto alla salute e le disuguaglianze; le strategie da adottare.
 
Al contrario il tema è stato accuratamente eluso nella recente campagna elettorale. Sguardi diversi sottesi da un  elemento comune: riflettere sul Sistema piuttosto che nel Sistema. Uno spunto che orienta in una direzione complementare è offerto proprio dal documento precedentemente citato che al primo punto pone il fatto che “...margini di miglioramento, sempre possibili, possono essere perseguiti solo attraverso un'attenta selezione degli interventi di riqualificazione dell'assistenza, soprattutto in termini di appropriatezza clinica ed organizzativa, evitando azioni finalizzate al mero contenimento della spesa...”.
 
Quindi, un'analisi dentro il sistema o almeno dentro un pezzo significativo del Sistema, può fornire uno spunto di riflessione e, forse con qualche pretesa, una traccia per avviare il contributo di partecipazione recentemente richiamato anche come necessità politica da Federico Gelli.
 
Circoscrivendo questa riflessione iniziale al Sistema Sanitario Toscanoed in particolare alla componente di ospedalità ed utilizzando gli ultimi dati correnti disponibili, si è cercato di individuare elementi strutturali che possono aver determinato e continuare a determinare diseconomie sulle quali intervenire.
 
Premettendo che il termine diseconomia trascende intenzionalmente l'aspetto puramente contabile della questione volendo rimarcare il costo complessivo dell'attività in funzione della sua qualità, sono stati esaminati tre elementi strutturali: i rapporti privato convenzionato/pubblico; la ripartizione proporzionale fra figure professionali e fra queste in relazione alla dotazione di posti letto; i flussi di ricovero interni al sistema regionale.
 
Prendendo a riferimento il nuovo profilo prodotto dalla riorganizzazione in tre Aziende territoriali, per effetto della aggregazione di 12 AASSLL, e quattro Aziende Ospedaliero-Universitarie emerge una notevole difformità su tutti i punti esaminati negli ambiti considerati.
 
Per quanto attiene i rapporti fra privato convenzionato e pubblico in termini di posti letto di degenza ordinaria e di day hospital(D.H.) (la somma della dotazione di pubblico e privato produce la potenzialità complessiva di ricovero) in funzione della popolazione residente, emergono differenze rilevanti se si considerano le sole strutture ospedaliere delle nuove AASSLL.
 
Queste sono solo parzialmente compensate sommando  la dotazione delle strutture universitarie che insistono sui rispettivi territori (Santa Chiara di Pisa per l'ASL Nord-Ovest,  Careggi di Firenze per l'ASL Centro, Le Scotte di Siena per la ASL Sud-Est).
 
La numerosità dei posti letto di degenza ordinaria del privato convenzionato è, infatti da 3 a 3,5 volte superiore nella ASL Centro rispetto alle altre due ASL, pur in un contesto che vede una sovradotazione relativa rispetto agli altri territori stimabile (sempre in funzione della popolazione residente al 2017) in 450 posti letto  ancora a favore del Centro e tenendo fuori dal computo l'Ospedale Pediatrico Meyer.
 
Per i letti di D.H. il profilo è nettamente diverso a causa della quasi totale assenza del privato nella Sud-Est ed un leggero vantaggio della Nord-Ovest rispetto al Centro. Guardando alla dotazione delle strutture private la variabilità dei posti letto in degenza ordinaria è compresa fra 0 e 207 e quella in D.H. fra 0 e 69 su scala regionale e con differenziali comunque molto elevati anche all'interno dei territori corrispondenti alle singole ASL.
 
Grandi sperequazioni numeriche sussistono anche nella dotazione del personaleche ad eccezione della dirigenza amministrativa praticamente equivalente ed in parte dell'area dirigenza Sanitaria Professionale e Tecnica (STP) in tutte le strutture della regione, oscilla per tutti gli altri profili professionali inclusi quelli deputati direttamente all'assistenza, in maniera indipendente dalla numerosità dei presidii ai quali questa volta si fa riferimento.
 
I rapporti proporzionali medici/infermieri sono compresi fra 33,9 a 100 e 42,6 a 100; i rapporti OSS/Infermieri sono compresi fra 17,7 a 100 e 39,7 a 100. Stessa considerazione per le percentuali di tecnici ed in particolare di tecnici di radiologia con una variabilità che va dall'1,9% del totale dei dipendenti al 3,5%.
 
I flussi di ricovero esaminati nel lungo periodo (1998 – 2016) mostrano una tendenza netta all'importazione crescente di casistica di bassa-media complessità da parte delle Aziende Ospedaliero-Universitarie nei confronti delle strutture ospedaliere territoriali con la relativa eccezione per Le Scotte di Siena (trend non del tutto lineare). Questo è prevalentemente il risultato di una programmazione che ha sottodotato i territori in termini di posti letto.
 
E' evidente che ognuno degli elementi illustrati può generare diseconomie e, ci sia permesso, anche sprechi.I profili numerici del privato convenzionato lasciano aperti molti dubbi sulla reale possibilità di integrazione di questa componente che per di più rischia di risultare a volte quasi autoreferenziale nel soddisfacimento del bisogno di ricovero  e costituiscono un tema sul quale, salvo prova contraria, occorre mettere mano (come già fatto in altri sistemi regionali).
 
Le sperequazioni in termini di risorse di personale lasciano aperti molti dubbi sulla omogenea qualità dell'assistenza nelle strutture, sulla possibilità di un'equa turnazione, sui carichi di lavoro (pensando ai tecnici di radiologia qualche dubbio emerge sulla generazione di alcune liste di attesa soprattutto nella diagnostica pesante) e sugli effetti devastanti che produrrà il blocco del turn-over. Su quest'ultimo punto non sarà neutro neppure quanto fin qui detto sul rapporto privato-pubblico.
 
Il flusso centripeto verso le aziende ospedaliero-universitarie è connotato da qualcosa di insostenibile  per  numerosi motivi: sottrae fondi alle ASL territoriali per effetto della compensazione passiva necessaria a  retribuire le prestazioni effettuate nei policlinici, comporta disagi e costi  per pazienti e familiari, mantiene organici in condizione di relativo sottoutilizzo, scarica su strutture di terzo livello volumi di casistica gestibile agevolmente nelle aree di residenza dei pazienti.
 
In merito all'appropriatezza clinica,tema di enorme complessità,  che non può prescindere da un robustissimo coordinamento di politiche che richiedono investimenti in formazione, monitoraggio di procedure e percorsi, informatizzazione, integrazione fra cultura universitaria ed ospedaliera, una sola domanda di carattere propedeutico: come si deve attrezzare ed articolare, per affrontare un'impresa così ardua, un organo di governo che ha gestito oltre  l'80% del bilancio regionale affidatogli non riuscendo a garantire omogeneità nella costituzione dei fondi retributivi dei propri dipendenti finalizzati al miglioramento delle competenze e, quindi, al miglioramento dell'assistenza? Eppure si tratta di questione facile di valenza puramente amministrativistica che niente ha da spartire con diagnosi, terapia, riabilitazione e prevenzione.
 
La regola (il contratto) è unico a livello nazionale e gestirlo correttamente è compito esclusivo del datore di lavoro ovvero dei direttori generali. Forse si continua a pensare che l'appropriatezza competa ai singoli professionisti? Qualcosa del tipo “io stabilisco le condizioni ed i vincoli in cui devi lavorare ed a te resta la responsabilità civile e penale di quello che fai”? O ancora attraverso obiettivi di budget fantasiosi come “taglia la spesa per farmaci ma non ridurre i ricoveri”? Oppure si continua a pensare che gestioni “oculate” di singole ASL facciano un buon governo regionale e, quindi, una buona sanità? Se così fosse si tratterebbe di pura illusione.
 
Anche perché, qualcuno l'ha detto, il tema vero che informa tutto è il rapporto fra politica e cittadini. E questo proprio perché “il sistema è tanto sostenibile per quanto vogliamo che lo sia“ (cit. Roy Romanov).
 
E i professionisti, non solo quelli ai quali vengono affidati su base fiduciaria gli incarichi di più alto livello, sono cittadini un po' speciali con i quali soprattutto in momenti difficili può essere utile confrontarsi magari anche attraverso le loro rappresentanze. Fino ad ora questo non è avvenuto, per lo meno in Toscana.
 
Corrado Catalani
Segretario Regionale FP-CGIL Medici e Dirigenza S.S.N. della Toscana

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