quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 17 APRILE 2018
No alla riduzione di medici che mette a rischio i Lea. Il Tar Puglia boccia una serie di delibere della Regione sul taglio degli organici

Il Tar nella sentenza ha dichiarato fondato il ricorso dell’ Anpo Ascoti Fials Medici, per “eccesso di potere” nelle delibere approvate sulla quantificazione del personale. Secondo i giudici “gli atti di programmazione impugnati non tengono conto dell’incomprimibilità dei Lea, né dei limiti di durata dell’orario di lavoro del personale medico che con l’approvazione degli atti impugnati hanno subito inammissibili deroghe rispettivamente in diminuzione e in aumento”. LA SENTENZA.

Il Tar Puglia (seconda sezione) ha bocciato le delibere sulle dotazioni organiche delle Asl approvate dalla Giunta pugliese tra il 2011 e il 2012 e ancora vigenti perché non garantiscono la presenza del numero minimo di medici necessari ad assicurare i livelli essenziali di assistenza.

Secondo la sentenza il vincolo finanziario deve essere un “mezzo” e non il fine delle scelte della Regione.

Il Tar nella sentenza ha dichiarato fondato il ricorso dell’ Anpo Ascoti Fials Medici, per “eccesso di potere” nelle delibere approvate sulla quantificazione del personale.

Secondo i giudici “gli atti di programmazione impugnati non tengono conto dell’incomprimibilità dei Lea, né dei limiti di durata dell’orario di lavoro del personale medico – da ultimo oggetto di procedura d’infrazione in sede comunitaria (n. 2011/4185 ex art. 258 del TFUE per contrasto con gli articoli 2, 3, 6, 17, par. 2 ,della direttiva 2003/88/CE) per violazione dell’obbligo di garantire al lavoratore undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore – che con l’approvazione degli atti impugnati hanno subito inammissibili deroghe rispettivamente in diminuzione e in aumento”.

Le dotazioni organiche secondo le delibere hanno dichiaratamente anteposto secondo il Tar il rispetto dei limiti di spesa per il personale all’appropriatezza della prestazione sanitaria, “senza considerare che il combinato disposto delle disposizioni contiene una clausola di salvaguardia, senza la quale ne sarebbe fondato il sospetto d’incostituzionalità, che ammette misure alternative nel rispetto dell’autonomia finanziaria delle regioni ex art. 119 Cost. ove l’obiettivo prefissato della riduzione di spesa interferisca in concreto con l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.

Per i giudici “la realizzazione del piano di rientro nel rispetto dei vincoli finanziari in esso stabiliti costituisce senz’altro un impegno per la Regione, il cui mancato rispetto comporta, ex art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004, l’esonero per lo Stato dal concorso al finanziamento della spesa sanitaria, ma essa resta un mezzo, non certo il fine delle scelte politico-amministrative della Regione in materia sanitaria che permane quello di garantire le strutture, i mezzi e il personale per soddisfare il bisogno di servizi sanitari essenziali della popolazione, intervenendo, quando la riduzione della spesa arriva ad intaccare il limite incomprimibile dei Lea, sulle fonti regionali di finanziamento della spesa sanitaria aumentandone il flusso intervenendo sulle aliquote fiscali o mediante manovre di bilancio compensative (Corte cost. n. 187/2012)”.

Anche se l’obiettivo della riduzione della spesa per il personale è uno dei cardini della politica di bilancio del settore sanitario regionale, tanto da essere indicata con legge dello Stato la riduzione nell’ 1,4% della spesa relativa la 2004, “occorre tuttavia dar conto del fatto che il regime normativo vigente ratione temporis consente di escluderne la natura di prescrizione inderogabile tale da imporsi sui Lea”.

Il sindacato ha posto tra i motivi del ricorso l’interesse a non essere esposti, in quanto organici al Ssr, a una maggiore responsabilità da attività professionale che deriva dalla riduzione delle dotazioni di personale, perché il minor numero di medici rispetto a quello previsto dalla precedente dotazione organica sarebbe comunque tenuto a garantire i livelli essenziali di assistenza che restano ciononostante invariati.

“È poi agevole considerare – sottolineano i giudici - che la lesione lamentata deriva direttamente dalla determinazione impugnata, non da un eventuale successivo atto di gestione del rapporto di impiego, il quale resta ciononostante intatto, che determinerebbe, secondo il principio del petitum sostanziale, l’attrazione della controversia alla giurisdizione ordinaria ai sensi dell’art. 63 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001.

La lesione è quella che, immutati i Lea, la rideterminazione della dotazione è in grado di produrre perché, alla diminuzione del numero dei medici, corrisponderebbe un loro maggior coinvolgimento nella prestazione del servizio.

“Tanto dimostra – si legge nella sentenza, che la dotazione organica impugnata, che certamente non è un atto di gestione del rapporto di lavoro, nel caso concreto non è neppure un atto ad esso presupposto disapplicabile dal giudice ordinario ai sensi del citato art. 63, ma è l’atto dal quale unicamente deriverebbe la lesione lamentata evitabile con l’adeguamento della dotazione organica agli standard organizzativi cogenti, adeguamento che solo l’effetto conformativo dell’annullamento erga omnes potrebbe determinare”.

Ciò dimostra  - sottolineano i giudici - che la ricorrente non pone una questione di gestione, neppure indiretta, del rapporto di impiego dei suoi associati, attratta in quanto tale alla giurisdizione ordinaria, ma richiede una tutela costitutiva, che investe scelte discrezionali di natura organizzativa estranea alla giurisdizione del giudice dei diritti, il quale dispone del solo potere di disapplicare incidentalmente l’atto impugnato, ai sensi dell’art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA