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Martedì 05 GIUGNO 2018
Nuovo governo di fronte ad un bivio: rilanciare o smantellare il Ssn? Ecco il “Piano terapeutico” proposto nel 3° Rapporto Gimbe

Definanziamento progressivo, troppe prestazioni nei nuovi Lea, sprechi e inefficienze ed espansione dell'intermediazione assicurativa rappresentano una miscela letale per la sanità pubblica. La Fondazione Gimbe, nel suo 3º Rapporto sulla sostenibilità del Ssn ha analizzato lo stato di salute della sanità pubblica, rivalutandone la "prognosi" al 2025 e proponendo un preciso "Piano terapeutico". Programma e azioni del nuovo esecutivo saranno determinanti. IL RAPPORTO

"Non esiste alcun disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ma continua a mancare un piano preciso di salvataggio. Nella consapevolezza che la sanità rappresenta sia un considerevole capitolo di spesa pubblica da ottimizzare, sia una leva di sviluppo economico da sostenere, il Rapporto valuta con una prospettiva di medio termine il tema della sostenibilità del Ssn, ripartendo dal suo obiettivo primario: promuovere, mantenere e recuperare la salute delle persone". Questa la premessa con cui oggi la Fondazione Gimbe ha presentato, presso la  la Sala Capitolare del Senato della Repubblica il suo 3° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. 
 
Il Rapporto si apre con i risultati di una revisione sistematica delle “classifiche” internazionali che valutano le performance dei sistemi sanitari. "Occorre fermare le strumentalizzazioni nel dibattito pubblico e nelle comunicazioni istituzionali – puntualizza il presidente Nino Cartabellotta – che decantano prestigiose posizioni del nostro Ssn in classifiche ormai obsolete (2° posto nella classifica Oms del 2000 con dati 1997), oppure che mettono in relazione l’aspettativa di vita con la spesa sanitaria pro-capite (3° posto nella classifica Bloomberg) per cui meno spendiamo più scaliamo la classifica, visto che la longevità dipende soprattutto da altre ragioni. Il sistema più completo e aggiornato per individuare le aree di miglioramento è quello dell’Ocse, che non stila tuttavia nessuna classifica: al fine di condividere le criticità e valutare le azioni necessarie per allinearsi a standard internazionali, il Rapporto ha analizzato 194 indicatori riportando per 151 di essi la posizione in classifica del nostro Ssn, il dato nazionale e la media Ocse".
 
Il Rapporto analizza poi la spesa sanitaria 2016 che, secondo le stime effettuate, ammonta a € 157,613 miliardi di cui: € 112,182 miliardi di spesa pubblica; € 45,431 miliardi di spesa privata di cui € 5,601 miliardi di spesa intermediata (€ 3,831 miliardi da fondi sanitari, € 0,593 miliardi da polizze individuali, € 1,177 miliardi da altri enti) e € 39,830 miliardi di spesa a carico delle famiglie (out-of-pocket). "Al di là di rivalutare cifre assolute e composizione percentuale della spesa sanitaria - spiega Cartabellotta - la vera sfida è identificare il ritorno in termini di salute delle risorse investite (value for money): le nostre stime preliminari dimostrano che il 19% della spesa pubblica, almeno il 40% di quella out-of-pocket ed il 50% di quella intermediata non producono alcun ritorno in termini di salute".
 
La terza sezione approfondisce le macro-determinanti della crisi di sostenibilità del Ssn.
 
Definanziamento pubblico. Nel periodo 2013-2018 a fronte di quasi € 7 miliardi di aumento nominale del finanziamento, ne sono “sopravvissuti” meno di € 6; nel periodo 2015-2018 l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha sottratto, rispetto ai livelli programmati, € 12,11 miliardi. "Con tale definanziamento progressivo – precisa Cartabellotta – l’Italia continua inesorabilmente a perdere terreno nel confronto con gli altri paesi, con una % di Pil e una spesa pro-capite inferiori alla media OCSE e che si avvicinano sempre di più ai paesi dell’Europa Orientale". Nessuna luce in fondo al tunnel visto che il Def 2018, a fronte di una prevista crescita annua del Pil nominale del 3% nel triennio 2018-2020, riduce il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 6,6% del 2018 al 6,4% del 2019, al 6,3% nel 2020 e 2021.

Sostenibilità ed esigibilità dei nuovi Lea. Il Rapporto analizza le criticità metodologiche per definire e aggiornare gli elenchi delle prestazioni e quelle che condizionano erogazione ed esigibilità dei nuovi Lea in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale: "Nell’impossibilità di aumentare il finanziamento pubblico – sottolinea il Presidente – è indispensabile rivalutare complessivamente tutte le prestazioni inserite nei Lea al fine di attuare un 'consistente sfoltimento' e mettere fine all’inaccettabile paradosso per cui in Italia convivono il 'paniere Lea' più ricco (sulla carta) ed un finanziamento pubblico tra i più bassi d’Europa".

Spechi e inefficienze. Vengono aggiornate le stime sull’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica 2017: € 21,59 miliardi erosi da sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate (€ 6,48 mld), frodi e abusi (€ 4,75 mld), acquisti a costi eccessivi (€ 2,16 mld), sottoutilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate (€ 3,24 mld), complessità amministrative (€ 2,37 mld), inadeguato coordinamento dell’assistenza (€ 2,59 mld). Rispetto alle stime 2016, si riconosce un recupero complessivo di oltre € 1,3 miliardi, grazie ai numerosi interventi messi in atto.

Espansione del secondo pilastro. "La proposta di affidarsi al 'secondo pilastro' per garantire la sostenibilità del Ssn – spiega Cartabellotta – si è progressivamente affermata per l’interazione di vari fattori: in particolare, nelle crepe di una normativa frammentata e incompleta che ha permesso alla sanità integrativa di diventare sostitutiva si è insinuata una raffinata strategia di marketing alimentata da catastrofici, ma inverosimili, risultati sulla rinuncia alle cure". Il Rapporto analizza in dettaglio il complesso ecosistema dei “terzi paganti” in sanità, le coperture offerte, l’impatto di fondi sanitari e polizze assicurative sulla spesa sanitaria e tutti i potenziali “effetti collaterali” del secondo pilastro: dai rischi per la sostenibilità a quelli di privatizzazione, dall’aumento delle diseguaglianze all’incremento della spesa sanitaria, dal sovra-utilizzo di prestazioni sanitarie alla frammentazione dei percorsi assistenziali.
 
Rispetto alla rivalutazione della “prognosi” del Ssn al 2025 secondo le stime del Rapporto Gombe il fabbisogno del SSN sarà di € 220 miliardi: un incremento stimato della spesa sanitaria totale nel periodo 2017-2025 di € 27 miliardi (€ 9 miliardi pubblica e € 18 miliardi privata) permetterebbe di raggiungere nel 2025 una cifra di poco superiore ai € 184 miliardi. A questi si aggiungerebbero circa € 15 miliardi dal recupero graduale di risorse dal disinvestimento da sprechi e inefficienze (per complessivi € 70 miliardi complessivi nel periodo 2017-2025).  "Nonostante la stima della spesa totale sia conservativa - precisa Cartabellotta - e il disinvestimento estremamente impegnativo, per raggiungere il fabbisogno stimato mancherebbero comunque ancora € 20,5 miliardi, una cifra che impone scelte politiche ben precise". In altri termini secondo il Presidente "visto che la soluzione non è sicuramente rappresentata dal 'secondo pilastro', senza un consistente rilancio del finanziamento pubblico sarà impossibile mantenere un servizio sanitario pubblico equo e universalistico".

Il Rapporto si chiude con il “piano di salvataggio” del Ssn elaborato dalla Fondazione Gimbe: "Visto che le azioni del prossimo Esecutivo saranno cruciali per il futuro del Ssn – conclude Cartabellotta – i 12 punti programmatici del 'piano di salvataggio' costituiranno il riferimento dell’Osservatorio Gimbe per monitorare il programma di Governo per la sanità perché il diritto alla tutela della salute degli italiani è oggi più che mai condizionato da scelte politiche. Se si intende realmente preservare la più grande conquista dei cittadini italiani, oltre ad aumentare il ritorno in termini di salute del denaro investito in sanità, è indispensabile invertire la rotta sul finanziamento pubblico. In alternativa, occorrerà governare adeguatamente la transizione ad un sistema misto, al fine di evitare una lenta involuzione del Ssn che finirebbe per creare una sanità a doppio binario, sgretolando i princìpi di universalismo ed equità che da 40 anni costituiscono il Dna del nostro Servizio sanitario nazionale".
 

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