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Mercoledì 06 GIUGNO 2018
Contratto sanità: Corte dei conti riconosce il rispetto della compatibilità economica, promuove gli aspetti normativi, ma boccia l’assenza di obiettivi “incentivanti e premiali”

La Corte dei Conti ha pubblicato il referto definitivo sull’Ipotesi di Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Sanità per il triennio 2016-2018. Dodici pagine che dopo aver elencato gli aspetti positivi dal punto di vista normativo del nuovo contratto, mettono – come accaduto finora per tutti i contratti sottoscritti – il dito nella “ferita” aperta del mancato riconoscimento della premialità. IL REFERTO DELLA CORTE DEI CONTI.

Quantificazioni economiche rispettate (da cui la certificazione positiva del contratto) e parte normativa con sufficienti novità per poter ridisegnare la contrattazione che verrà. Ma dal punto di vista della premialità il contratto del personale sanitario fa un buco nell’acqua.

La Corte dei Conti ha pubblicato il referto definitivo sull’”Ipotesi di Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Sanità per il triennio 2016-2018” (delibera del 5 giugno 2018 delle Sezioni riunite in sede di controllo n. 7/SSRRCO/CCN/18). Dodici pagine che dopo aver elencato gli aspetti positivi dal punto di vista normativo del nuovo contratto, mettono – come accaduto finora per tutti i contratti sottoscritti – il dito nella “ferita” aperta del mancato riconoscimento della premialità.

Bene il criterio di relazione sindacali basato sulla partecipazione e sulla contrattazione integrativa. “Nell’ambito della partecipazione, un ruolo centrale è stato attribuito al ‘Confronto’, inteso come dialogo approfondito, non formalizzato, sulle materie rimesse a tale livello di relazione, finalizzato a restituire alle organizzazioni sindacali un ruolo di partecipazione costruttiva sulle determinazioni che l’azienda o l’ente intenderà adottare”.

Buona anche la previsione di un Organismo paritetico per l’innovazione, “allo scopo di attivare stabili relazioni aperte e collaborative su progetti di organizzazione, innovazione e miglioramento dei servizi”, anche se “le competenze di tale organismo, in taluni casi, si sovrappongono a quelle già spettanti al Comitato unico di garanzia (CUG)”.

E “innovativo” è il “Confronto regionale” che dà la possibilità alle Regioni, nel rispetto dell’autonomia contrattuale delle aziende e degli enti, “di emanare linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa su alcune materie specifiche” he sono “da una parte, uno strumento necessario a garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, dall’altra, un presidio necessario per la verifica delle condizioni per il riconoscimento delle risorse aggiuntive regionali anche sotto il profilo della compatibilità e sostenibilità finanziaria dei diversi sistemi sanitari regionali”.
Per quanto riguarda il nuovo sistema degli incarichi, le basi per innovare il sistema di classificazione professionale, sarà successivamente attuato dopo la conclusione dei lavori da parte della Commissione paritetica prevista dall’art. 12.

L’elemento innovativo, rispetto al passato , è dato dalla previsione della tipologia generale degli incarichi funzionali legati allo svolgimento, per i ruoli sanitario, tecnico, amministrativo e professionale (categoria D), di funzioni che prevedono la diretta assunzione di elevate responsabilità aggiuntive e/o maggiormente complesse rispetto alle attribuzioni proprie della categoria e del profilo di appartenenza.

Nell’ambito poi degli incarichi funzionali sono distinti un incarico di organizzazione e un incarico professionale. Gli incarichi di organizzazione sono sovraordinati agli incarichi professionali. Entrambi sono attribuibili al personale del ruolo sanitario e dei profili di collaboratore professionale assistente sociale e assistente sociale senior e al personale dei ruoli amministrativo tecnico e professionale.

Gli incarichi di organizzazione e professionali sono previsti al posto dei precedenti incarichi di posizione organizzativa e di coordinamento”. Tutti gli incarichi possono essere rinnovati, per una durata massima di 10 anni, ma solo a seguito di valutazione positiva.

Sotto il profilo normativo è confermata l’abolizione delle “fasce di merito”, con previsione dell’attribuzione, ai dipendenti che ricevono valutazioni più elevate, di una maggiorazione del premio individuale, che non potrà essere inferiore al 30% del valore medio pro capite dei premi attribuiti al personale valutato positivamente.

Insomma, la parte normativa contiene novità anche di rilievo che potranno avere più in là risvolti positivi sull’organizzazione. Ma nonostante le questioni economiche siano rimaste nell’alveo delle disponibilità di legge, alla Corte alcune cose proprio non vanno.  

Il fatto che le risorse siano destinate solo alla rivalutazione della retribuzione tabellare ignorando i trattamenti accessori, non piace alla Corte dei conti che nel referto la definisce “una scelta che, ad avviso della Corte, al di là dei profili di compatibilità economica, non appare in linea con gli atti di indirizzo, in cui si sottolineava che le risorse contrattuali avrebbero dovuto essere distribuite secondo un criterio di proporzionalità tra le voci retributive”.

Non solo: “Il riconoscimento di un emolumento perequativo una tantum da corrispondere, per il solo periodo aprile-dicembre 2018, al personale già destinatario delle misure di cui all’art. 1, comma 12, della legge n. 190/20144 , collocato nei livelli più bassi, non sembra, poi, realizzare del tutto nell’ipotesi di contratto in esame la propria finalità. Il beneficio viene previsto, infatti, seppure in maniera regressiva, per tutte le fasce (A, B, C e D nonché alle alte specializzazioni), con ciò ampliando, di fatto, la platea dei destinatari sulla base del criterio reddituale”.

Quindi, restando in argomento di perequazione, la Corte sottolinea che il contratto chiuso “dopo un lungo periodo di blocco e la riforma del pubblico impiego” abbia mancato uno degli obiettivi strategici della riforma della Pubblica amministrazione, “declinato nell’accorpamento in soli quattro comparti di contrattazione di tutti i precedenti CCNL”.

E così, “a fronte di un’auspicata tendenziale omogeneizzazione dei trattamenti economici complessivi del personale delle pubbliche amministrazioni, nei fatti il riconoscimento di incrementi retributivi a regime nella misura del 3,48 per cento aumenta i differenziali retributivi preesistenti, non tanto fra i diversi quattro comparti, quanto nell’ambito dello stesso comparto”.

La Corte entra poi nel merito dei due fondi per il trattamento accessorio creati a sostituzione dei tre precedenti, di cui il primo il primo (Fondo condizioni di lavoro e incarichi) è legato alle scelte organizzative dell’ente, mentre il secondo (Fondo premialità e fasce) è dedicato a supportare le politiche della premialità.

Ma le risorse del contratto “per il trattamento accessorio vengono destinate tutte all’incremento del ‘Fondo condizioni di lavoro e incarichi’ a decorrere dal 31 dicembre 2018 e a valere dal 1° gennaio 2019. Si tratta di un importo annuo pari a 91 euro pro capite, che genera un onere nel 2019 pari a circa 68 milioni di euro”. Con buona pace quindi della premialità.

La previsione di un unico fondo per il finanziamento degli incarichi e per il finanziamento degli istituti correlati al lavoro straordinario e alle condizioni di disagio (in precedenza le posizioni organizzative gravavano sul “Fondo fasce retributive”), secondo la Corte se non sarà sottoposta in fase attuativa a un adeguato controllo, “potrebbe determinare oneri finanziari aggiuntivi correlati alla necessità di dovere comunque garantire i Lea”.

La Corte quindi consiglia “di stabilire, anche mediante l’istituto del ‘Confronto regionale’, linee di indirizzo generali, nel rispetto dell’autonomia contrattuale delle aziende, per il corretto impiego del fondo in coerenza con la garanzia dei Lea, e nel rispetto delle compatibilità finanziarie della presente ipotesi di contratto”.

E infine la Corte sottolinea con forza che il parametro per certificare la compatibilità economica di incrementi contrattuali, specie se superiori all’andamento dell’inflazione, “non può prescindere da una valutazione degli effetti della contrattazione, in termini di recupero della produttività del settore pubblico. Sotto tale profilo, l’ipotesi di contratto in esame, al pari dei contratti relativi agli altri comparti, non appare in linea con l’obiettivo, affidato dalla legge delega n. 15 del 2009 alla contrattazione collettiva, di procedere a una sostanziale ridefinizione delle componenti variabili della retribuzione, da destinare prevalentemente a finalità realmente incentivanti e premiali”.

Quindi, “la scelta di destinare la quasi totalità delle risorse destinate alla tornata contrattuale 2016-2018 alla rivalutazione dello stipendio e delle altre componenti della retribuzione aventi carattere fisso e continuativo appare, come già detto, tra l’altro, in contrasto con gli obiettivi di efficienza ed efficacia indicati negli atti di indirizzo”.

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